Roma, Meloni chiude la campagna e ignora il Cav | VIDEO

02/06/2016 di Alberto Sofia

Lo strappo da Silvio Berlusconi è ormai archiviato. Dal palco di Tor Bella Monaca, nella periferia romana scelta per chiudere la campagna elettorale, Giorgia Meloni nemmeno lo nomina il Cav. Dimenticato, ignorato, a tre giorni da quelle Amministrative della Capitale dove si consumerà il derby interno in casa centrodestra.

DA NON PERDERE: Elezioni Amministrative 2016: quando e come si vota per il sindaco a Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna e Cagliari

MELONI IGNORA IL CAV. E ATTACCA RAGGI: «IO NON RICEVO ORDINI DA NESSUNO»

Certo, l’ex ministra sa bene che basta un voto in più rispetto ad Alfio Marchini, l’imprenditore sostenuto dal presidente azzurro, per pensionare il Cav e il vecchio centrodestra a trazione berlusconiana. Ma l’unico sfogo che si concede è di fronte ai cronisti: «Non ho bisogno di lui», taglia corto. Mettendo la parola fine pure ai vagheggiamenti dell’ex premier, che sbandiera la possibilità di recuperare l’alleanza dopo le urne. O magari già al ballottaggio, dichiarandosi pronto a sostenerla: «Dice che abbiamo un programma comune? Non so con chi ne ha discusso. Non mi interessano apparentamenti. Se arriverò al secondo turno saranno i cittadini, non i partiti, a sostenermi». Tradotto, per il Cav non c’è più spazio. Ormai il nuovo asse è quello lepenista all’italiana, con la Lega e Salvini, il leader del Carroccio che però sul palco non c’è. «Tutto concordato, era presente all’apertura, nessun problema», si difende lei. Ma nel partito c’è chi l’ha avvertita: «La Lega vuole sfruttarci, di Roma non gli interessa nulla…». Ma non è questa la priorità, almeno per ora. Per le alchimie politiche e le gerarchie interne ci sarà tempo. Ora serve arrivare al ballottaggio, serve staccare Roberto Giachetti e sfidare Virginia Raggi, grande favorita per le Comunali romane.

Non è un caso che le stoccate più pesanti Meloni le riservi proprio alla candidata grillina: «Io sono l’unica a essere indipendente. Non ho alcun auricolare e non c’è nessuno che mi suggerisce nulla», attacca. Provocando la pentastellata e accusandola di essere eterodiretta da Milano da Grillo e dalla Casaleggio Associati. Di proposte per Roma, però, zero traccia. Meloni punta sulla propaganda e sui soliti mantra: sicurezza, immigrazione, accuse al governo Renzi. Non senza fomentare le solite paure sui migranti.

E non manca la simbologia retorica: di fronte al palco viene allestita una statua della Lupa capitolina, icona della fondazione di Roma. Vicino, ce n’è una dell’imperatore Augusto. Immancabile, poi, l’inno d’Italia cantato al termine del comizio, nel giorno della Festa della Repubblica. Intorno, da un palazzo delle case popolari viene pure calato un mega striscione tricolore. Recita «Meloni sindaco». I sondaggi interni, però, dicono che è dura. Serve recuperare terreno per agguantare il secondo turno:  «Regalatemi altri quindici giorni di campagna elettorale», è il suo ultimo appello dal palco. Quello è il sogno. L’obiettivo minimo resta cancellare il Cav, al di là delle parole.

Share this article