Il senso dei vip per l’evasione fiscale

Tiziano Ferro, solo l’ultimo dei tanti casi, dopo Valentino Rossi, Dolce & Gabbana e Pavarotti

“La differenza fra me e te”, canta Tiziano Ferro: speriamo che alla fine del procedimento giudiziario di accertamento non salti fuori qualcuno pronto a dire che la famosa differenza riguarda le tasse pagate e quelle evase. Il cantautore di Latina è l’ultimo Vip in ordine di tempo ad essere finito sotto la tagliola delle inchieste di accertamento per evasione fiscale, con il fisco che gli contesta tre milioni di euro, da versare al fisco e che invece Tiziano si sarebbe tenuto.

RESIDENT OR DOMICILIATED? – Il meccanismo è quello, praticamente abusato, dei “resident but not domiciled” – residenti ma non domiciliati – a Londra, dove Tiziano Ferro vive dal 2005, dopo aver doppiato uno dei personaggi di Shark Tale. Per “antica tradizione”, scrive Wikipedia, il soggetto formalmente residente ma che solo occasionalmente produce reddito in Gran Bretagna viene tassato solo per l’ammontare effettivamente prodotto nel territorio di Sua Maestà Britannica; un assetto che – sebbene recentemente rivisto in via restrittiva – rende l’Inghilterra, secondo alcuni, un vero e proprio “paradiso fiscale” – parole, ancora una volta, di Wikipedia. Come impone la normativa sulla residenza, però, per rendere effettivo il trasferimento formale è necessario che il soggetto trascorra una quantità rilevante di tempo nello stato “destinatario” del suo cambio di residenza – vige, infatti, la “regola dei 183 giorni”, che lascia più di un margine di interpretazione -, e Tiziano Ferro avrebbe mancato a quest’obbligo, realizzando, dunque, un disegno fraudolento. “L’ipotesi è che il cantante”, scrive la Repubblica, “pur avendo trasferito la sua residenza all’estero, non abbia trascorso fuori Italia il tempo necessario a rendere il trasferimento effettivo e che debba quindi versare allo stato italiano le tasse non pagate”; ancora: “I fatti sotto esame si riferiscono all’epoca in cui il cantante pontino si stava trasferendo a Londra fra il 2006 ed il 2008”. Insomma, mentre Tiziano si trasferiva a Londra, in Inghilterra fisicamente sarebbe rimasto molto poco, tanto da vanificare questo trasferimento oltremanica e mantenere aperti i suoi conti con il fisco.

DOCTOR ROSSI – Tiziano, in questo suo inciampo – per il quale, comunque, ha già presentato ricorso contro l’accertamento fiscale – arriva secondo dopo un illustre precedente, Valentino Rossi che, come il cantante pontino, era rimasto impigliato nella presunta frode fiscale – poi patteggiata con il fisco – in terra d’Albione.

Come per Tiziano, ai tempi del governo Prodi, Valentino Rossi aveva ricevuto una cartella esattoriale da Pescara che gli contestava alcuni importi non versati. Ancora una volta, “resident but not domiciled”. “La vicenda sarebbe legata alla decisione di Valentino Rossi di trasferire la propria residenza in Gran Bretagna il 15 marzo del 2000”, scriveva Repubblica. “Secondo quanto accertato dal Fisco, Rossi in questi anni ha presentato le dichiarazioni tributarie in Inghilterra, ma per cifre modiche, attestando di essere residente ma non domiciliato. Ha così usufruito di uno speciale regime che permette al contribuente di dichiarare solo i redditi prodotti in Inghilterra. Non avrebbe invece dichiarato nulla per le sue attività sportive e le sponsorizzazioni. L’Agenzia delle entrate avrebbe però ’scovatò la nascita di società estere cui sarebbero stati intestati i vari contratti di sponsorizzazione del campione. Valentino Rossi rischia ora una multa di 240 milioni di euro”. Il viceministro dell’Economia, quel Vincenzo Visco campione della lotta all’evasione fiscale e ritratto come un vampiro dal centrodestra, aveva anche paventato di sollevare un caso a livello europeo: “In base alle leggi britanniche una più o meno fittizia residenza a Londra permette di non versare tasse nel proprio Paese. Ho chiesto agli uffici di verificare la rispondenza di queste norme allo spirito della Ue e di verificare se ci sono gli estremi per un eventuale ricorso a Strasburgo perché queste norme sembrano andare al di là della normale competizione tra Stati”. Come abbiamo visto, Valentino partì con un combattivo videomessaggio per poi patteggiare con il fisco la restituzione degli importi dovuti. Nel 2008 si chiude la querelle apertasi un anno prima, mediante la favorevole procedura con adesione: “The doctor” si disse pronto a pagare “circa 35 milioni di euro circa per gli anni 2001-2006, di cui 19 milioni per gli anni 2001-2004 ai quali si aggiungeranno le somme relative al biennio 2005-2006. «The doctor» inoltre riporterà in Italia la sua residenza, così gia per l’anno fiscale 2007 presenterà la dichiarazione dei redditi in Italia”; le sanzioni, calcolate addirittura sotto l’importo minimo, finirono per essere 4,8 milioni di euro.

PAA – GHEEE- ROOOO’! – Un altro celebre evasore – ma è un caso più risalente – fu Luciano Pavarotti, che aveva tempo addietro trasferito la sua residenza a Monaco e si definiva “fiero cittadino monegasco”. Tuttavia, il fisco, per mano dell’allora ministro Ottaviano del Turco, anche in quel caso raggiunse un accordo col tenore, che pagò 25 miliardi di lire dicendosi nel contempo piuttosto deluso dalla questione. “Soddisfatto? Si e’ no. Si’, perche’ finisce una vicenda giudiziaria che mi ha molto amareggiato. No, perche’ devo aprire i cordoni della borsa per dei miliardi. Credo che da tutte e due le parti ci sia stata buona volonta’. Evidentemente ci si e’ convinti della mia buona fede. Io le tasse le ho sempre pagate, nel posto in cui cantavo, in Italia e all’estero”. Il maestro aveva scelto di scendere a Canossa e pagare, racconta Repubblica, anche perché le questioni fiscali avevano iniziato a gettare un’ombra piuttosto negativa sulle sue pubbliche relazioni: “Negli ultimi tre anni le tasse non pagate in Italia hanno pesato come macigni sull’ immagine del maestro, che ha visto sfumare alcuni contratti pubblicitari miliardari soltanto per i suoi cattivi rapporti con il Fisco”. Insomma, era meglio chiuderla così ed evitare ulteriori conseguenze che, però, non mancarono in ogni caso, visto che contro Pavarotti fu comunque intentato procedimento penale, conclusosi tempo dopo “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”: come dire, autore nei fatti ma non più punibile dal punto di vista giuridico. “Il pm Manfredi Luongo aveva chiesto una condanna a 18 mesi per evasione fiscale di 3540 miliardi dall’ 89 al ’95”, scriveva Repubblica, ma la cosa, come abbiamo detto, finì lì.

D&G, PAY- Ancora non è finita, invece, l’odissea fiscale di Dolce & Gabbana, che attende di passare per il terzo grado di giudizio dopo che la Corte di Cassazione ha annullato il proscioglimento decretato dal Giudice per l’Udienza Preliminare di Milano; la questione gira intorno alla “presunta esterovestizione della capogruppo” della holding che tiene le sorti della D&G. “Il pubblico ministero Laura Pedio” scriveva Repubblica “contesta alla Dolce & Gabbana di aver trasferito nel 2004 la sede in Lussemburgo, cedendo il corredo dei marchi della maison, che garantiscono royalties per milioni e milioni di euro, alla “Gado sarl” (acronimo di Gabbana e Dolce), controllata dalla Dolce & Gabbana Luxembourg per 360 milioni. Una stima secondo gli investigatori eccessivamente al ribasso e, dato che i brand della maison fondata nel 1985 è stato stimato in 1.193.712.000 euro, l’operazione avrebbe consentito un risparmio notevole sulle imposte da pagare per il profitto realizzato”. Il giudice di Cassazione ha accolto la tesi della pubblica accusa secondo la quale “il trasferimento formale di una società in un paradiso fiscale con il solo scopo di pagare meno tasse in Italia, dove però l’azienda continua a operare regolarmente, configura l’artificio che concretizza il reato di truffa e che vi concorrono tutti quelli che hanno avuto un ruolo nella esterovestizione”. Una frode all’erario, dunque, ed un importante principio di diritto che la Corte in questa occasione si trovò a formulare. I due stilisti dimostrarono di prendere abbastanza male la decisione della questione, tweettando il loro disappunto.

Il popolo della rete sociale non si accodò certo a questi strali, criticando pesantemente la posizione dei due stilisti.

TUTTI GLI ALTRI – Questi casi sono solo gli ultimi, come dicevamo, di una lunga serie. Rimarranno immortali i 18 giorni di prigione che Sofia Loren dovette farsi per la sua evasione fiscale, un imponibile di 112 milioni; la diva scelse di tornare in Italia e scontare la sua pena, e il carcere femminile di Caserta diventò un vero e proprio luogo di culto. “Gente comune, giornalisti, paparazzi e bancarelle, che vendono migliaia di fotografie dell’attrice con autografo, circondano il penitenziario dall’alba al tramonto; a sera, orchestrine napoletane si alternano cantando e suonando struggenti serenate”, forse tutta una grande operazione commerciale: “Si dirà poi che il suo ritorno era legato a un film che doveva girare in Italia, e circoleranno voci sulla vendita della sua storia a una rivista in America”. Non ci si può dimenticare del caso di Alberto Tomba, 23 miliardi di evasione, il processo si apre nel 1998; il campione di sci finì per pagarne 7,5. Anche il grande compositore Ennio Morricone fu di questa eterogenea partita: “A causa della sua residenza nel Principato di Monaco, gli agenti delle tasse gli anno contestato un’evasione fiscale che ha portato a un accordo per 190 milioni di lire”.

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