Perché Natascha Kampusch non ha detto la verità sulla sua prigionia?

La ragazza austriaca  non ha vissuto per otto anni nella prigione sotterranea costruita nel garage del suo aguzzino Prikopil

Il rapimento e la lunga prigionia di Natuscha Kampusch hanno molti punti oscuri, che le indagini ufficiali della polizia di Vienna non hanno mai chiarito. Il principale mistero del caso Kampusch rimane Wolfgang Prikopil. Né i modi, né lo svolgimento dei 3096 giorni di prigionia e neppure la conclusione del rapimento lasciano supporre che tutto sia stato opera di una persona sola. Allo stesso modo, non si capisce perché la Kampusch abbia raccontato una versione del suo rapimento che non corrisponde a quanto la polizia ha accertato negli anni successivi.

PRIKOPIL L’EMARGINATO – Wolfgang Prikopil aveva trentacinque anni quando rapì Natascha, una bambina di Vienna di soli 10 anni, nel 1998. Per 3096 giorni la piccola rimase prigioniera nella sua casa di Heinestrasse, numero civico 60, in un sobborgo della capitale austriaca, Strasshof. Quando Natascha Kampusch si liberò, appena dopo aver compiuto i 18 anni, Prokopil si gettò sotto un treno, ponendo fine ad un’esistenza avvolta completamente nel mistero. Dell’aguzzino della piccola austriaca si sa ancora molto poco, a parte il suo percorso professionale. Wolfgang Prikopil è diventato un tecnico delle comunicazioni presso una multinazionale tedesca, ed è sempre stato considerato un solitario nella ristretta cerchia delle sue conoscenze. La sua tendenza asociale l’aveva portato a fondare una propria impresa di riparazioni elettrotecniche, alla quale poi si associò Ernst H., una delle figure più misteriose del caso Kampusch. Il solitario Prikopil era un uomo ossessionato dalle pulizie, era particolarmente affascinato dalle Bmw, ed era molto legato alla sua famiglia. Secondo Ernst H. il suo amico e collega visitava settimanalmente sua nonna, mentre andava a trovare il padre al cimitero quasi tutti i giorni. Particolarmente stretto era il legame con la madre, che si recava spesso a casa di suo figlio Wolfgang. Natascha Kampusch ha sempre dichiarato che in quelle occasioni Prikopil le ordinava di pulire perfettamente la casa, di nascondere le pantofole che lasciava in giro e di rinchiudersi nella sua prigione.

SEPOLTURA SOLITARIA – Gli stretti rapporti con la sua famiglia sono emersi in una fase successiva delle indagini, che hanno evidenziato le circostanze molto particolari della sepoltura di Prikopil. Della tumulazione dell’aguzzino di Natascha se ne è occupato il suo socio, Ernst H., che era anche il suo unico vero amico. Ci sono almeno due fatti quantomeno curiosi. Il primo è che le procedure per la sepoltura di Prikopil sono state svolte dalla sorella di Ernst H., Margit, che ha dichiarato alla polizia di non aver conosciuto l’amico di suo fratello. Ancora più strano è il fatto che Ernst H., nonostante sapesse dei fortissimi legami del suo socio con la sua famiglia, abbia scelto di far tumulare Prikopil in una tomba di una famiglia sconosciuta, quando invece avrebbe potuto chiedere informazioni alla madre. Una fretta sicuramente eccessiva, che aumenta i sospetti sulle circostanze della morte dell’uomo, visto che come ricordato in un precedente articolo lo stato del suo cadavere non è compatibile con un investimento di un treno.

UN PORNO PEDOFILO – Wolfgang Prikopil aveva una passione per la porno pedofilia. In un interrogatorio del 2009 Ernst H. ha ammesso di sapere che l’amico possedeva materiale pornografico di varia natura, all’interno del quale c’erano anche video e foto sexy con minorenni. La madre dell’uomo non era a conoscenza della perversione del figlio, un fatto rimarcato da Ernst H., che ha altresì dichiarato come Prikopil esprimeva costantemente il desiderio di aver accanto a sé una ragazzina immacolata per soddisfare i suoi piaceri. Queste inclinazioni pedofile erano conosciute anche da altre persone. Una fonte della polizia aveva indicato il 14 aprile del 1998, ovvero un mese e mezzo dopo il rapimento di Natascha, che a Strasshof c’era una persona dedita alla pedopornografia. Il sospettato in questione era proprio Wolfgang Prikopil, ma la polizia viennese non seguì mai con convinzione questa traccia, prolungando per otto anni il martirio di Natascha. L’aguzzino della Kampusch era inoltre magrissimo, e non sopportava le donne grasse. I suoi rapporti con l’altro sesso rimangono piuttosto sconosciuti, per quanto i suoi amici abbiano dichiarato alla polizia che aveva una predilezione per le donne magre, bionde e con gli occhi azzurri. La magrezza di Prikopil è stata imposta successivamente anche alla sua prigioniera, che è stata fatta quasi morire di fame per perdere peso. Natascha inoltre è stata costretta, tra il 2000 e il 2004, a rasarsi completamente il corpo e i capelli, coprendo le calvizie con una fascia, un’abitudine che poi mantenne anche nei primi tempi da persona libera, e con una chioma fluente.

RAPIMENTO SU ORDINAZIONE ?- Ancora oggi non è chiaro il vero motivo della prigionia di Natascha Kampusch. Secondo il libro della stessa Kampusch, Prikopil le avrebbe confidato durante il primo tragitto fatto assieme in macchina, subito dopo il rapimento, che lei era stata presa per essere consegnata ad un’altra persona. Queste furono le parole testuali dell’uomo morto dopo la fuga della sua vittima.

“Ora ti porto nella foresta e ti consegno agli altri. Dopo io non avrò più nulla a che fare con questa storia”. La stessa Natascha racconta nel suo libro che Prikopil la portò in un bosco di pini fuori Vienna, e spense il motore del camioncino, telefonando ripetutamente. “Quelli non vengono più, non vengono più, non sono qui!”, urlò ripetutamente, prima di fuggire verso casa.

Il comportamento di Prikopil nei giorni successivi, raccontato dalla stessa Natascha, rafforza la tesi che il rapimento non fosse stato preparato per essere poi trasformato in una lunghissima prigionia. Appena l’aguzzino della Kampusch portò la piccola bambina a casa sua a Strasshof, Natascha fu avvolta in una coperta e portata nell’unica stanza della dimora senza una finestra. Dopo aver chiuso a chiave la porta del locale dove si trovava una Natascha terrorizzata, Prikopil si affrettò per recarsi a Vienna, per acquistare un materasso. Una descrizione che certo rafforza la tesi secondo la quale l’uomo non fosse preparato per ospitare la Kampusch a casa sua. Johann Rzesut, ex presidente della Corte di Cassazione austriaca, ha evidenziato a 20 Minuten come ancora non sia stato chiarito se la prigione di Natascha fosse stata preparata in precedenza o meno.
“ Ci sono però molti elementi che confermano come il rapimento si sia svolto in un modo diverso da quanto era stato pianificato in precedenza”.

LA FAVOLA DELLA PRIGIONE – Il 23 agosto del 2006 la storia di Natascha Kampusch fece il giro del mondo. Una bambina data per morta ormai da molti anni ritorna in vita, in circostanze incredibili. Quando la polizia entrò nella casa di Prikopil, la tesi iniziale fu che durante l’intero rapimento Natascha fosse stata costretta a vivere nella prigione costruita nel garage. Una cella strettissima, con dentro un bagno, un letto, illuminata solo dalla luce artificiale. Durante la prima comparsa televisiva, il conduttore della Tv austriaca rimarcò come Natascha non fosse abituata alla luce, e che per questo ogni tanto doveva chiudere gli occhi. La storia della ragazzina prigioniera sotto terra per 3 mila giorni emozionò tutto il mondo, e la stessa Kampusch stette al gioco. La giovane dichiarò che dentro la prigione aveva perso la cognizione temporale, non sapendo più distinguere il giorno dalla notte. Inoltre, lei stava quasi impazzendo per il rumore costante del ventilatore, e di come sperasse costantemente che la polizia potesse trovarla dentro quella prigione sottoterra. Le indagini successive però evidenziarono come il rapimento non andò così, e come la cella, all’interno della quale Natascha passò i primi mesi della sua prigionia, non ospitò così spesso come inizialmente creduto i giorni e le notti della piccola austriaca.

ACCESSO COSTANTE – Nei 3096 giorni passati con Prikopil la Kampusch ha avuto molte possibilità di fuga, così come è ormai chiaro che dopo la fase iniziale del rapimento la piccola girava con tranquillità per tutta la casa. Gli atti della polizia ricostruiscono una versione molto diversa da quella raccontata dalla stessa Natascha, che dichiarò dopo la sua liberazione che aveva avuto la prima possibilità di lasciare la sua prigione sotterranea. Il suo rapitore le permetteva di rimanere nella parte superiore della casa, quella dove viveva lui, così come di trascorrere tempo in giardino, dove fu notata qualche volta dai vicini. E’ inoltre provato che la Kampusch e Prikopil siano andati più volte a sciare, una della grandi passioni del rapitore viennese. Oltre alla montagna i due andarono altre volte in gita, ulteriore evidenza di una prigionia non così orribile come era sembrato in un primo istante. Lo stesso presidente del comitato parlamentare che indaga sul caso, Werner Amon, ha evidenziato come “Non c’è più alcun dubbio che Natascha Kampusch abbia trascorso del tempo, se non intere giornate, al di fuori della sua prigione. E’ stata spesso in altri posti, un fatto accertato da molte testimonianze.”

LA PRIGIONE ABBANDONATA – Quanto tempo è stata Natascha Kampusch in prigione? La polizia non è stata in grado di fornire una risposta precisa, ma è stato accertato che la cella sotterranea che sconvolse l’opinione pubblica mondiale era stata abbandonata da molto tempo. Secondo una ricostruzione della polizia del 4 agosto 2009 gli agenti hanno rilevato che

“Appare evidente che la stanza non può essere considerata abitata nelle condizioni in cui è stata ritrovata dopo la fine del rapimento. Alcuni elementi lo fanno comprendere, come ad esempio il fatto che l’unica sedia della prigione fosse piena di oggetti, all’interno della cella non si trovava alcun tipo di cibo e bevanda, c’era assoluto disordine a differenza che nelle altre stanze, e che sulla copertura del WC c’erano molte confezioni di detersivi e detergenti per le pulizie domestiche.”

La prigione appariva dunque essere più uno sgabuzzino che un luogo di detenzione. Uno degli inquirenti, che ha voluto rimanere anonimo, aggiunge.

“La cella sotterranea era completamente inabitabile nelle condizioni in cui è stata trovata. Inoltre, la stessa Kampusch non aveva alcun segno sul proprio fisico o sui suoi vestiti, che lasciasse presupporre una sua prolungata permanenza in un simile ambiente. “

A tutti questi elementi inoltre bisogna aggiungere il fatto che in un video della polizia si è accertato che la porta della prigione si poteva chiudere solo dall’interno. Anche Johann Rzesut, ex presidente della Corte di Cassazione, ha scritto questo in un atto giudiziario, ovvero che senza un aiuto dall’interno della stessa Natascha la porta non poteva essere chiusa dal solo Prikopil. Un fatto che evidenzia come la prigione era utilizzata nell’ultimo periodo del rapimento solo come nascondiglio della Kampusch quando la madre di Prikopil arrivava nella casa di Strasshof.

NATASCHA DORMIVA NELLA SUA STANZA DA  LETTO – Sempre nell’annotazione della polizia del 4 agosto 2009 è stato definito che la stanza da letto del piano superiore dell’abitazione di Prikopil era il luogo dove Natascha passava la maggior parte del tempo, quantomeno nella parte finale del rapimento. All’interno di questa stanza sono stati trovati quattro reggiseno, dei quali uno inutilizzabile dalla Kampusch, che probabilmente apparteneva alla madre o ad una conoscente di Prikopil. Nel ripostiglio accanto alla stanza da letto inoltre gli inquirenti hanno trovato una borsa da viaggio, all’interno della quale c’era un bikini appartenente a Natascha Kampusch. Secondo la polizia la giovane austriaca dormiva nel suo letto negli ultimi anni di prigionia, ed si muoveva con relativa libertà all’interno della casa. Rimane dunque ancora un mistero il motivo per cui la Kampusch ha raccontato una versione completamente differente della sua prigionia. Una vita da reclusa per 3096 giorni non è il vero modo nel quale si è svolto quello che comunque rimane un terrificante rapimento, e niente si può rimproverare a Natascha su questo. Raccontare però una storia che non si è mai verificata lascia però molti dubbi a chi cerca di capire cosa sia davvero successo in quei lunghissimi otto anni a Strasshof. Lo stesso presidente del comitato parlamentare che indaga sul caso Kampusch, Amon, rimarca come bisogna porsi la domanda su chi abbia l’interesse a rappresentare il rapimento di Natascha in un simile modo, che non corrisponde alla verità. “E’ uno dei più importanti punti della vicenda che dovremo ancora chiarire”.

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