In barella per un Tso, con le manette, a testa in giù: un anno fa moriva Andrea Soldi

In ospedale per un Tso probabilmente non necessario, strangolato dopo essere stato ammanettato con troppa forza da tre vigili urbani. Moriva così, un anno fa, Andrea Soldi, 45enne di Torino che soffriva di schizofrenia paranoide ma che non era considerato da chi lo conosceva aggressivo, violento o pericoloso. Quando, il 5 agosto 2015, lo videro arrivare al pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria, i medici lo trovarono in arresto respiratorio, adagiato sulla barella a pancia in giù, con i polsi legati dietro la schiena. Poco prima era stato prelevato per un trattamento sanitario obbligatorio da piazza Umbria, dalla panchina dove lui, un omone di 120 chili di peso, trascorreva buona parte delle sue giornate. Ogni tentativo di tenerlo in vita fu inutile.

 

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ANDREA SOLDI, PRELEVATO CON LA FORZA E AMMANETTATO PER UN TSO

Stando a quanto emerso dalle indagini della procura, che hanno tenuto conto delle relazioni di servizio e testimonianze, Andrea fu tirato fuori dall’ambulanza già in condizioni disperate e per oltre un minuto nessuno tentò di rianimarlo perché nessuno provava a liberarlo dalla presa delle manette. Gli agenti della polizia municipale, secondo i pm, erano intervenuti a sostegno dei medici in maniera troppo energica, immobilizzando Andrea in una posizione che comprimeva le sue vie respiratorie. Ma i vigili non si sarebbero nemmeno resi conto della gravità delle condizioni del paziente, rallentando o addirittura ostacolando i soccorsi. Avrebbero, insomma, assunto un «atteggiamento di sufficienza». Gli appelli del personale del pronto soccorso agli agenti di liberare i polsi di Andrea restavano inascoltati: i vigili sarebbero rimasti a guardare fino ad un terzo richiamo, quando le voci si alzarono e un medico reagì in malo modo. E quando le manette furono finalmente, era già troppo tardi per salvare il paziente.

 

andrea soldi
(Foto: ANSA / ALESSANDRO DI MARCO)

 

ANDREA SOLDI, SULLA BARELLA A TESTA IN GIÚ

Gli abitanti della zona di piazza Umbria conoscevano bene Andrea, e hanno raccontato di non aver mai avuto problemi con lui. Lo conoscevano anche per gli ululati che divertivano alcuni bambini. E quando per un po’ non sentiva quel verso del lupo, qualcuno si chiedeva dove fosse finito quel gigante buono. Quella mattina del 5 agosto 2015 Andrea aveva appena comprato una bottiglietta d’acqua e sedeva sulla sua panchina preferita, prima di essere prelevato in maniera che anche il barelliere, nella conversazione con un’operatrice del 118 definirà «troppo invasiva». «Abbiamo aspettato il secondo psichiatra – dirà l’uomo al telefono -. Ha firmato e la polizia ha effettuato il Tso che secondo me è stato però un po’ invasivo, nel senso che l’han preso al collo e l’hanno fatto un po’ soffocare. Poi lo psichiatra e l’infermiere mi han detto di caricarlo e siccome aveva le manette a pancia in giù, io questo l’ho scritto sulla scheda perché io non volevo farlo. Mi hanno ordinato proprio di metterlo a pancia in giù e di portarlo così». È proprio lì che parte la catena di errori che porta al decesso. Per la procura quel Tso non era necessario e nemmeno urgente, e fu ordinato senza rispettare le normative vigenti in materia. L’autopsia intanto ha parlato di «stangolamento atipico», «violenta asfissia da compressione». Come raccontato anche dai testimoni, dopo la violenta presa in piazza Umbria, Andrea perse conoscenza e si accasciò al suolo. La posizione a pancia in giù sulla barella, poi, non favorì né la repirazione né la rianimazione, e nemmeno a mettere una maschera dell’ossigeno.

Lo psichiatra che ordinò il trattamento sanitario obbligatorio si trova ora a rispondere di omicidio colposo (il processo dovrebbe cominciare il 14 ottobre), che è la stessa accusa rivolta anche ai tre vigili che immobilizzarono il paziente. Gli agenti sono tutti ritenuti responsabili perché, ha spiegato l’accusa, mentre uno ammanettava, gli altri dovevano necessariamente aiutarlo. Il modo peggiore per aiutare Andrea ad assumere quelle medicine che da troppo tempo si rifiutava di prendere.

(Foto: ANSA / ALESSANDRO DI MARCO)

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