Spending review, Giarda: «Ecco perché fallisce»

Spending review:

gli ultimi governi l’anno spesso sbandierata per recuperare risorse preziose. Ma i diversi commissari alla revisione della spesa, da Enrico Bondi, a Carlo Cottarelli fino all’ultimo dimissionario Roberto Perotti, hanno mollato. Nessun progetto è arrivato al traguardo, ha ricordato il Corriere della Sera, intervistando Pietro Giarda, economista, ex sottosegretario ed ex ministro, ed attualmente presidente del Consiglio di sorveglianza della Popolare di Milano.

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GIARDA: «SPENDING REVIEW: ECCO PERCHÈ FALLISCE» –

Per Giarda, però, non è vero che il nostro Paese sia poco incline ai controlli sulla spesa pubblica:

«Il nostro Paese ha dimostrato che la spesa pubblica si può controllare. Lo hanno fatto nel corso degli anni, con varie misure, un po’ tutti i governi. Ma si tratta di un azione che risponde ad un principio macroeconomico. I tagli, spesso lineari, e sovente anche rozzi, sono finalizzati a trovare risorse per ridurre le tasse o il deficit. Nel linguaggio comune la spending review viene associata a tale azione, viene considerata un’alternativa alle indicazioni della manovra finanziaria. Ma non è così»

Se l’operazione spending review non decolla, secondo Giarda, è perché si fa confusione sul significato e la portata dei progetti di revisione della spesa. «Non può rappresentare un elenco di tagli possibili, e neanche un intervento di riequilibrio tributario». Si legge sul Corsera:

«Cosa è allora?»

«È una cosa diversa, è un progetto di ampio respiro che richiede tempo per essere realizzato e che può assicurare al suo completamento un grande vantaggio economico. Se si pensa per esempio ai servizi pubblici l’azione di revisione della spesa serve a verificare se i bisogni che li hanno originati siano rimasti gli stessi o siano cambiati. E serve a valutare se sia possibile renderli più efficienti utilizzando le migliori tecnologie. È insomma una forma di riesame delle attività dello Stato per adeguarle nei volumi, nei modi di produzione e nei prezzi per gli utenti. Non sono, o non dovrebbero essere, i bisogni finanziari a guidare, per lo meno nel breve periodo, la spending review . Che non può essere associata ai tagli, né alla revisione delle agevolazioni fiscali che riguardano la giustizia e il modo di fare politica tributaria. Inoltre, per essere realizzata potrebbe anche richiedere nell’immediato investimenti e quindi maggiori spese».

Se ne potrebbe fare a meno allora, se non serve a individuare risparmi di spesa. Non crede?
«Penso che un piano di spending review crei in chi l’ha definito aspettative nel breve periodo. Ma la realizzazione in tempi rapidi di misure complesse non è sempre possibile. Senza contare che si tratta comunque di proposte tecniche mentre le scelte su questo terreno sono politiche»

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