Mikaela Calcagno è una brava giornalista. Una colpa nel calcio italiano

Allegri supponente, Mihajlovic cafone e arrogante, Mancini volgare e isterico. Hanno solo una cosa in comune, in questo momento: hanno tutti maltrattato Mikaela Calcagno.

Perché? A loro dire, per domande inutili e irritanti. La verità è che l’unica colpa di questa brava giornalista è di essere una donna intelligente. Una bella donna intelligente. Una bella donna intelligente che non ha il vizio della sottomissione reverenziale ai potentati pallonari, per essere precisi.
Ci si è strappati i capelli per l’uscita infelice di Sarri in Coppa Italia, complice anche l’ipocrita delazione di Roberto Mancini che ci ha messo pochi giorni a svelare la sua natura ben poco british, mentre non allarma affatto l’evidente sessismo di questi ultramilionari che piegano la testa e abbassano le creste davanti al Caressa di turno ma poi pensano bene di sfogare il loro maschilismo con chi non ha Massimo Mauro a giustificare tutto ciò che accade a tesserati che giocano in squadre che rappresentano città sopra il Po.
L’arroganza di questi tre allenatori non è insopportabile in sé – anzi, ci manca quel calcio ruspante che fino agli anni ’80 non le mandava a dire è che parlava liberamente anche con radio e TV private -, ma perché è vile e discriminatoria. Ciò che disturba questi scienziati del pallone è il doversi confrontare con una donna competente e la loro forma mentis li porta a prevaricarla con una dialettica da bar, che nulla ha a che fare con risposte puntuali e un confronto tra professionisti, ma solo con i loro problemi con l’universo femminile, con una cultura gretta che evidentemente non riconosce al sesso opposto uguali opportunità di polemizzare. E, soprattutto, di fare domande scomode.
Mikaela Calcagno ha troppa classe per mettersi al loro livello e ha sempre incassato con eleganza, evidenziando ancora di più questo comportamento vigliacco, ma il problema c’è. Perché le é impedito di fare al meglio il proprio lavoro, nonostante la presenza di lauti contratti televisivi che in buona parte pagano gli onerosi stipendi degli intervistati in questione.
Se davvero si vuole cambiare il calcio anche a livello culturale, invece che attaccarsi a insulti detti in trance agonistica – che pure sono esecrabili e da debellare, da Sarri e De Rossi – si cominci da questi atteggiamenti, che avvengono a freddo, a partita finita (viene in mente, tempo fa, anche un fastidiosissimo tweet di Aurelio De Laurentiis che ironizzava su Ilaria D’Amico) e replicano una discriminazione tra uomini e donne che viviamo ogni giorno: sul posto di lavoro come nella vita privata. E non basta chiederle scusa: venga trattata l’ottima collega Calcagno con lo stesso rispetto che si dà a un Caressa. Perché l’unica discriminante tra i due deve essere, ora e in futuro, solo la professionalità, nient’altro.

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