Unioni Civili e stepchild adoption: ecco perché passeranno (con Verdini decisivo)

10/02/2016 di Alberto Sofia

Unioni Civili e stepchild adoption: i numeri di Verdini blindano il Ddl Cirinnà

UNIONI CIVILI, LA GUIDA
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Cosa sono le unioni civili
Stepchild Adoption: cos’è

Per i bersaniani della vecchia Ditta sono quasi un’ossessione, l’ombra del Partito della Nazione sul «giardino» del Nazareno. Per gli ultimi forzisti leali al Cav, invece, soltanto «traditori» passati alla corte di Palazzo Chigi: «Ma i senatori di Denis Verdini ora in prima fila sulle Unioni Civili sono gli stessi protagonisti dei gesti sessisti in Aula?», c’è chi li provoca dai corridoi di Palazzo Madama. L’ex sodale di Berlusconi e i suoi seguaci, già decisivi per l’approvazione delle riforme costituzionali, non sembrano preoccuparsene troppo. In fondo, nelle vesti dell’“idraulico”  del renzismo, lo stesso Verdini era stato chiaro: «Porteremo al premier quei voti che mancano a destra, al centro, come a sinistra». E ora, con un piede e mezzo in maggioranza dopo l’incasso delle commissioni e la sfiducia al governo respinta anche con il voto di ALA, l’ex coordinatore azzurro è pronto a blindare pure il disegno di legge Cirinnà.

UNIONI CIVILI E STEPCHILD ADOPTION, IL SALVAGENTE DECISIVO DI VERDINI

«La legge passerà grazie a noi: in 19 sosterremo e voteremo le Unioni Civili, compresa la stepchild adoption», rivendicano da Palazzo Madama il portavoce Vincenzo D’Anna, il capogruppo Lucio Barani e gli altri seguaci dell’ex stratega azzurro. Convinti di poter essere ancora determinanti. Pure su quel contestato articolo 5, l’adozione del figlio del partner che centristi, cattodem e gli alfaniani di Area Popolare (almeno pubblicamente) vorrebbero stralciare, agitando lo spauracchio dell’«utero in affitto».  «No, non c’è nessun legame tra l’adozione del figliastro e la gestazione per altri. E ho convinto anche diversi miei colleghi dubbiosi», insiste Ciro Falanga. L’unico che resta contrario nel gruppo è Giuseppe Ruvolo, già Udc. Ma poco cambia. «Su questi temi nessuno potrà convincermi di votare contro la mia coscienza. Ma il provvedimento verrà approvato, con oltre 180 voti», è convinto Ruvolo. Non è l’unico. Perché al di là dei rischi per i passaggi a scrutinio segreto e per le possibili «trappole» temute dal Pd tra gli emendamenti leghisti di Calderoli, la “bilancia” dei numeri di Palazzo Madama pende ancora a favore delle Unioni Civili.

UNIONI CIVILI, I NUMERI DELLA STEPCHILD ADOPTION

Poco è cambiato dopo il cambio di rotta del M5S, con Grillo e Casaleggio che hanno lasciato “libertà di coscienza” sul nodo della stepchild adoption. Almeno a livello di numeri al Senato. «Il nostro gruppo è compatto, saranno al massimo due o tre quelli che non voteranno. Altre due senatrici (Barbara Lezzi e Manuela Serra, ndr) non dovrebbero votare perché in maternità. Ma non verranno conteggiate nel quorum», ha rivendicato a Giornalettismo Alberto Airola, tra coloro che si sono subito schierati per il “sì”. Il primo “no” certo è quello di Sergio Puglia, pronto a votare pure contro il Ddl se non venisse modificato l’articolo 5. E anche la catanese Ornella Bertorotta è tra i contrari, anche se, spiegano dal Senato, «potrebbe anche ripensarci». Altri, prima indicati tra i senatori perplessi, come Enza Blundo, hanno sciolto le riserve a favore del “sì”. Certo, c’è chi ammette da Palazzo Madama come la gestione del passaggio sia stata tutt’altro che perfetta: «A Milano si sono assunti la responsabilità di questa decisione, ma poteva essere presa mesi fa. Siamo passati per quelli che volevano frenare la legge, quando il Pd aveva scelto da tempo di lasciare libertà di coscienza». Altri, a microfoni spenti, si dicono certi che i vertici non abbiano voluto scontentare «quella base elettorale del M5S più vicina a posizioni di centrodestra». Quel che è certo, però, è che paradossalmente ora il M5S abbia ormai ogni attenzione addosso. Tanto che, senatore per senatore, qualsiasi posizione è ormai nota. Tradotto, almeno trenta voti sono blindati, in base a quanto dichiarato pubblicamente.

UNIONI CIVILI E STEPCHILD ADOPTION, IL PALLOTTOLIERE

In casa Pd, in attesa della riunione in cui si dovrà decidere su quali voti lasciare libertà al gruppo, Renzi ha preferito mantenersi ai margini del dibattito sulla stepchild: «Non è il punto principale di questa legge, almeno non lo è per me. Allo stesso modo credo giusto che il Parlamento si pronunci anche su questo», ha chiarito. Tutto mentre in Senato veniva congelato lo “scambio” con il Carroccio per il taglio degli emendamenti. Prima di stralciare il “canguro” di Andrea Marcucci – in grado di far saltare gran parte delle proposte di modifica –  Zanda e i tecnici dem intendono valutare se non ci siano “trucchi”, proposte preclusive o contro-canguri in grado di mettere a repentaglio l’approvazione del ddl, magari nel segreto dell’urna. Ma resta da risolvere anche il nodo delle resistenze interne. Rispetto ai 25 della fronda cattolica, più qualche “laico”, la maggioranza del partito resta convinta che in pochi vorranno portare la battaglia fino alle estreme conseguenze: «Altro che trenta voti contro, saranno una decina o poco più gli intransigenti» al seguito dei senatori Lepri e Fattorini, sono certi da Palazzo Madama. Tradotto, su 112, uno non voterà di certo (il presidente del Senato Pietro Grasso), mentre tra i 90-95 voti sono considerati al sicuro.

«Nei passaggi a scrutinio segreto la maggioranza ha quasi sempre finito per guadagnare voti invece che perderne», rivendicano non a caso tra i senatori di “fede” renziana. E non pochi guardano con sospetto e attenzione, sia dal fronte pro-Lgbt che tra i contrari, verso i 32 voti di Area popolare. «L’annuncio di Grillo non cambia nulla. I numeri ci sono. E, al di là del gioco di posizioni e delle battaglie mediatiche, i 2/3 dei senatori di Ncd sono pronti a votare a scrutinio segreto a favore», rivendicano ancora dal Senato. Paolo Bonaiuti, ex portavoce del Cav, ha già chiarito in pubblico che sosterrà tutto il Ddl Cirinnà. Altri si aggiungeranno, dopo quanto incassato con il rimpasto di governo.

Anche da Forza Italia, spiegano fonti azzurre al Senato, qualche voto arriverà. Quatto o cinque se il testo non verrà modificato. Uno è stato anticipato in Aula dalla senatrice Anna Maria Bernini, pur tra distinguo e attacchi al premier: «Anticipo un mio orientamento di voto favorevole a questo disegno di legge. Un primo abbozzo di risposta, pur se non completamente condivisibile e molto pasticciato, per contenere un gap europeo ed un vuoto normativo intollerabile», ha rivendicatoAltri ne potrebbero arrivare se sull’articolo 5 si trovasse una mediazione: «Sulla proposta Marcucci, con i due anni di affido prima che scatti la stepchild, in molti potrebbero convergere, tranne l’ala conservatrice di Fi con Gasparri e Malan in prima fila», c’è chi spiega.

UNIONI CIVILI, ECCO PERCHÉ PASSERANNO

E gli altri gruppi? Venti su 26 senatori del gruppo Misto, dove forte è la componente di Sinistra Italiana-Sel e degli ex pentastellati. voteranno a favore del Ddl, pur avvertendo di non voler accettare compromessi al ribasso: «Le associazioni lgbt hanno firmato un appello dove dicono “Attenzione, senza stepchild la legge non ha più senso”. E noi vogliamo ascoltarle», avvertono. Ma, al di là delle prese di posizione, anche dentro Sel c’è chi ammette come «non si possa correre il rischio di restare ancora senza alcuna legge sui diritti Lgbt». C’è poi il gruppo delle Autonomie, dove una parte è composta da parlamentari di matrice cattolica, come i 6 della Svp, di Uv e del Patt e due ex Scelta Civica. Poi ci sono i due ex M5S (Orellana e Battista) che dovrebbero votare a favore della stepchild adoption, come i due socialisti e due senatori eletti all’estero. Senza contare i senatori a vita come Renzo Piano, Carlo Rubbia, Carlo Azeglio Ciampi, Elena Cattaneo e Giorgio Napolitano: solo gli ultimi due di solito votano. Qualche voto arriverà anche dai Conservatori e Riformisti di Fitto, ormai rimasti in 9 dopo l’addio di Pagnoncelli, passato ad Ala. Con gli stessi verdiniani, che hanno ricordato a Grasso come il numero sia insufficiente per formare un gruppo, ormai pronti all’Opa. Anche da Gal e dai tosiani potrebbe arrivare qualche consenso per le Unioni Civili e la stepchild. Ma non solo: «Pure nella Lega, a scrutinio segreto, qualcuno potrebbe far aumentare i voti per poi incolpare Alfano», c’è chi azzarda dai corridoi del Senato.

Quel che sembra certo, però, è che da una parte i tempi del provvedimento si siano allungati, con il voto finale previsto (come minimo) per la prossima settimana. Dall’altra che lo “scudo” di Verdini abbia rassicurato Renzi di fronte ai pericoli di imboscata. «Anche senza contare altri salvagenti in segreto, come quelli che arriveranno da Ap, si sfonderà senza problemi almeno quota 175 grazie ai nostri voti», assicurano i senatori dell’Ala verdiniana. «Sarà un altro passo verso la maggioranza? Per quello aspettiamo un passaggio elettorale. Sarà il referendum costituzionale a chiarire le forze in gioco e gli schieramenti», spiega D’Anna. Altri, a microfoni spenti, sono più espliciti: «Chiaro che Renzi e i suoi non potranno far finta di nulla….».

UNIONI CIVILI E LO SCUDO DI VERDINI

Tradotto, il salvagente non sarà senza conseguenze, per una forza che è di fatto un asse portante della maggioranza, pur se formalmente dall’esterno. Le reazioni in casa dem? «Verdini prima spauracchio e ora decisivo per le Unioni Civili? Guardi il problema non sono tanto i singoli passaggi parlamentari, quanto la direzione intrapresa dal Pd», nicchia Cuperlo. L’ex parlamentare Anna Paola Concia non prova invece nessun imbarazzo per il salvagente: «Su questi temi ogni voto è benvenuto». Per i verdiniani, invece, la “stanza dei bottoni” è sempre più vicina. Con le Unioni Civili ancora in gioco, c’è già chi guarda già alla tornata di amministrative alle Elezioni 2016: «Presenteremo liste in tutte le grandi città, vedremo se da soli o con altri gruppi di centro: Milano, Roma, Torino, Napoli, Caserta…». Se l’endorsement di Verdini a Sala è noto, anche «Giachetti e Valente sono nomi validi, che potrebbero rappresentarci, ma alle primarie non parteciperemo per evitare altre polemiche», spiegano. Quel che è certo è che la direzione sia già segnata. Da Palazzo Madama fino alle urne, porta sempre verso Renzi.

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