Il governo vuole azzerare le tasse universitarie ai più poveri?

06/05/2016 di Redazione

Università, il governo di Matteo Renzi vuole abbassare, azzerare auspicabilmente le tasse universitarie agli studenti con i redditi più bassi: a seconda, però, della frequenza con cui gli studenti interessati dagli sgravi effettueranno una certa quota di esami di profitto. Insomma: una misura di sostegno sociale per gli studenti italiani, accompagnata però da una clausola anti-fannulloni. Si tratta ancora di bozze, di spunti da costruire, che però poggiano sulla, sembra, ferma intenzione del governo di Matteo Renzi di fare qualcosa per il diritto allo studio.

COSÌ IL GOVERNO VUOLE AZZERARE LE TASSE UNIVERSITARIE AI POVERI

Si tratta, come dicevamo, di ipotesi, anche se a quanto si apprende dalle parti di Palazzo Chigi l’intenzione sarebbe quella di accelerare, sopratutto in vista delle incombenti elezioni amministrative. Il Corriere della Sera spiega quali potrebbero essere le caratteristiche di questa normativa incentivante.

Al di sotto di quale soglia non si pagherebbero le tasse? Al momento si ragiona su una soglia compresa fra i 13 mila e i 15 mila euro come valore Isee, l’indicatore che misura la ricchezza di tutto il nucleo familiare dello studente, tenendo conto non solo del reddito ma anche delle case e degli investimenti, compresi i soldi in banca. La decisione finale, però, non è stata ancora presa. Tutto dipende da quante risorse il governo vuole investire nella partita per compensare le minori tasse che, con questo meccanismo, ogni ateneo incasserebbe. Un’università con molti studenti sotto un Isee di 15 mila euro, infatti, potrebbe non riuscire a far quadrare i conti. Per questo sarebbe necessario un trasferimento aggiuntivo da parte dello Stato, un tot per ogni studente esente iscritto. Il bonus, in ogni caso, sarebbe legato al profitto: per gli studenti dal secondo anno in poi sarebbe necessario aver superato nell’anno precedente un numero minimo di esami, o aver incassato un minimo di crediti formativi, la formula che valuta il peso di ogni singolo corso. Probabilmente due esami o una decina di crediti formativi, ma su questo punto il lavoro è davvero all’inizio.

 

Questo, insomma, per le zone a basso reddito; mentre invece per le fasce della popolazione più appartenenti al ceto medio sarà possibile eventualmente una politica di detrazioni.

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Oltre alla «no tax area», però, c’è un’altra misura che potrebbe entrare nel pacchetto allo studio del governo. E cioè la possibilità di scaricare dalle tasse una parte della retta per chi è sopra la soglia dei 15 mila euro e dovrà continuare a versarla. Una misura che andrebbe incontro non ai più deboli ma al ceto medio. E che avrebbe lo stesso obiettivo di frenare la caduta degli iscritti che da dieci anni colpisce le nostre università. Due numeri per capire l’aria che tira. Nel 2004, dopo l’esame di maturità, si iscrivevano all’università tre ragazzi su quattro. Oggi siamo scesi a due su quattro. Un crollo progressivo che non dipende solo dal livello delle tasse. Ma anche dalla crisi generale e dalla sensazione diffusa (e sbagliata) che studiare non valga più la pena perché tanto poi il lavoro non si trova

 

Da parte dei sindacati organizzati degli studenti l’idea che il presidente del Consiglio dei Ministri si interessi della tassazione universitaria viene accolta con un “finalmente”. Link-Coordinamento Universitario aggiunge una proposta originale a quella del Movimento Cinque Stelle (Vacca) e Partito Democratico (Ghizzoni) già depositate in Parlamento.

“La nostra proposta vuole da un lato assorbire il forte aumento della tassazione derivato dall’introduzione del nuovo ISEE dall’altro rendere l’università italiana davvero accessibile a tutti. In particolare chiediamo una no tax area fino a 28000 euro di ISEE che significherebbe esentare il 39% degli studenti come avviene in molti paesi europei. Il costo dell’ operazione è di 650 milioni di euro, che dovrebbero derivare da un incremento dell’ FFO. Chiediamo inoltre una tassazione realmente progressiva e maggiori tutele per gli studenti part time.” “Riteniamo inoltre che la tassazione debba essere legata solamente al reddito ISEE e non al corso prescelto o al numero di esami conseguiti: solo così si garantisce libertà di scelta e reale equità”.

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