Giulio Regeni ucciso perché ritenuto fiancheggiatore dei Fratelli Musulmani?

Giulio Regeni potrebbe essere stato scambiato per un fiancheggiatore dei Fratelli Musulmani. Questa è l’ipotesi degli investigatori, italiani ripresi da fonti vicine al Giornale, incaricati d’indagare sulla morte del ricercatore friulano ritrovato cadavere in un fosso lungo la strada che collega Il Cairo a Alessandria d’Egitto. La chiave del mistero, secondo loro, risiede nel suo telefonino. Giulio Regeni nel suo ultimo articolo pubblicato questa mattina dal Manifesto aveva rivendicato il ruolo dei sindacati nel Paese.

Giulio Regeni
Maurizio Massari, ambasciatore italiano in Egitto, visita l’obitorio militare in cui è custodito il corpo di Giulio Regeni (ANSA/EPA/MOHAMED HOSSAM)

GIULIO REGENI: I CONTATTI NEL TELEFONO POTREBBERO AVERLO “INCASTRATO”

Giulio Regeni potrebbe aver pagato con la vita la sua abitudine di registrare i nomi dei suoi contatti all’interno dell’opposizione egiziana:

 

Un telefono diventato l’oggetto dei brutali interrogatori condotti da elementi di quelle forze anti-terrorismo abituate spesso ad operare al di là e al di sopra della legge. Proprio l’esame della rubrica telefonica in cui Giulio Regeni annotava, probabilmente in arabo, i nomi dei conoscenti e degli interlocutori incontrati nel corso delle sue ricerche potrebbe aver spinto i responsabili della sua uccisione a considerarlo un fiancheggiatore dei “Fratelli Musulmani” o di altri gruppi considerati dalle autorità egiziane alla stregua di terroristi.

GIULIO REGENI: LA CONOSCENZA DELL’ARABO UN INDIZIO DI “COLPEVOLEZZA”

A complicare le cose per Giulio Regeni probabilmente anche la sua conoscenza dell’arabo:

Chi conosce le metodologie delle squadre dell’anti terrorismo egiziano sa che la conoscenza della lingua locale da parte di occidentali è considerata quasi un indizio di colpevolezza. Soprattutto perché genera il sospetto molto spesso immotivato, di frequentazioni prolungate con elementi dello jihadismo. Lo sanno bene fotografi e giornalisti brutalmente picchiati nei giorni della cosiddetta “rivoluzione” proprio quando cercarono di giustificare, parlando in arabo con i poliziotti, la frequentazione di dimostranti o di militanti vicini alla “Fratellanza Musulmana”. Proprio per questo la rubrica telefonica di Giulio e la conoscenza della lingua araba potrebbero aver generato prima il sospetto e poi i brutali maltrattamenti costatigli la vita.

Share this article