Elezioni Roma 2016 | Giorgia Meloni e Matteo Salvini verso la rottura?

Sembrano non finire mai i drammi nel centrodestra che cammina verso le Elezioni 2016: tutto è di nuovo in ballo dopo le frasi di Matteo Salvini, il leader della Lega Nord che, sempre più dubbioso sulla candidatura di Guido Bertolaso, nel weekend ha annunciato di essere pronto ad organizzare a Roma “dei banchetti” in ogni municipio per “ascoltare la cittadinanza”. Fra i nomi in ballo ci sarà anche quello dell’ex direttore della Protezione Civile, certo, tuttavia, ha continuato Salvini, “come a Milano abbiamo scelto Parisi, così in tutte le città dobbiamo scegliere il miglior candidato possibile e se la gente chiede altro è mio dovere ascoltarla”. La partita dei conservatori, insomma, è tutt’altro che chiusa. 

ELEZIONI ROMA 2016 | GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI VERSO LA ROTTURA?

Il che fa fibrillare gli alleati, sopratutto i Fratelli d’Italia che a Roma rivendicano la golden share. Giorgia Meloni era all’Esquilino, ce ne parla Giovanna Vitale nella Cronaca di Roma.

Riparte dal centro città, Giorgia Meloni. Da quella piazza Vittorio terra di degrado e immigrati dove la destra dura e pura non ha mai arretrato, soffiando su scontento e paura. È qui che la leader nazionale di Fratelli d’Italia torna romana tra romani, quelli che l’hanno vista crescere, «faccio il tifo per te, t’ho visto piccoletta», la abbraccia l’anziana Giulia, «so’ rimasta piccoletta signo’», scherza lei, prima di lanciare una stoccata agli avversari di sempre («Non sappiamo bene quanti cinesi vivano oggi all’Esquilino, ma con le primarie del Pd forse avremo qualche dato in più») e raccogliere le lamentele di un quartiere «dimenticato da Dio e dagli uomini, dove la gente dorme per strada e fa i bisogni tra le auto in sosta, non senti che puzza che c’è?».

 

 

Banchetti a Roma, dice Salvini?

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Bene, risponde la Meloni: il problema diventa allora quello degli equilibri nella coalizione, delle altre città che vanno al voto e dei candidati in quei luoghi. Perché, dice la leader dei Fratelli d’Italia, se si pensa che Bertolaso debba essere cambiato, forse anche altrove si potranno fare gli stessi ragionamenti.

Durissimo Fabio Rampelli: «Noi siamo gente d’onore. Per noi di destra la parola data ha un significato: la Lega ha chiesto, firmato e condiviso la candidatura di Bertolaso. Ora sparargli addosso non è corretto. Non ci stiamo ad essere messi spalle al muro da chi Roma neanche la conosce«. Più morbida ma altrettanto risoluta la Meloni. Da un lato ribadisce che lei, ai vertici con Berlusconi, non andrà più «finché gli alleati non faranno chiarezza: dicano pubblicamente, non nei tavoli riservati, cosa vogliono fare a Roma ». Dall’altro offre un ramoscello d’ulivo al fratello-coltello padano: «Organizziamoli insieme i banchetti, a patto però di aprirli pure nelle altre quattro città dove non c’è intesa: Torino, Napoli, Novara e Bologna». Se così è, se ne può parlare. Altrimenti «addio alleanza», taglia corto. Il suo candidato resta Bertolaso e la sua “tolleranza zero”, «uno slogan che noi sposiamo appieno».

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