Censura: si comincia? Idioti all’assalto di Internet, o scherzo?

20/02/2009 di Dario Ferri

DOLCETTO O SCHERZETTO? – Almeno questo dimostra una cosa: che era vero che la legge voluta dal senatore Gianpiero D’Alia non era necessaria, visto che gli strumenti per effettuare operazioni di questo tipo – almeno per quel che riguarda un reato orrendo come la pedopornografia – ci sono già nella legislazione italiana. Ma qualche dubbio viene. La legge 38/2006 dice: “Art. 14-quater. – (Utilizzo di strumenti tecnici per impedire l’accesso ai siti che diffondono materiale pedopornografico) – 1. I fornitori di connettività alla rete INTERNET, al fine di impedire l’accesso ai siti segnalati dal Centro, sono obbligati ad utilizzare gli strumenti di filtraggio e le relative soluzioni tecnologiche conformi ai requisiti individuati con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie e sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei fornitori di connettività della rete INTERNET. Con il medesimo decreto viene altresì indicato il termine entro il quale i fornitori di connettività alla rete INTERNET devono dotarsi degli strumenti di filtraggio”. E’ evidente che si parla d’altro rispetto al sequestro d’un intero server. Anche il “comunicato” a cui si accede reca con sé qualcosa di strano: intanto, reca i link al Ministero dell’Interno, alla Polizia di Stato ed alla PolCom. Una cosa un pochino troppo raffinata per il ministero. Poi, di solito la Postale opera diversamente, anche se in questo caso non poteva visto che i server non risiedono su territorio italiano. Il richiamo al C.i.r.c.a.m.p., poi, appare del tutto arbitrario visto che l’istituzione non è citata all’interno della legge. In ultimo, non risulta che la polizia – e gli enti in genere – utilizzino i punti esclamativi (due, per giunta), all’interno dei comunicati ufficiali, e siano soliti anche avvisare i visitatori che il loro IP non verrà registrato. Insomma, qualche elemento per pensare piuttosto a uno scherzetto dimostrativo di un hacker c’è. D’altronde, sul sito dell’Associazione Italiana Internet Provider si scrive: “A quanto pare il decreto Gentiloni istituzionalizza la funzione del Centro quale collettore di segnalazioni e sancisce in capo ai provider l’obbligo di oscurare un sito entro 6 ore dalla segnalazione. Cosa c’è di diverso rispetto a prima? I provider hanno già l’obbligo di rispondere ad un ordine delle autorità. Non solo: anche la Polizia postale ha la possibilità di intervenire nel sequestro di un sito, impedendone l’accesso a chiunque a maggior ragione quando, come nel caso della pedopornografia diffusa tramite le reti telematiche, il sito stesso è una fonte di prova o costituisce il corpo del reato. Il decreto specifica due «livelli di inibizione» ovvero di filtraggio all’accesso ai siti segnalati. Tali siti potranno cioè «essere inibiti al livello minimo di nome a dominio ovvero a livello di indirizzo ip, ove segnalato in via esclusiva»“. Insomma, le procedure potrebbero essere state rispettate alla lettera. Ma qualche sospetto permane. Abbiamo chiesto lumi alla Polizia Postale. Siamo in attesa di una risposta.

EDIT: Alle ore 10,30 ancora nessuna replica da parte della Polizia Postale.

EDIT #2 (12:55): Possiamo escludere l’ipotesi di hacking: abbiamo verificato che il server, 62.211.65.19, appartiene a Telecom Italia ed è lo stesso al quale si viene reindirizzati tentando di accedere ad altri siti bloccati dalla Polizia delle Comunicazioni per azioni di contrasto alla pedofilia in rete. E’ il caso del famoso ibld.net.

(Francesco Laricchia – Just)

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