Verdini, l’«idraulico» di Renzi. E la sua Ala cresce ancora

19/01/2016 di Alberto Sofia

A Palazzo Madama, non ne fa mistero Denis Verdini, la sua Ala è ormai da mesi il salvagente del governo. «I lavori vanno avanti perché siamo noi a garantire il numero legale. E sul Ddl Boschi è stato grazie alla nostra presenza che la minoranza Pd ha abbassato le penne…». Lo rivendica, l’ex sodale del Cav, ora passato alla corte di Renzi. Perché è il suo gruppo di transfughi, in crescita grazie all’Opa su (quel che resta di) Forza Italia, Ncd, Gal ed ex 5 Stelle, a permettere al premier di allontanare i fantasmi dell’instabilità. In Senato, nell’Aula dai numeri precari, quella tra Renzi e Verdini è una “coppia di fatto“, scherzano in casa verdiniana. Tanto per restare in tema Unioni civili, altro provvedimento che verrà blindato dai seguaci dell’ex regista del Patto del Nazareno. Pronti a votare pure sulla stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner osteggiata da centristi, Ncd e cattolici dem. In massa – al di là di qualche perplessità – se i numeri risultassero decisivi. E pazienza se Renzi fa ancora fatica a riconoscerla, quest’unione. Perché l’ora dell’incasso, ne è convinto Verdini, prima o poi arriverà. Basta saper attendere. E farsi trovare pronti quando sarà necessario.

GUARDA IL VIDEO – VERDINI: «TRA UN RUBINETTO CHE PERDE A SINISTRA E UNO A DESTRA…»

VERDINI NELLE VESTI DELL’ “IDRAULICO” DELLA MAGGIORANZA

«Questa maggioranza la raffiguro con due rubinetti. Quello a sinistra gocciola di continuo: un giorno va via Civati, l’altro Cofferati. E noi lasciamo che vada da sé. L’altro a destra, perde pure: con Giovanardi, Quagliariello e gli altri ex Ncd che ci hanno ripensato. E sa, un rubinetto di là, un rubinetto di qua, trovare un idraulico in questo Paese non è facile…», ha provocato con il consueto sarcasmo Verdini, intervistato dal giornalista Stefano Folli nel corso della presentazione de “Il Patto del Nazareno“, il libro sull’accordo poi archiviato tra Renzi e Berlusconi (edito da Rubettino e scritto dal deputato verdiniano Massimo Parisi, ndr). Tradotto, usando le parole ironiche del portavoce Vincenzo D’Anna, Renzi non potrà a lungo considerare i deputati e senatori di Ala come «interlocutori di mattina, tra le aule parlamentari», per poi «tenerli nascosti la sera». Ma, nei piani di Verdini, non sarà una presidenza di commissione non assegnata, né quel mancato ingresso ufficiale in maggioranza a cambiare il destino di Ala. Anche perché, come spiega a Giornalettismo il senatore Pietro Langella, è soltanto una questione formale: «Ala è già, nei fatti, in maggioranza sulle riforme e su altri provvedimenti. L’ultimo sulla legge sugli appalti». Chiaro quale sia il leit motiv del gruppo verdiniano: non c’è altra alternativa al renzismo. Né ci sarà nel futuro immediato. Per questo l’obiettivo a lungo termine sarà quello di restare al fianco del premier. Per controbilanciare quei voti che mancheranno da sinistra. E blindarlo a Palazzo Chigi, anche nella prossima legislatura.

Certo, qualche insofferenza nel gruppo di Ala non manca per le “promesse” tradite sulle nomine. Ci speravano sia Eva Longo che lo stesso Langella per la guida della commissione Trasporti. E lo stesso imprenditore e senatore Domenico Auricchio, passato a fine settembre con Verdini, aveva ricevuto rassicurazioni per una poltrona. Ma da giorni i verdiniani hanno capito che i posti per i vertici delle commissioni sono pochi. E che Renzi ne ha bisogno per evitare che scoppi alle estreme conseguenze la grana Ncd nel governo, in bilico perenne. E in fibrillazione sia sul reato di clandestinità, che sulle Unioni civili, quanto sulla prescrizione. Così a Verdini (che ha pure ammesso di aver votato per il capo dello Stato Sergio Mattarella, ndr) non resta che sbandierarsi nei panni dello “statista”. Come chi blinda le riforme senza pretendere nulla in cambio. «Noi siamo nella posizione in cui siamo, non avremo presidenze delle commissioni. Certo, siamo umani: e nella vita dare e non avere….», ha però lasciato intendere, in direzione Palazzo Chigi. Ma, ha spiegato, al momento occupare poltrone «sarebbe frainteso». E «noi, già attaccati personalmente, vogliamo dare una dimostrazione pubblica della falsità di queste tesi».

GUARDA IL VIDEO – BARANI (ALA): «NOI VOGLIAMO FARE CON RENZI IL PARTITO DELLE RIFORME»

In realtà, l’obiettivo primario di Verdini e di Ala è a lungo raggio. Verso il 2018 e oltre. Per la costruzione di un soggetto che raccolga la diaspora del mondo centrista e si collochi al fianco di Renzi. Anche perché, è sicuro, sarà sempre da sinistra che il premier avrà le sfide più complesse: «Anche se il Pd ottenesse i 340 deputati col premio di maggioranza dell’Italicum, vuoi che un 10% non sia della sinistra antirenziana? A quel punto ci saremmo noi». Tradotto, bastano una trentina di deputati per garantirsi un futuro in Parlamento. Certo, c’è il nodo dell’Italicum, con il premio alla lista. Ma, confidano i verdiniani, «quella si può sempre cambiare…». Basterebbe anche l’apparentamento al secondo turno. E se proprio andasse male, qualche espediente si troverà sempre (come gli eletti all’estero, ndr) per garantirsi qualche seggio. E per ricostruire la “stampella” di centrodestra della maggioranza.

L’OPA DI ALA. GAMBARO (EX M5S) PRONTA A ENTRARE, MA FUGGE DI FRONTE AI CRONISTI

Prima, però, Ala deve ingrandirsi. Anche per far capire a Renzi come il suo apporto resti di fatto decisivo per proseguire la legislatura delle riforme. E non è un caso che altri siano pronti a lanciarsi nel “salvagente” di Ala. Verso quello che, spiega il capogruppo Barani, «è la riserva della Nazione, un paracadute a disposizione di Renzi per isolare massimalisti e integralisti. Perché noi, con Renzi, è il partito delle riforme che vogliamo fare». Da Forza Italia, a Montecitorio ci sono già Renata Polverini e Giorgio Lainati tra i parlamentari che aspettano soltanto qualche segnale. Ed entro la fine della settimana i 17 di Palazzo Madama diventeranno 19. O forse più: «Spero di fare en plein e raggiungere quota 20», ha spiegato Barani a Giornalettismo. I nomi? C’è sempre Antonio Milo (Cor di Fitto) in sospeso, mentre l’ex M5S Adele Gambaro, che aveva smentito di voler entrare in Ala, era tra i parlamentari presenti alla presentazione del libro. Per poi fuggire, senza rispondere, di fronte ai cronisti che le chiedevano se fosse il “battesimo” del suo ingresso. Poco cambia. Anche perché, confidano fonti interne, la sua disponibilità l’ha già confermata.

ELEZIONI 2016, BARANI A GIORNALETTISMO: «UN NOSTRO CANDIDATO A ROMA, POI DISCUTEREMO. A MILANO CON SALA»

Ma in calendario c’è pure la tornata di amministrative delle elezioni 2016 e il referendum confermativo di ottobre sulle riforme. Quello che Renzi ha già trasformato in un plebiscito sul suo nome, spartiacque della sua carriera politica e della stessa vita dell’esecutivo. Verdini sarà il “guardiano” del Ddl Boschi, un testo che ha contribuito a scrivere, con Ala che ha già aderito ai tavoli del “sì”. Ma se ottobre è ancora lontano, più vicine sono le amministrative di giugno. Con Ala che non potrà che guardare verso il centrosinistra renziano: «Sala a Milano? Può avere il nostro sostegno. Giachetti a Roma (se vincerà le primarie, ndr)? Magari al secondo turno. Ma prima ne lanceremo uno nostro nelle prossime settimane. E anche a Napoli possiamo raggiungere la doppia cifra», ha anticipato e azzardato Barani. Lì, sotto al Vesuvio, la truppa campana di Ala punta al bis dell’operazione “Campania in Rete” che fu quasi determinante nella vittoria di De Luca alle ultime Regionali. E anche a Torino centristi e verdiniani vogliono dare una mano a Fassino, dove ci sono già i Moderati di Portas alla destra del sindaco rimasto senza la copertura a sinistra di Sel-Si. Per la serie, nel destino di Ala e di Verdini non può che esserci soltanto Renzi. Al quale l’ex fedelissimo del Cav consiglia pure di evitare la nomina dell’amico Carrai alla testa del nuovo ente d cybersecurity: «Un azzardo…», per Verdini. Ma Renzi sembra voler insistere. Verdini sa bene che il premier è un “giocatore” di poker, ama sparigliare. E il senatore toscano gli garantirà i numeri. Ora, come nel 2018. Al di là dello spauracchio del Partito della Nazione, non c’è altra strada che la convergenza tra il premier e l’«idraulico della maggioranza».

Share this article