Dov’è Mario?

18/05/2016 di Maddalena Balacco

Dov’è Mario? Il ritorno di Corrado Guzzanti in tv era più atteso degli Europei, e decisamente non deluderà. Si chiama Dov’è Mario ed è l’ultima fatica del professionista più atteso, il più amato, il più citato, quello che non divide. Ma che si è diviso per raccontare la storia di Mario Bambea, intellettuale snob dall’aria radical chic, reduce dei girotondi, tipico esemplare di quella fauna che ormai sembra vivere più a suo agio nel salotto televisivo che in quello di casa propria.

DOV’È MARIO, TRAMA

La trama di Dov’è Mario è semplice ma non troppo: l’intellettuale Mario Bambea ha un brutto incidente d’auto che tira fuori dal suo cervello una bestia da sempre celata, forse rinchiusa. Si tratta del truce Bizio, che in breve tempo conquista la ribalta dei palchi trash della comicità a botte di “fregna” e “cazzo” (manca solo “bucio de culo”). Da questa dicotomia prenderanno il via le avventure di Dov’è Mario, quattro puntate in onda su Sky Atlantic dal 25 maggio, il film de paura che finalmente Rokko Smitherson è riuscito a creare.  Perché Dov’è Mario non è un programma comico, non solo. Non è una serie tv horror, non solo. Insomma, quasi si fa prima a dire ciò che non è, come sempre accade per la sperimentazione, quella che troppo spesso non ci concediamo un po’ perché fa paura, un po’ perché non ce la si può permettere. Se la può permettere invece un Corrado Guzzanti in grande forma, proteso verso un futuro professionale che forse non conosce, ma non lo angoscia anzi lo incuriosisce. È soprattutto questo che emerge dalla conferenza stampa di presentazione di Dov’è Mario, dove Guzzanti ha raccontato ciò che questa serie non è, divertendosi a lasciar “uscire” qualcuno dei suoi personaggi, e rispondendo con onestà alle domande di chi non vedeva l’ora di poter parlare ancora di lui.

DOV’È MARIO, RECENSIONE

Dicevamo, si fa prima a dire cosa non è Dov’è Mario. Non è un attacco ai radical chic. Non è un attacco agli spettacoli trash che piacciono alla gente. Non è un attacco. Non è un pamphlet, e chi vi si approcci pensandolo si perderà almeno metà di quello che vuol dire, non dicendo. Io sono cresciuta nell’adorazione di Corrado Guzzanti. Forse sbagliando – forse trandendolo – ho sempre voluto “mettergli in bocca” un pensiero che era invece il mio nel guardarlo. Ma andando avanti, in quei pomeriggi in cui non sai cosa fare e finisci a riguardare in loop tutti i video da avanzi a L’Ottavo Nano, capisci che in fondo il suo compito non è e non vuole essere far capire, ma raccontare. E Dov’è Mario, a parte tutto quel che non è e che è, è un racconto. Un racconto dell’Italia di oggi, certo esagerata ma non troppo, il racconto di due maschere, il racconto di una storia. Una storia divertente, sicuramente diverso da ciò che si aspetta il fan classico di Corrado Guzzanti ma non da ciò che sapeva di trovare chi invece continua a seguirlo, e sa che oggi la sua primaria missione è sperimentare. Appunto. Dov’è Mario è una sperimentazione che spiazza in quanto tale, che fa ridere e pensare. E la cui essenza è in quelle risate soffocate nel pubblico alle battute truci di Bizio, quasi a vergognarsi di ridere pensando che Bizio sia il male assoluto. Perché fino a oggi tutti avremmo voluto essere Bambea, e il fatto di scoprirci un po’ Bizio forse ci spaventa. Ma chissà, può darsi che i Bambea siano solo dei Bizio ripuliti. Che i Bizio siano solo dei Bambea mancati.

(e io ho appena fatto il Bambea della situazione)

(Bucio de culo!)

(risolto)

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