Caso Rosboch: le cose che non tornano su Caterina Abbattista

04/03/2016 di Redazione

Oggi Caterina Abbattista, l’operatrice socio sanitaria dell’ospedale di Ivrea, madre di Gabriele Defilippi, il ragazzo di 21 anni che ha ucciso Gloria Rosboch con l’amante Roberto Obert, si presenterà davanti ai giudici del tribunale della libertà. La donna, 45 anni, si trova in carcere con l’accusa di concorso in omicidio. Il suo legale chiederà la scarcerazione. Ma c’è qualcosa nel racconto di Caterina Abbattista che non quadra. Fatti smentiti dalle verifiche degli inquirenti.

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CATERINA ABBATTISTA E LE “BUGIE”

La testata La Sentinella del Canavese elenca cosa non torna nel racconto di Caterina Abbatista, “incongruenze” che hanno portato il giudice delle indagini preliminari, Marianna Tiseo, a firmare l’ordinanza di custodia cautelare.

Abbattista venne a sapere dall’avvocato che Gloria chiede conto dei 187 mila euro. E lei nel verbale lo racconta così: «Sono caduta dalle nuvole. Gloria è venuta da me e mi ha detto di star tranquilla, che in realtà non c’era nulla di vero e che lei si stava mettendo da parte dei soldi e che il tutto era stato fatto per giustificare l’ammanco del denaro ai suoi genitori». Parole che Gloria le avrebbe ripetuto anche altre volte. Ai carabinieri, Abbattista dice di averne parlato anche con il figlio: «Gabriele mi ha a quel punto confidato che, di comune accordo con Gloria, stava di fatto recitando una parte facendo finta di adoperarsi per far credere ai genitori della donna che vi fossero sbocchi lavorativi nuovi per la figli. In effetti Gloria ha continuato a frequentarmi come prima». Per gli inquirenti sono tutte falsità, smentite dalle e-mail trovate nel computer di Gloria e dalle testimonianze delle vicine di casa dell’indagata che affermano di non aver mai visto Rosboch in quella casa».

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CATERINA ABBATTISTA E LE CELLE TELEFONICHE

La donna ha affermato davanti ai carabinieri di aver saputo della scomparsa di Gloria da una collega di lavoro e che quel giorno Gabriele era a casa «ad occuparsi come sempre del fratello più piccolo». Peccato che a un’amica, in una chat, avesse confidato che Gabriele era via. Prosegue la testata:

Cosa ha fatto il 13 gennaio? «Sono stata comprare il pane a Gassino, il giornale e forse dal veterinario e poi sono andata a lavorare a Ivrea». Non è vero. Il telefono aggancia la cella di Rivarolo. In un interrogatorio successivo spiega di non averlo detto perché Gabriele non voleva. Abbattista aveva anche omesso di dire delle due telefonate del 13 gennaio (alle 11.03 e 11.19) con il numero di Roberto Obert risultato poi in uso al figlio. Perché lei aveva quel numero?
La quinta bugia
La più importante. Abbattista sostiene che quel giorno ha lavorato nel reparto di pediatria dell’ospedale di Ivrea nel turno 15-23 come testimonia il badge (14.47, 22.55). Peccato che il suo telefonino si agganci, alle 19.19, alle cella di Montalenghe per 14,60 secondi. A quell’ora Gloria e già morta e gettata nella cisterna. Gli inquirenti sono convinti però che Gabriele e Roberto (contrariamente a quanto raccontano) siano stati aiutati da qualcuno a sbarazzarsi dei vestiti degli effetti personali della professoressa.

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