Rio 2016, Judo: un egiziano si rifiuta di stringere la mano al judoka israeliano che lo ha appena battuto. Fischi del pubblico – VIDEO

12/08/2016 di Boris Sollazzo

RIO 2016, JUDO: EGIZIANO NON STRINGE LA MANO A UN ISRAELIANO –

Sembrava una bella storia di sport. Un bel combattimento, due ottimi atleti, estremamente leali e puliti nei movimenti. Agguerriti, quasi a dirci che loro, la loro battaglia, la svolgevano solo sul tatami. A un certo punto, in un match molto equilibrato, uno dei due fa un ippon all’altro, l’equivalente (ci perdonino i puristi dello judo) del k.o. nel pugilato. Islam El Shehaby e Or Sasson, questi i due nomi dei contendenti, nella categoria dei 100 kg, due colossi forti ed eleganti, siamo ai turni iniziali, i trentaduesimi di finale.

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Poi, la realtà torna nelle Olimpiadi. Ricordate ciò che avete studiato a scuola? Che i Giochi interrompevano guerre e controversie, che dovevano essere periodi di pace, di tolleranza, di interscambio culturale e sportivo? Se avete fatto il liceo classico, le avete studiate a lungo. In ogni caso a molti di noi ce lo ha ricordato, 120 anni fa, De Coubertin.

Un rito, una regola, nulla di più. Neanche allora le Olimpiadi interrompevano le guerre e portavano la pace, sospendevano solo il conflitto. Perché lo sport, i suoi valori, erano più importanti. Il ragazzo israeliano ha solo obbedito a una consuetudine non scritta dello judo: la stretta di mano finale e l’inchino. L’egiziano – ricordiamo peraltro che tra i due paesi c’è un trattato di pace e nessuna ostilità in corso – ha disobbedito a se stesso, alla sua identità di judoka. Ha rifiutato la mano dell’avversario che lo aveva appena battuto, se n’è andato senza inchinarsi. Prima indietreggiando di fronte alla mano tesa, poi voltando le spalle all’altro judoka, che ha simulato la voglia di dargli uno schiaffo, per la mancanza di rispetto.

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La federazione egiziana dovrebbe sanzionarlo e anche quell’alacre e impietoso Cio, quando vuole. Ma la verità è che proprio in quelle Olimpiadi che dovettero subire la tragedia dell’attacco del Settembre Nero a Monaco 1972 con la morte di un gruppo di atleti israeliani, si deve assistere impotenti – e tendenzialmente nel silenzio dei media – a episodi antisemiti. Qui a Rio de Janeiro non è il primo se è vero che a poche ore dalla cerimonia inaugurale, vari atleti libanesi hanno rifiutato di salire sullo stesso bus degli atleti israeliani.

La migliore risposta, oggi, però l’ha data il pubblico. In cui c’erano persone da tutto il mondo e di ogni confessione. Fischi assordanti e boo, a coprire di vergogna chi ha sporcato quello che doveva essere solo sport.

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