La storia di una mamma scappata da Isis: «Andare su Internet senza un uomo presente è vietato»

20/04/2016 di Redazione

Laura Passoni, 30 anni, era scappata nel Califfato con suo figlio Ileyss di quattro anni. Nata in Belgio ma di origini italiane si è accorta dell’enorme errore fatto e lo racconta a Fabio Tonacci su Repubblica. «Uscire di casa da sola è vietato, lavorare è vietato, andare su Internet senza un uomo presente è vietato. Non esistono diritti per le donne. Ho vissuto otto mesi di terrore, mi sentivo prigioniera».

Da quanto è sposata?
“Da due anni. Mi sono convertita all’Islam e mi sono sposata religiosamente con un ragazzo tunisino (Oussama Rayan, ndr)”.

Aveva un posto fisso e un figlio nato da una precedente relazione. Cosa sperava di trovare in Siria?

“Lo Stato Islamico non lo conoscevo per niente, non ero interessata. Poi però lui mi ha messo in testa delle cose che mi hanno fatto cambiare idea: la propaganda dell’Is è fortissima, ci sono cascata e mi sono radicalizzata. Lo immaginavo come l’unico posto adatto ai veri musulmani”.

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LA VITA DI LAURA PASSONI, MAMMA NEL CALIFFATO

Laura racconta la vita nel Califfato…

Ci sono tasse da pagare?
“No. Dottori, ospedali e medicine ci sono, ma non è come da noi: usano cure che in Europa non avevo mai visto”.

E lei cosa faceva?
“Nulla! Mi era vietata qualsiasi cosa. Durante il giorno badavo a mio figlio, pulivo la casa e preparavo il pranzo e la cena. Ero obbligata a portare il burka, non avevo la libertà di uscire di casa se non con mio marito. Nemmeno per fare la spesa. Senza di lui, non potevo decidere niente. Le regole da seguire sono pesantissime. E siamo sorvegliati giorno e notte”


Poteva guardare la tv o andare su Internet?

“Solo in presenza di mio marito. Le donne non hanno nessun diritto, se una non si abitua in fretta non sopravvive”.

Ha subito violenze?

“No. Ma vivevo nella paura perenne che potessero venire a prendere mio figlio”.

IL CONSIGLIO DI LAURA PASSONI, MAMMA SCAMPATA ALL’ISIS

Laura comunicava con i suoi genitori tramite messaggi, di nascosto. Quando è riuscita a tornare in Belgio è stata immediatamente posta in stato di fermo e i figli sono stati affidati ai nonni. Ha subito un processo al fine del quale è stata condannata a 5 anni con la condizionale e 15 mila euro di multa. Ora non può usare i social network, ha mail e telefonate intercettate. In compenso però, davanti al suo pentimento, è riuscita ad ottenere la custodia dei suoi figli. A Repubblica lascia un messaggio finale, a tutte le donne tentate dalla propaganda islamica:

“Non partite, riflettete prima di farlo. Una volta laggiù, è quasi impossibile tornare indietro. Anche se vi fanno capire che tutto è facile, credetemi, non lo è. Non fatevi fare il lavaggio del cervello, e prima di prendere decisioni parlatene con qualcuno. Evitate di fare l’errore che ho fatto io, perché la mia vita adesso è rovinata”

(in copertina foto Balkis Press/ABACAPRESS.COM)

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