Lettera a delle Unioni Civili mai nate

Unioni civili, è stato bello. E’ stato bello davvero. Pensare per una volta che in questo paese una legge potesse arrivare al suo naturale  compimento, dopo un tot di discussione, senza che ci fossero intoppi di strana natura che ci hanno lasciato in bocca quel vecchio sapore, conosciuto, di intrigo di potere alla prima repubblica. Io faccio questo per te, o magari non lo faccio, così un giorno, domani, chissà.

Ciao, Unioni civili, è stato bello. E’ stato bello vedere per un attimo tante persone sperare, con il sorriso sulle labbra invece del solito ghigno d’insoddisfazione per una società che invece di essere inclusiva tende a escludere per comandare.

E’ stato bello, Unioni civili, pensare che può esserci davvero un futuro diverso per questo paese: diverso dalle brutte scene che troppo spesso abbiamo visto in quel parlamento che purtroppo molti non amano più, né tanto meno rispettano. Persone che pensano di lavarsi la tunica sporca usando la parola democrazia dopo che quella democrazia l’hanno pugnalata alle spalle.

Grazie, Unioni Civili – come già avevamo detto grazie a Dico, Pacs e compagnia bella – per averci regalato per un po’ la speranza che le cose per qualcuno in questo paese potessero cambiare davvero senza che interessi che nulla c’entrano né con la democrazia né con quelle persone, cambiassero le carte in tavola con quella longa manus che mai più speravamo di vedere (anzi, avvertire).

Continuiamo a vivere nella speranza che un giorno gli unici interessi perseguiti da chi ha le chiavi del paese – le chiavi e lo stipendio adeguato per usarle – siano quelli delle persone che rappresentano. Se volete, i loro datori di lavoro. E non si è mai visto un dipendente sputare in faccia al suo boss. Non si è mai visto, a parte che in Italia intendo.

 

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