Rio 2016: il Cio esplelle dalle olimpiadi il judoka egiziano che non strinse la mano all’avversario israeliano

16/08/2016 di Boris Sollazzo

Come sempre il potere politico sportivo arriva con grottesco ritardo. E a eliminazione avvenuta, a fatto accaduto e ormai sepolto sotto altre emozioni olimpiche negative e positive, arriva la pronuncia del Cio su Islam El Shehaby-

Chi è costui? Semplice, se fate uno sforzo di memoria ricorderete sicuramente il tatami olimpico e due colossi. Or Sasson, israeliano, e quest’ultimo. Arriva l’ippon del primo, il secondo, sconfitto, rifiuta di stringere la mano al vincitore e anche l’inchino è fugace.

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L’unico a indignarsi è il pubblico, che prima fischia e poi si produce in “boo”. Il Cio arriva con giorni di ritardo e dopo una lunga riunione con il comitato olimpico egiziano comunica l’espulsione dell’atleta egiziano (formalmente tramite la sua stessa federazione: l’hanno fatto espellere, insomma: un po’ come un arbitro che non tira fuori il cartellino rosso ma costringe il suo allenatore a tirarlo fuori dal campo).

Fatto sta che prima la commissione disciplinare ha espresso “una grave censura per comprtamento inappropriato” nei confronti del judoka, poi il comitato olimpico “ha fatto tornare a casa” l’atleta, in base al “comportamento contrario alle regole del fair play e contrario allo spirito di amicizia insito nei valori olimpici”.

E soprattutto insito in uno sport come il judo, basato sull’onore e la tradizione, entrambe tradite da ciò che ha fatto l’egiziano. Che, in seguito all’approfondimento su ciò che ha fatto della commissione, si è scoperto essere in una situazione di forte pressione psicologica.
Da più parti, infatti, e soprattutto dai social erano arrivati inviti piuttosto energici (per usare un eufemismo) a rifiutare l’incontro con Sasson.

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Decisiva per la commissione disciplinare, istituita dal Cio perché “lo spirito olimpico deve essere quello di costruire punti e non alzare muri” (e questo sì, appare un po’ ironico), è stata, oltre all’esame del video dell’incontro, anche una dichiarazione alla testa “L’Esprit du Judo”. Lì, Islam, offre le reali motivazioni del suo gesto, fingendo di ignorare il trattato di pace che vige da quasi 40 anni tra il suo paese, l’Egitto, e Israele.

Non ho alcun problema con gli ebrei o con persone di altra religione o di altri credo. Ma per ragioni personali non mi si può chiedere di stringere la mano a chiunque venga da questo Stato, soprattutto di fronte al mondo intero

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