Il Cholismo fa schifo, e l’anno scorso eravate tutti amanti del Tiqui Taca

I soliti italiani. Quale è il carro del vincitore sul quale salire quest’anno? Quello di Diego Pablo Simeoe, in arte Cholo. Dunque, il carro di moda in questa stagione primavera estate 2016 è quello del Cholismo, e quindi tutti – ovviamente da sempre – sono grandi ammiratori del Cholo e del suo tipo di calcio. Che tradotto in parole povere vuol dire: catenaccio, che neanche Herrera ai bei tempi, giocatori che si buttano in terra fingendo paresi dei piedi per perdere tempo e poi rialzarsi come fossero stati miracolati, e ogni trucchetto possibile e immaginabile per innervosire l’avversario. Roba che trasformerebbe il calcio del Trap in qualcosa di futuristico.

Ma la cosa più bella è che tutti quelli che quest’anno sono diventati “cholisti” e inondano i social networks con frasi del tipo «conta solo vincere», l’anno scorso erano tutti fan del Tiqui Taca e dell’estetica del gioco del Barcellona di Luis Enrique. I cholisti di oggi, erano i “guardiolisti” di ieri, quando Guardiola faceva il triplete, rifilava la “manita” a Mourinho nel Clasico, e i giornali lo trattavano come fosse il maggior esponente di una nuova filosofia postmoderna alla quale abbeverarsi quotidianamente. Cosa vuol dire essere di sinistra oggi? Chiediamolo a Guardiola. Come si motiva un gruppo? Facciamo un’intervista a Guardiola? Ma la carbonara si fa con la pancetta o il guanciale? Sentiamo Guardiola e pubblichiamo in prima la sua opinione.

Ora, tornando alla nuova era del catenaccio, che voi non si sa per quale motivo avete deciso di ribattezzare Cholismo, devo dire la verità: non mi diverte. E non diverte neanche voi. L’Atletico di Madrid ha senso solo quando si contrappone al Barcellona o al Real Madrid, o al Bayern Monaco di Guardiola. Diciamoci la verità: voi guardate l’Atletico di Madrid di Simeone quando gioca contro il Levante? O quando si gioca l’imperdibile Atletico Madrid-Getafe? Ovviamente no. Se siete appassionati di calcio vi guardate il Barcellona di Messi, perché è uno spettacolo per gli occhi. Oppure il Real Madrid di Zidane che gioca al Santiago Bernabeu dove il Cholismo non avrebbe neanche diritto di esistere e sarebbe sommerso dai fischi. Giustamente.

Parliamoci chiaro: nessuno nega l’abilità tattica di Simeone nell’arrocco difensivo, né si può negare il fatto che Simeone riesca a trasmettere la propria personalità alla squadra. L’Atletico non ha mai paura. I suoi giocatori giocano il pallone con personalità, anche in trasferta, anche in situazioni psicologicamente difficili. E non si arriva per caso due volte in una finale di Champions League in tre anni. La straordinaria qualità che riconosciamo al Cholo, più che quella tattica o di conoscenza del calcio, è quella di essere un martello in grado di inserirsi nei cervelli dei propri giocatori riuscendo ad ottenerne il 120% sia da un punto di vista fisico che mentale.

Ma il bel calcio, è un’altra cosa. E a noi piace quello. Quello di chi non butta il pallone in mezzo al campo per fermare un contropiede avversario, quello di chi non finge e non simula. Alla maggior parte di italiani questo invece non interessa. Ovviamente, fino a che il comportamento furbo, la piccola scorrettezza, la simulazione non capita contro di noi. A quel punto – ovviamente – siamo tutti pronti a gridare al Gombloddo.

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