La Cgil si schiera per il No al referendum costituzionale

08/09/2016 di Redazione

La Cgil prende ufficialmente posizione per il referendum costituzionale 2016 invitando i suoi iscritti a votare no. Lo fa con un ordine del giorno votato in assemblea:

Per la nostra organizzazione, infatti, l’auspicabile obiettivo di superare il bicameralismo perfetto, che anche la CGIL richiede da tempo, istituendo una seconda camera rappresentativa delle Regioni e delle Autonomie locali, e di correggere le criticità della riforma del 2001, si è tradotto in un’eccessiva centralizzazione dei poteri allo Stato e al Governo. Il nuovo Senato, per composizione e funzioni, avrà difficoltà a svolgere l’auspicato e necessario ruolo di luogo istituzionale di coordinamento fra Regioni e Stato, essenziale a conciliare le esigenze di decentramento con quelle unitarie. Al Senato, infatti, non è attribuita congrua facoltà legislativa in tutte le materie che hanno ricadute sulle istituzioni territoriali e la sua stessa composizione non garantisce l’adeguata rappresentanza e rappresentatività di Regioni e autonomie. Pur condividendo l’intenzione di cambiare l’equilibrio dei poteri tra Regioni e Stato, definito dalla modifica costituzionale del titolo V nel 2001, l’esito finale è sbagliato: si passa da un eccesso di materie concorrenti ad una riduzione drastica della facoltà legislativa autonoma delle Regioni. La previsione, inoltre, che sia lo Stato a dettare le “disposizioni generali e comuni” su molte materie cruciali, potrebbe tradursi in una omologazione normativa, non necessariamente in positivo, che non lascia spazio a processi di innovazione e sperimentazione che possono scaturire da un sistema plurale e che meglio possono rispondere alle esigenze del singolo territorio. La possibilità, poi, per il Governo di attivare una corsia preferenziale, per i provvedimenti ritenuti essenziali per l’attuazione del programma, in assenza di limiti quantitativi e qualitativi (salvo l’esclusione di alcune materie), attribuisce al Governo un eccesso di potere in materia legislativa compensato solo parzialmente dall’introduzione di limitazioni alla decretazione d’urgenza e dalla previsione della determinazione di “diritti per le minoranze” e di uno “statuto delle opposizioni”, la cui definizione, però, è rinviata, senza alcuna certezza, al Regolamento della Camera stessa.

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Altri punti critici:

I nuovi criteri, infine, per l’elezione degli organi di garanzia – Presidente della Repubblica, Giudici della Corte costituzionale di nomina parlamentare, componenti laici del CSM – rischiano di essere subordinati alla legge elettorale, facendo così venir meno la certezza del bilanciamento dei poteri di cui la Costituzione deve essere garante, con la possibilità di determinare un restringimento del pluralismo e della rappresentanza delle minoranze. La CGIL, dunque, valuta la modifica costituzionale da una parte un’occasione persa per introdurre quei necessari cambiamenti atti a semplificare, rafforzandole, le istituzioni. E, dall’altra, giudica negativamente quanto disposto da tale modifica perché introduce, senza migliorare la governabilità né il processo democratico, un rischio evidente di concentrazione dei poteri e delle decisioni: dal Parlamento al Governo, dalle Regioni allo Stato centrale.

(in copertina ANSA/CGIL)

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