FI, Brunetta: «Non avranno la mia testa. Chiedono democrazia? Stabiliamo che si vota, ma su tutto»

I frondisti di Forza Italia guidati da Elio Vito volevano farlo saltare, ma Renato Brunetta si è salvato, almeno per ora. Non è la prima volta. Questa volta, però, il capogruppo ha perso potere. E non poco. Non soltanto per la perdita della gestione del Mattinale, quel foglio parlamentare che per gli insorti era diventato l’organo di propaganda dell’ex ministro. E ora tornato nelle mani del Cav. Ma perché l’impressione, al di là delle smentite, è che Berlusconi non si sia speso troppo per salvarlo: ha inviato un comunicato per ribadire la fiducia e la stima prima dell’assemblea-sfogatoio di Fi, ma a Montecitorio non si è fatto vedere. È rimasto a guardare, da Arcore. Tanto che nel gruppo azzurro non pochi sono convinti che sia proprio il Cav il regista nascosto dietro l’assalto a Brunetta: «Vito si muove senza che il presidente sappia nulla? La vedo dura…». Al di là del ruolo dell’ex premier, quel che è certo è che l’ex ministro di farsi da parte non ne ha alcuna intenzione: «Non avranno la mia testa», ha avvertito i malpancisti, intervistato da Mattia Feltri su La Stampa.

BRUNETTA FORZA ITALIA AMMUTINAMENTO

BRUNETTA SI DIFENDE: «NON AVRANNO LA MIA TESTA». E PROVOCA…-

Brunetta non crede – o almeno lo rivendica pubblicamente – che dietro la fronda ci sia l’ombra del presidente Berlusconi: «Gli insorti davvero pensano che sia dallo loro parte? Per me Berlusconi ha parlato con un comunicato in cui mi ribadisce stima e fiducia. L’ho sentito? Ieri sì, oggi non c’era bisogno», ha continuato il capogruppo al quotidiano piemontese. E se i dissidenti, seppur non riusciti nel tentativo di sovvertire le gerarchie, sono convinti che il processo sia soltanto «al primo passo», Brunetta ha replicato di non temere spallate: «Sfiducia? Impossibile. Lo statuto non prevede voti di sfiducia del capogruppo. Ma se chiedono più democrazia. da vecchio liberale non posso che essere con loro». Con tanto di provocazione, per contrattaccare:

«Stabiliamo che non c’è più l’acclamazione e che il capogruppo si vota. Anche al Senato. Si vota su tutto. Tutto. Commissioni, incarichi di partito, candidature a sindaco, a governatori di regione..», spiega Brunetta a La Stampa

BRUNETTA PROVOCA: «VOGLIONO VOTARE? STABILIAMOLO. MA SU TUTTO, PER OGNI INCARICO DI PARTITO…» –

Tradotto, se salta lui, devono saltare tutti. Compreso il collega Paolo Romani al Senato. Lì, a Palazzo Madama, dove qualche malumore c’è, ma la situazione sembra molto meno tesa: «Romani ha un carattere diverso, non è vulcanico come Brunetta. Ha una gestione differente del gruppo. E diversa è la stessa visione sul futuro del partito..», spiegano auterevoli fonti azzurre da Montecitorio a Giornalettismo. Basta pensare alla contrarietà di Romani per la scelta del Cav di essere presente nel palco di Bologna, accanto a Salvini e Meloni. Un evento che si è trasformato in un flop per il presidente azzurro, terminato tra i fischi dei giovani padani (e non solo).

Quel che è certo è Forza Italia è ancora una polveriera. E che dopo l’assalto di Vito e degli altri frondisti rimasti nell’ombra, ora Brunetta intenda passare al contrattacco. Cambiare le regole è possibile, ma deve valere per tutti. è l’avvertimento. Diretto ad Arcore. Tanto basterebbe, temono dentro Fi, per far deflagrare quel che resta del partito.

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