Bombardamenti Siria, Matteo Renzi tira dritto: “Niente raid italiani”

La linea di Matteo Renzi sui bombardamenti in Siria non cambia: nemmeno un tornado decolla dall’Italia senza che sia chiara la strategia per il Vicino Oriente. In Italia, fra nemmeno due settimane aprirà il Giubileo della Misericordia, e, sopratutto, a livello geopolitico e internazionale, l’Italia sta insistendo sul rischio di ripetere gli errori del recente pasticcio libico: niente raid dai nostri militari prima di aver chiarito il quadro, nessuna delega in bianco.

BOMBARDAMENTI SIRIA, MATTEO RENZI TIRA DRITTO: “NIENTE RAID ITALIANI”

Il Messaggero spiega le riflessioni dalle parti di Palazzo Chigi.

Le parole d’ordine del presidente del Consiglio restano quelle scandite una settimana fa ad Antalya, durante il vertice del G20: «Questo è il momento delle determinazione, ma anche della saggezza e del buonsenso. Il terrorismo va sconfitto con equilibrio e senza isteria. Soprattutto serve una strategia per evitare di commettere gli stessi gravi errori che sono stati fatti in Libia». Quella di Renzi è una posizione così radicata che perfino domenica scorsa, durante la cena dei leader e nelle ore in cui i jet francesi avevano cominciato a bombardare la “capitale” jihadista di Raqqa, ha messo a verbale: «La risposta della comunità internazionale deve essere frutto di una strategia, non semplicemente di una reazione. La reazione ha già prodotto disastri in passato». Chiara, appunto, l’allusione a ciò che è successo in Libia dove, dopo aver defenestrato Gheddafi a colpi di raid, i Paesi occidentali hanno lasciato lo stato africano in balia di milizie e tribù in guerra tra loro, permettendo l’avanzata dell’Isis in quei territori. «A poche centinaia di chilometri dalle coste italiane», non si stancano di ripetere a palazzo Chigi.

La posizione italiana può contare su efficaci alleati nella comunità internazionale, e sullo scenario diplomatico il nostro paese sta agendo in coordinamento con i partner all’interno di percorsi importanti.

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Ora la parola d’ordine è definire il ruolo e il coinvolgimento della Russia e di Vladimir Putin.

Renzi non rinuncia alla linea no-war, condivisa da Angela Merkel, anche dopo che le Nazioni Unite hanno dato legittimità internazionale a qualsiasi tipo di intervento militare anti-Isis. E nonostante che ampi settori della Difesa spingano da mesi per un maggiore coinvolgimento. Questo perché il premier, sostenuto dai sondaggi che fotografano un Paese contrario alla guerra, è determinato a mantenere un basso profilo militare nella speranza di non calamitare attacchi terroristici in vista del Giubileo. Ciò detto, Renzi non resta alla finestra. E’ sempre di una settimana fa la notizia che l’Italia, dopo anni di latitanza, è entrata in un nuovo format internazionale: il ”Quint”, di cui fanno parte Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania, nato proprio per fronteggiare la minaccia del Califfato. In più da mesi Renzi si batte per un maggior coinvolgimento della Russia: «Una coalizione internazionale in Siria e in Iraq non ha senso senza il sostegno e la collaborazione di Mosca».

Il Cremlino è uno snodo essenziale per affrontare uno degli scogli principali, necessari a risolvere il pasticcio siriano: il destino di Bashar Al Assad. Che per quasi tutti gli attori in campo è ormai più che altro un peso morto.

Obama e Putin ad Antalya hanno condiviso che «l’imperativo è risolvere la crisi siriana». E lo zar di Mosca da quel momento ha cominciato a sostenere i raid francesi, annunciando anche l’invio di una squadra navale, ricevendo la benedizione di Washington. Ma la partita, quella vera, si gioca lungo la road map indicata a Vienna dieci giorni fa: l’inizio delle trattative tra Bashar al Assad e le milizie ribelli dopo anni di guerra civile. Obiettivo: un governo di unità entro giugno e libere elezioni in 18 mesi. Il destino di Assad, inviso a Usa e Francia, sembra infatti segnato. La Russia e perfino l’Iran sembrano aver deciso di scaricare il dittatore.

Foto: Getty Images

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