Papa Francesco dall’Africa: «Il preservativo contro l’Aids? Sì, è uno dei metodi»

È una frase sepolta alla fine dell’intervista che Papa Francesco ha rilasciato ai giornalisti sull’aereo che lo riporta in Italia dall’Africa, e che potrebbe segnare una delle più concrete aperture della Chiesa sulla morale sessuale: nei paesi africani visitati dal Pontefice tormentati dall’Aids può diventare lecito, stando ai dettami della cattolicità, l’uso del preservativo? Il Pontefice si tiene largo. Ma non dice di no, anzi.

PAPA FRANCESCO DALL’AFRICA: “IL PRESERVATIVO CONTRO L’AIDS? E’ UNO DEI METODI. NON E’ IL PROBLEMA”.

Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera riporta le parole di Jose Mario Bergoglio.

L’Aids colpisce in Africa. Non è tempo per la Chiesa di permettere l’uso dei preservativi?
“La domanda mi sembra troppo piccola e parziale. Sì, è uno dei metodi. La morale della Chiesa penso si trovi davanti a una perplessità: il quinto o il sesto comandamento? Difendere la vita o il rapporto sessuale aperto alla vita? Ma questo non è Il problema più grande. Mi fa pensare alla domanda che rivolsero a Gesù: è lecito guarire il sabato? Non parliamo se si può usare questo o quel cerotto per una piccola ferita. La grande ferita è l’ingiustizia sociale, lo sfruttamento dell’ambiente, la malnutrizione, il lavoro schiavo, la mancanza d’acqua potabile, il traffico d’anni.. A me non piace scendere a riflessioni così casistiche. Le guerre sono il motivo di mortalità più grande. Non pensare se è lecito o no guarire il sabato. Io dirò all’umanità: fare giustizia. E quando tutti siano guariti, quando non ci sia ingiustizia, possiamo parlare del sabato”

L’intervista si apre con i guai vaticani, con il Vatileaks, su cui, dice Papa Francesco, non c’è preoccupazione: “Non mi ha tolto il sonno”, dice il Pontefice, che poi ammette: “Su Francesca Chaouqui abbiamo sbagliato”.

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Tuttavia, dice il Pontefice, il caso Vatileaks è utile perché sta facendo emergere quanto di buono sta accadendo in Vaticano sulla corruzione: lavoro che è stato iniziato da Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, che sarebbe stato eletto papa proprio per il suo impegno in questo senso.

Santità, si parla di Vatileaks. Com’è stata possibile la nomina di Vallejo Balda e Francesca Chaouqui nella commissione? Crede di aver fatto un errore?
«È stato fatto un errore. Monsignor Balda è entrato per la carica che aveva di segretario della prefettura per gli affari economici. Non sono sicuro di come sia entrata lei, ma credo di non sbagliare dicendo che è stato lui a presentarla. Finito il lavoro, i membri di quella commissione sono rimasti in alcuni posti, in Vaticano, anche Balda. La signora Chaouqui non è rimasta in Vaticano. Alcuni dicono che si è arrabbiata per questo. I giudici ci diranno la verità sulle loro intenzioni. Per me non è stata una sorpresa, non mi ha tolto il sonno, perché hanno fatto vedere il lavoro che si è cominciato con la commissione dei cardinali “C9”: cercare la corruzione, le cose che non vanno. Voglio dire una cosa, non su Baldo e Chaouqui: tredici giorni prima della morte di San Giovanni Paolo II, nella via Crucis, l’allora cardinale Ratzinger ha parlato della sporcizia nella Chiesa. Lo ha denunciato per primo. Nella messa pro eligendo pontifice ha parlato della stessa cosa, e noi lo abbiamo eletto Papa per questa libertà di dire le cose. Da quel tempo è nell’aria che in Vaticano c’è corruzione. Sul processo non ho letto le accuse concrete, avrei voluto finisse prima dell’Anno della Misericordia, ma credo non si potrà: vorrei che gli avvocati abbiano tempo, che ci sia libertà di difesa. Ma la corruzione viene da lontano».

Imputati in Vaticano, sono però due giornalisti, Gianluigi Nuzzi ed Emanuele Fittipaldi.

Quale è l’importanza della stampa libera e laica nello sradicamento di questa corruzione?
«La stampa libera — laica e anche confessionale — deve essere professionale. L’importante è che le notizie non vengano manipolate. La denuncia di ingiustizie e corruzione è un bel lavoro, la stampa professionale deve dire tutto. Ma senza cadere in tre peccati: la disinformazione, dire metà verità e non l’altra; la calunnia, quando si sporca l’altro; e la diffamazione, dire cose che tolgono la fama di una persona. Sulla corruzione vedere bene i dati e dirli. Poi un professionista vero, se sbaglia, chiede scusa».

Intanto a Parigi si apre la conferenza sul clima.

Comincia la Conferenza sul clima di Parigi…
«Adesso o mai più. La prima credo sia stata a Tokio, no? Fino ad ora hanno fatto poca cosa, e ogni anno i problemi sono più gravi. Siamo al limite del suicidio. Io sono sicuro che quasi la totalità di quelli che sono a Parigi ne hanno coscienza e vogliono fare qualcosa. Mi auguro che sia così, prego per questo».
E andato nello slum di Kangemi. Come porre Cine alle ingiustizie?
«Non ricordo le statistiche, ma mi pare che l’8o per cento della ricchezza del mondo sia nelle mani del 17 per cento della popolazione. È un sistema economico dove al centro c’è il dio denaro. A Kangemi ho provato un grande dolore. A Bangui, nell’unico ospedale pediatrico, in terapia intensiva non hanno strumenti. C’erano tanti bambini malnutriti, tanti. La dottoressa mi ha detto: la maggioranza morirà. Se l’umanità non cambia, continueranno miserie, guerre, bambini che muoiono di fame. Cosa pensa chi ha in mano l’8o per cento della ricchezza? E questo non è comunismo, è verità»

E la conferenza sul clima si apre nella capitale francese ancora ferita dal terrorismo islamico.

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Per il Pontefice, la soluzione è il dialogo, senza dimenticare le responsabilità della storia cattolica: Francesco chiede scusa per le guerre di religione.

II fondamentalismo minaccia il pianeta, come a Parigi. I leader religiosi devono intervenire in campo politico?
«Se vuol dire fare politica, no. Ma si fa una politica indiretta con la predica dei valori veri. Uno dei più grandi è la fratellanza tra noi: siamo tutti figli di Dio. Si deve fare una politica di riconciliazione. Il fondamentalismo è una malattia che c’è in tutte le religioni e religioso non è, perché manca Dio: è idolatrico. Noi cattolici ne abbiamo tanti, di fondamentalisti, che fanno male. Con i musulmani si può dialogare, hanno tanti valori. Non si può cancellare una religione perché ci sono alcuni o molti gruppi che in un certo momento della storia sono fondamentalisti. È vero, le guerre tra religioni ci sono sempre state. Anche noi dobbiamo chiedere perdono. Caterina de’ Medici non era una santa. La Guerra dei Trent’anni, la notte di San Bartolomeo… Quante guerre, non solo di religione, abbiamo fatto noi cristiani?».

Foto: Getty Images

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