Matrimoni gay, Deodato: «Mi accusano perché cattolico, ma ho applicato la legge»

«Ritengo che la decisione assunta sia tecnicamente e giuridicamente corretta, senza alcun inquinamento ideologico. Le accuse che mi sono state indirizzate sono tutte riferite a un mio presunto pregiudizio ideologico, ma non al merito della decisione, che invito tutti a leggere con animo sereno e distaccato». A parlare è Carlo Deodato, il giudice del Consiglio di Stato relatore della sentenza, arrivata ieri, che boccia le trascrizioni operate dai sindaci italiani, dei matrimoni gay contratti all’estero.

LEGGI ANCHE: Matrimoni gay, i giudici ai sindaci: «Le trascrizioni sono illegittime»

 

«SENTENZA GIURIDICAMENTE CORRETTA» –

Subito dopo la sentenza Deodato è finito al centro della polemica, sollevata dalle associazioni LGBT, a causa di alcuni post sui profili social del giudice che sostenevano la resistenza alla legalizzazione delle unioni e delle adozioni gay, anche da parte di movimenti come quello delle Sentinelle in piedi. Oggi arriva la replica di Carlo Deodato, con un’intervista a Liana Milella per Repubblica:

Se l’aspettava una bufera come quella di oggi? «No, perché ritengo che la decisione assunta sia tecnicamente e giuridicamente corretta, senza alcun inquinamento ideologico. Le accuse che mi sono state indirizzate sono tutte riferite a un mio presunto pregiudizio ideologico, ma non al merito della decisione, che invito tutti a leggere con animo sereno e distaccato». Che cosa ha provato quando ha visto uscire sui siti web la notizia che, da cattolico, aveva scritto questa sentenza? «Sono rimasto molto sorpreso in quanto su questo punto il Consiglio di Stato si è limitato a confermare quanto aveva già stabilito il Tar del Lazio, nei confronti del quale non mi ricordo che siano state formulate le medesime critiche…». […] Com’è possibile che un giudice, quando valuta un fatto, possa tenere del tutto fuori le sue convinzioni, l’essere cattolico nel suo caso? «È molto più semplice di quello che si pensi. Basta limitarsi a identificare la norma di legge che disciplina la fattispecie in questione e provvedere alla sua rigorosa applicazione. Con questo modus procedendi non esiste il rischio che le convinzioni personali possano inquinare la correttezza del giudizio. Aggiungo che le decisioni del Consiglio di Stato sono assunte da un collegio di 5 magistrati, in modo da limitare al massimo il rischio che eventuali condizionamenti personali possano inficiare la correttezza della decisione».

«RISCRIVEREI QUELLA SENTENZA COSÌ» –

E, riguardo ai post condivisi su Twitter e Facebook, Deodato replica che non si tratta di tratta di sue dichiarazioni, ma di «sporadici interventi di condivisione di altri messaggi che, ripeto, non hanno in alcun modo influenzato il mio giudizio». Alla domanda della giornalista che gli chiede se riscriverebbe quella sentenza il giudice replica:

«Mi sta chiedendo se sono disposto a cambiare idea per il solo fatto che la sentenza non è piaciuta ad alcune persone? Allora sì che non sarei un buon giudice. La riscriverei esattamente così. Mi resta però una profonda amarezza per gli attacchi personali molto violenti che non penso di meritare, ma mi auguro che questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale e soprattutto a chiarire che la soluzione alla questione della disciplina delle unioni omosessuali non deve essere chiesta al giudice, ma alla politica».

(Photocredit copertina: Bill Pugliano/Getty Images)

Share this article