Stefano Parisi incassa l’investitura di Berlusconi. E lancia la Leopolda del centrodestra

26/07/2016 di Alberto Sofia

Resterà delusa la nomenklatura ribelle di Forza Italia, in fibrillazione per un’investitura indigesta. Gli umori del partito, Silvio Berlusconi, li aveva sondati nel vertice di venerdì ad Arcore. Ora ha deciso, al di là delle prime reazioni rabbiose dei colonnelli che scalpitavano puntando alla successione nei giorni dell’operazione al cuore dello stesso Cav. Sarà Stefano Parisi a rilanciare il partito azzurro e andare oltre FI. L’uomo della rifondazione, il traghettatore al quale il presidente forzista affiderà le redini di quel che resta della sua creatura politica. Gestirà il lancio del nuovo cantiere dei moderati, l’ex ad di Fastweb. Con una data già segnata in agenda: la convention del 16-17 settembre a Milano per rilanciare i liberal-popolari. E il centrodestra secondo quel “modello Milano” battuto soltanto di misura alle ultime Comunali di Milano. Uno schiaffo al lepenismo della Lega salviniana.

L’INVESTITURA DEL CAV A STEFANO PARISI. LA RETE DELL’EX AD FASTWEB

I cancelli di Villa San Martino, il manager li ha varcati lunedì quando ormai era l’ora del tramonto. Per ottenere dal Cav quella legittimazione che attendeva, dopo l‘intervista discussa rilasciata alla Stampa nella quale, seppur con parole misurate, si era offerto come ponte per ricostruire un’area litigiosa e frammentata, implosa alle ultime Amministrative. «Silvio Berlusconi ha incaricato Stefano Parisi di effettuare una analisi approfondita della situazione politica e organizzativa di Forza Italia e di elaborare un progetto per il rilancio e il rinnovamento della presenza dei moderati italiani nella politica», è quanto si legge poi nella nota ufficiale di Forza Italia. Tradotto, Parisi non avrà l’incarico di coordinatore del partito, ma sarà una sorte di consulente con l’incarico di resettare il Forza Italia. Magari cambiargli anche nome. E preparare il rilancio. Non è un caso che per la famiglia del Cav Parisi sia quasi “l‘uomo della provvidenzada contrapporre alle anime riottose di Forza Italia. E a quegli avversari che puntavano (invano) ad archiviare la leadership berlusconiana.

Ma Parisi ha anche il sostegno del partito-azienda, da Gianni Letta a Niccolò Ghedini, passando per Fedele Confalonieri. Cominciando ad allargare, poco alla volta, anche la rete che sostiene la sua scalata nel partito. Antonio Tajani, Gianfranco Micciché, Francesco Giro sono stati tra i primi sostenitori del nuovo corso parisiano, altri big come Carfagna o Gelmini non sembrano aver intenzione di fare le barricate, per opporsi alla sua asceda. E poi c’è chi, come il capogruppo oltranzista Renato Brunetta, ha già incassato quanto rivendicava come priorità: il “no” al referendum costituzionale, annunciato da Parisi e sul quale è posizionato (al di là delle resistente nazarene) anche il partito. Come lo stesso Cav, che immagina un suo ruolo da protagonista, dietro le quinte, nel caso di sconfitta di Renzi, con la possibile creazione di un governo di larghe intese.

PARISI E LA NOMENKLATURA RIBELLE DI FI

Ma se i supporter di Stefano Parisi aumentano, l’incarico a lui affidato di formattare Forza Italia resta osteggiato al contrario da quel partito azzurro del Nord e dall’asse tra Giovanni Toti, Paolo Romani e Altero Matteoli. «Non abbiamo bisogno che arrivi qualcuno a dirci come si fa politica», si erano lamentati. Ma il Cav aveva insistito: «Il partito così com’è non va». E adesso per Berlusconi non c’è ormai altra scelta che ripartire da Parisi, unico volto considerato “spendibile” dal leader azzurro. Fuori dalle beghe di partito e in linea con quel profilo di “uomo del fare“, che resta un mantra del presidente azzurro. Dovrà farsene una ragione chi, come Toti, resta scettico e prepara la resistenza interna: «Il progetto di Parisi? Non lo conosco, spero aiuti il centrodestra a tornare a vincere. Ma non me ne ha mai parlato, prima o poi ce lo spiegherà», ha replicato sarcastico.

Di fatto, Parisi non avrà incarichi formali dentro l’organigramma FI, se non quello di consulente politico. Anche perché non è un mistero che l’ex candidato per la guida di Milano, sconfitto di misura ma riuscito a tenere insieme una coalizione larga da Ncd al Carrroccio, preferisse un percorso diverso da quello inizialmente immaginato per lui da Berlusconi. Il motivo? Restare fuori dalle dialettiche interne e dalle fibrillazioni di Forza Italia, evitare il rischio di venire affossato. E far sì che fosse il vecchio leader a farla confluire nel polo dei liberal – popolari che Parisi intende lanciare a settembre. Una sorta di Leopolda del centrodestra. Una kermesse che l’ex candidato milanese ha convocato per «discutere di idee e per mettere a fuoco la nostra proposta» di rilancio di un’area rimasta senza padroni. E più che divisa.

LA LEOPOLDA DEL CENTRODESTRA E IL NODO ALLEANZE

Andare oltre Forza Italia resterà comunque il vero incarico affidato a Parisi da Berlusconi. Un leader, l’ex premier, che lo stesso Parisi ha già immaginato come “fondatore” del nuovo soggetto politico, non semplice “padre nobile”. Parole apprezzate da Berlusconi, che resterà così centrale nel lancio del nuovo cantiere dei moderati. E la Lega Nord? Se Matteo Salvini resta scettico e continua a lavora in autonomia, per la prima volta – dopo le Amministrative flop – i non allineati al nuovo corso del Carroccio cominciano a far emergere i loro distinguo. Con lo stesso Roberto Maroni che spinge ancora per tenere vivo l’asse Fi-Lega-Fdi-Ncd con il quale governa la regione Lombardia, al di là delle picconate di Salvini: «Chi vuole riunire il centrodestra seguendo il modello Milano, che io chiamo modello Lombardia perché qui funziona, è il benvenuto». Antipasto di uno scontro interno alla Lega che rischia di trascinarsi fino alle prossime elezioni. E sul quale punta Parisi per provare a tenere aperta la strada dell’unità.

Con il Nuovo centrodestra, invece, i contatti proseguono. Con Maurizio Lupi l’accordo c’è già, per Alfano e il suo partito – ancora nel limbo tra renzismo e ritorno nell’alveo del centrodestra – è molto più che un interlocutore. Resta la differenza sulla posizione al referendum, con gli alfaniani schierati sul sì. Tradotto, sarà dopo il voto sulle riforme, risultati alla mano, che l’alchimia degli schieramenti sarà più chiara. Parisi giocherà d’anticipo. A lui il Cav ha affidato la ricostruzione. Ribelli permettendo.

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