La delirante intervista di Piercamillo Davigo al Corriere della Sera: «I politici non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi»

22/04/2016 di Redazione

I politici «non hanno spesso di rubare», ed «hanno smesso di vergognarsi». «Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto». È il pensiero di Piercamillo Davigo, oggi Presidente dell’Anm e 24 anni fa al lavoro nel pool di Mani Pulite. In un’intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera il magistrato ne ha un po’ per tutti. Davigo vuole più carceri, accusa il governo, lancia frecciate a Cantone. Ma soprattutto parla di corruzione, spiegando che il cancro della corruzione non è stato sanato e che, anzi, oggi la situazione rispetto ai tempi di Tangentopoli è peggiorata:

Non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Dicono cose tipo: “Con i nostri soldi facciamo quello che ci pare”. Ma non sono soldi loro; sono dei contribuenti».

 

«Non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti». Lo disse davvero?

 

«Certo. In un contesto preciso. Ma mi citano fuori contesto per farmi passare per matto».

 

Qual era il contesto?

 

«Appalti contrattati tra partiti e imprese: chiunque avesse avuto un ruolo in quel sistema criminale, non poteva essere innocente; uno onesto nel sistema non ce lo tenevano. Prenda la Metropolitana Milanese. Costruita da imprese associate, con una capogruppo che raccoglieva il denaro da tutte le aziende e lo versava a un politico che lo divideva tra tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione. Di giorno fingevano di litigare; la notte rubavano insieme».

 

Voi però l’opposizione non l’avete colpita.

 

Davigo si inalbera: «Non è vero! Questa è una leggenda diffusa ad arte per screditarci! Io stesso condussi una perquisizione a Botteghe Oscure!».

 

Ma Forlani si dimise, Craxi morì ad Hammamet. Occhetto e D’Alema restarono al loro posto.

 

«Forlani fece una figuraccia al processo Enimont. Su Craxi si trovarono le prove, infatti fu condannato. Su altri non trovammo le prove. Il Pci era finanziato dalle coop in modo dichiarato e quindi legittimo. Ma a Milano, dove partecipavano alla spartizione delle tangenti, abbiamo mandato sotto processo diversi dirigenti comunisti».

 

Il Paese era con voi.

 

«Gli italiani non hanno mai avuto una grande considerazione di sé: siamo gli unici a dire di noi stessi cose terribili nell’inno nazionale, “calpesti”, “derisi”, “divisi”. All’epoca sembrò che tutto potesse cambiare. Ricordo un’intervista ai volontari che friggevano le salamelle alla festa dell’Unità; erano i primi a volere in galera i dirigenti che li avevano traditi. Ma cominciò presto il coro opposto: “E gli altri, perché non li avete presi?”».

 

Oggi la situazione è come allora?

 

«È peggio di allora. È come in quella barzelletta inventata sotto il fascismo. Il prefetto arriva in un paese e lo trova infestato di mosche e zanzare, e si lamenta con il podestà: “Qui non si fa la battaglia contro le mosche?”. “L’abbiamo fatta — risponde il podestà —. Solo che hanno vinto le mosche”. Ecco, in Italia hanno vinto le mosche. I corrotti».

Nel corso dell’intervista Davigo ha spiegato che i politici corrotti rubano «in modo meno organizzato», perché «tutto è lasciato all’iniziativa individuale»:

«Si ruba in modo meno organizzato. Tutto è lasciato all’iniziativa individuale o a gruppi temporanei. La corruzione è un reato seriale e diffusivo: chi lo commette, tende a ripeterlo, e a coinvolgere altri. Questo dà vita a un mercato illegale, che tende ad autoregolamentarsi: se il corruttore non paga, nessuno si fiderà più di lui. Ma se l’autoregolamentazione non funziona più, allora interviene un soggetto esterno a regolare il mercato: la criminalità organizzata».

Davigo non risparmia frecciate a Matteo Renzi e soprattutto a Cantone, accusato di tacere su alcune cose:

Con Renzi come va?
«Questo governo fa le stesse cose. Aumenta le soglie di rilevanza penale. Aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito; ma lei ha mai visto un pensionato che gira con tremila euro in tasca?».
Renzi ricorda spesso di aver aumentato le pene e di conseguenza la prescrizione per i corrotti.
«Ma prendere i corrotti è difficilissimo. Nessuno li denuncia, perché tutti hanno interesse al silenzio: per questo sarei favorevole alla non punibilità del primo che parla. Il punto non è aumentare le pene; è scoprire i reati. Anche con operazioni sotto copertura, come si fa con i trafficanti di droga o di materiale pedopornografico: mandando i poliziotti a offrire denaro ai politici, e arrestando chi accetta. Lo diceva anche Cantone; anche se ora ha smesso di dirlo».
Perché Cantone ha smesso di dirlo?
«Lo capisco. E non aggiungo altro»

E, infine, invoca più carceri.

«Non ci sono troppi prigionieri; ci sono troppe poche prigioni». Autentica anche questa?
«Sì. Ma non è una mia opinione; è un dato oggettivo. L’Italia è il Paese d’Europa che ha meno detenuti in rapporto alla popolazione. Ed è il Paese della mafia, della ndrangheta, della camorra, della sacra corona; e della corruzione diffusa. Certo che servono nuove carceri. Con le frontiere ormai evanescenti, i Paesi con una repressione penale più forte esportano crimine; quelli con una repressione penale più debole lo importano».

(Foto di copertina: ANSA / MATTEO BAZZI)

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