La strana storia del terrorista arrivato davvero con un barcone

La storia di Ben Nasr Mehdi non è niente di eccezionale, ma lo diventa considerando il tipo di visibilità che ha ricevuto dai media e l’attenzione che ha suscitato nei politici, anche tra quelli che a lungo hanno fatto campagna contro gli immigrati annunciando che tra di loro si sarebbero nascosti i feroci terroristi che ci vogliono uccidere e conquistare.

Ben Nasr Mehdi si può considerare un terrorista a tutti gli effetti, almeno per la legge italiana. 38 anni, arrestato nel 2008 è stato ritenuto capo di una cellula terroristica vicina allo Stato islamico, processato e condannato a sette anni di reclusione, che ha finito di scontare lo scorso anno. «Secondo la nostra intelligence» è un elemento pericoloso perché esperto di esplosivi, anche se non gliene hanno trovati, e punto di riferimento nell’organizzazione dei viaggi delle reclute jihadiste verso Siria, Iraq e Afghanistan.

Dopo la fine della pena e la scarcerazione, Mehdi è stato spedito in Tunisia, ma poi il 4 ottobre scorso è riapparso a Lampedusa, sbarcato da un barcone, dove ha cercato di spacciarsi per un tale Mohamed Ben Sar, diretto in Nord Europa per raggiungere dei parenti. Al controllo dell’Afis, il sistema automatizzato di identificazione delle impronte, la verità è emersa facilmente e Mehdi, «con eccezionali misure di sicurezza», è stato rimpatriato e affidato alle autorità di polizia tunisine.

Una discreta dimostrazione d’efficienza, ma tutto si è svolto in gran segreto e nessuno ha rivendicato il successo nella lotta al terrore, posto che dopo 7 anni di carcere Mehdi sia rimasto sulla breccia. E nessuno ha neppure cavalcato l’evento per tornare a suonare la grancassa sul pericolo dell’invasione terrorista sui barconi. Si può forse ipotizzare che Salvini e compagnia non siano attentissimi, ma è evidente che se la notizia è trapelata solo un mese dopo e in seguito non è stata ripresa né discussa negli editoriali e nei talk show, che di solito s’infiammano per molto meno, ci dev’essere stato il contributo cosciente di parecchi pompieri che hanno operato perché la notizia non assumesse grande rilevanza. La notizia è reperibile online solo sulle pagine di Repubblica e dalla Gazzetta di Reggio, città dove Mehdi risiedeva prima dell’arresto.

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Mehdi non rappresenta un pericolo, in quanto notissimo e forse sopravvalutato, ma la sua traiettoria di vita lo ha portato a dimostrare che qualche terrorista, in effetti, può arrivare anche con i barconi, anche se un caso su centinaia di migliaia di transiti è più l’eccezione che conferma la regola, di una sua efficace smentita. La possibilità teorica di transiti del genere infatti non è mai stata negata da nessuno ed è ovvio che il pericolo da temere sia quello dell’apertura di un’improbabile canale per i terroristi, piuttosto che l’episodico transito di qualche disperato. Eppure la sua storia, oro per certa propaganda, è stata sopita in maniera efficacissima e non è stata ripresa nemmeno da chi, per dimostrare la tesi, era giunto a puntare malamente il dito su diversi oppositori che hanno combattuto Assad e poi sono scappati in Europa. Doveva servire a «dimostrare» che con i profughi arrivano i terroristi e che quindi bisogna fermare i profughi, ma quando il terrorista è arrivato davvero, non se l’è filato nessuno.

 

 

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