Sinodo della Famiglia 2015, che troveremo nel documento finale?

Sinodo della Famiglia 2015, cosa troveremo nel documento finale? Quale sarà la posizione dei padri Sinodali nella Relatio Finale che, è stato ricordato oggi in Conferenza Stampa, non viene inviata al mondo, ma a Papa Francesco? Tutti si attendono che il Pontefice autorizzi la pubblicazione immediata della Relatio Finalis, completa di conta dei voti su tutti i singoli passi: ma formalmente, non va dimenticato, il Sinodo è un organo consultivo del Pontefice e solo a lui spetta la parola finale sottoforma di una Esortazione Apostolica, come la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II, pubblicata nel 1981: quella di Papa Francesco potrebbe essere pubblicata durante il 2016, in pieno Giubileo della Misericordia.

SINODO DELLA FAMIGLIA 2015, CHE TROVEREMO NEL DOCUMENTO FINALE?

In conferenza stampa oggi ha parlato, fra gli altri, l’arcivescovo di Bombay Oswald Gracias, parte della commissione di redazione della Relatio Finalis del Sinodo, il gruppo di persone ha ricevuto le centinaia e centinaia di emendamenti proposti dai circoli minori e che sta lavorando per sincronizzarli e lavorarli; la stesura del documento finale spetta poi al Segretariato del Sinodo. Alcune informazioni sono già trapelate: ad esempio, il documento finale in bozza è per ora composto da 100 punti, un ammontare che potrebbe anche ridursi.

Inoltre, ha continuato Gracias, il documento del Sinodo punta a “dare indicazioni generali” e difficilmente entrerà “molto nello specifico” sui punti più controversi.

Insomma, sarà un documento in cui, ad essere chiare, più che le risposte sono le domande, i problemi aperti, le questioni che si pongono alla Chiesa nella modernità.

Queste parole sembrano sciogliere una delle alternative su cui si era concentrata l’attenzione degli addetti ai lavori: il documento del Sinodo porrà le questioni in maniera netta, riaffermando il primato della dottrina cattolica, o lascerà margini d’azione, sarà più sfumato, consentendo a Papa Francesco di appoggiarsi su alcune, pur vaghe, aperture? Tutto sembra condurre in questa seconda direzione, anche se fino a sabato pomeriggio, quando sarà votata la Relatio Finalis, non si può aver certezza.

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Si avvia dunque alla fine il Sinodo “degli avvoltoi”, come l’ha definito Vito Mancuso su Repubblica, un Sinodo caratterizzato da quello che per molti è stato un attacco ad orologeria contro l’agenda pontificale di Mario Bergoglio: prima il caso del sacerdote gay che fa coming out all’inizio del Sinodo, poi il caso della diffusione della lettera di alcuni Padri Sinodali del fronte conservatore riguardo il metodo e il merito del Sinodo, infine la bomba della bufala sullo stato di salute di Papa Francesco, con la notizia in prima pagina sul Quotidiano Nazionale di un presunto, e poi categoricamente smentito progressivamente da tutti i soggetti coinvolti, tumore al cervello di Papa Francesco. Tentativi, secondo molti, di pilotare e influenzare la discussione sinodale, che invece si sarebbe svolta – dicono i Padri – fin dall’inizio in maniera indipendente da quanto accadeva sui giornali, consapevoli di come la pressione fosse altissima.

Il “Sinodo dei media” ha così spesso preso il sopravvento sul “Sinodo dei padri”, che pure non hanno mancato di arrivare quasi allo scontro sui temi più caldi – o meglio, come dice oggi Rino Fisichella sull’Unità, di confrontarsi “in maniera serrata”. Ad esempio, sulla questione ormai al centro del dibattito da un anno fra le mura vaticane: quali scelte, quali indicazioni per i divorziati risposati ma ancora credenti che hanno il desiderio di non essere trattati come esclusi dalla Chiesa? Su questo il gruppo di lavoro di lingua tedesca, composto sia da Padri protagonisti del fronte dell’apertura, sia da esponenti invece più conservatori, ha votato all’unanimità una relazione che contiene parole di una certa nettezza.

Nel malinteso sforzo di rispettare la dottrina della Chiesa, si è giunti ripetutamente ad atteggiamenti duri e intransigenti nella pastorale, che hanno portato sofferenza alle persone, in particolare alle madri nubili e ai bambini nati fuori dal matrimonio, a persone in situazioni di convivenza prematrimoniale e non matrimoniale, a persone di orientamento omosessuale e a persone divorziate e risposate. Come vescovi della nostra Chiesa chiediamo loro perdono.

Chiedono perdono, dunque, i vescovi tedeschi, per i toni forti e per le pastorali basate su espressioni come “valori non negoziabili”; sulle soluzioni, viene proposto un puntuale riferimento a Giovanni Paolo II, “chiamato in aiuto”, come ha scritto stamattina Matteo Matzuzzi sul Foglio, tramite un passo della Familiaris Consortio.

Per esempio, i divorziati risposati dovrebbero domandarsi come si sono comportati con i loro figli quando la comunione matrimoniale è andata in crisi. Si è tentata la riconciliazione? Qual è la situazione del partner abbandonato? Quali sono gli effetti del nuovo rapporto sulla famiglia più estesa e sulla comunità dei fedeli? Qual è l’esempio dato ai più giovani che devono decidere per il matrimonio? Una riflessione sincera può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio, che non viene negata a nessuno che porti dinanzi a lui i propri fallimenti e i propri bisogni.

“Soluzione caso per caso”, insomma, è ciò che la Relatio Finale potrebbe auspicare o comunque (già sarebbe un segnale) non escludere, sulla base di un approfondimento pastorale condotto con il Vescovo o con un suo delegato, nel “foro interno” del fedele; proprio questo è uno dei termini chiave che guideranno l’approfondimento su questo tema, tanto che la Sala Stampa Vaticana ieri ha diffuso un testo di interpretazione ufficiale delle parole del circolo germanico.

Il foro interno è il foro della coscienza. La cura pastorale è esercitata in maniera confidenziale, non pubblicamente, esplicitamente solo nel sacramento della riconciliazione. (…) Questo è il luogo della salvezza delle anime, la Chiesa esercita la sua autorità considerando le coscienze degli individui.

In questo luogo, potrebbe concedere il Sinodo, una valutazione sullo stato di una seconda unione potrebbe non essere preclusa.

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Sarà parimenti interessante osservare quanta “corda” sarà lasciata alle conferenze episcopali delle Chiese particolari su alcuni temi specifici. Su questo, ad essere chiarissimo, è stato Papa Francesco in persona.

In una Chiesa sinodale non è opportuno che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare “decentralizzazione”

A questo proposito si può portare un esempio importante: il Cardinale Wilfried Fox Napier, sudafricano, parte del fronte conservatore e firmatario della lettera dei tredici cardinali inviata al Papa e rivelata da Sandro Magister, ha affermato di tornare a casa “sollevato dal clima del Sinodo”; questo perché “differentemente” dal Sinodo dell’anno scorso, “influenze di un certo tipo” sarebbero state respinte. E nondimeno una delle preoccupazioni più forti dei vescovi africani potrebbe essere attenuata proprio dalla previsione di un maggior coinvolgimento delle Conferenze Episcopali locali: quella del cosiddetto “matrimonio a tappe”, una pratica abbastanza comune nell’Africa profonda in cui l’unione viene “sostanzialmente negoziata” dalle famiglie e “ad un certo punto” i futuri sposi convivono, senza essere per questo ancora sposati. “Risparmiare per la dote può richiedere molto tempo, e nel frattempo le famiglie possono acconsentire ad una convivenza”, ha detto Napier,  che però è “totalmente diversa dal concetto occidentale” visto che è preordinata al matrimonio.

Credo che sia una di quelle cose su cui una decisione del Sinodo sia inutile. Devono essere i vescovi africani a lavorarci e a far sì che questo particolare costume venga incorporato nel sacramento del matrimonio.

Come si diceva, dunque, “decentralizzazione” e maggior ruolo alle conferenze locali: anche questo sarà uno dei punti da tenere d’occhio nel documento finale. Ci si aspetta, invece, ben poco spazio per il problema degli omosessuali: la questione, per ora, è stata archiviata, alcuni circoli “non ne hanno nemmeno discusso” e chi l’ha fatto si è concentrato sull’accompagnamento pastorale delle famiglie in cui ci sono “persone con tendenza omosessuale” o ha comunque scelto di ribadire la dottrina classica della cattolicità: nessuna condanna alle persone, comportamenti inammissibili. Tutto starà nella scelta delle parole, nel lessico, che consentirà – o meno – al Papa di potersi muovere liberamente componendo l’esortazione apostolica senza per questo essere costretto a mettersi di traverso rispetto al corpo della Chiesa Universale.

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