Il nano della Stazione Termini

Cronaca nera oggi vi racconta la storia di un tipo singolare, un piccolo uomo di professione imbalsamatore. E di una strana relazione a tre fatta di lusinghe, di doni, di ricatti, di litigi, di dipendenza, di sesso, di affetto, di ricatti di odio, che si conclude con un foulard stretto attorno al collo del “nano della stazione termini”

Guardami. Guardami quanto ti pare. Sono qui. Vieni. Sono tuo. Stasera sarò tuo. Mi vuoi per una notte sola? Lo so, lo so. Sono anni che vengo qui, in questa piazza, in questa città. Nello stesso posto dove il Poeta adescò il suo assassino. Ma io non ho paura. Di te, poi, neanche a parlarne. Ancora mi guardi? Cosa aspetti? Vieni. Tanto domani non ci sarò più. Domani potrai andare dai tuoi amici e dirglielo: “Ieri mi sono fatto un nano, sarà stato alto un metro e quaranta!“. Un metro e trenta, per la precisione. Ma a letto l’altezza non conta. Eccoti finalmente. Sono tuo. Andiamo.

L’IMBALSAMATORE – Az, Oris, Xz, Yv, miei cari amanti siete tutti uguali. Tutti in cerca di un’avventura esotica, ma va bene così. Non c’è differenza fra voi e questi animali. Anche voi siete morti, solo che non lo sapete. Per me siete uguali. Anche a voi vi apro, vi scavo nel profondo, vi svuoto le viscere e poi vi metto lì, imbalsamati, in bella mostra sopra il mio studio. Anche per me non siete nient’altro che trofei. Non che non vi amo. Vi amo, ma come amo loro: i miei tassi, le mie volpi, i miei orsetti lavatori, i miei cani. Per loro il destino è stato meno crudele. Ha concesso di farli rivivere un’altra volta. Immortalati nelle scene di un film, resteranno per sempre incisi nella storia. Lui per esempio, questo mio piccolo capolavoro, fra un po’ andrà a “recitare” in un grande film. E voi? Voi non siete vivi neanche adesso. Scappate dalle vostre paure, nascondete il vostro essere, disprezzate la vostra sessualità. Non siete degni neanche di stare sopra il mio scaffale. Non siete degni di niente. Non potete amarmi perché sono così, ma non  vi preoccupate. Neanche io amo voi. Esiste solo Armando per me. Sì, neanche lui mi ama. Pensa a Sabrina lui. Ma non c’è problema, col tempo capirà, col tempo imparerà ad amarmi. Non serve mandarla via. Anzi, mi fa comodo averla qui. Così sono sicuro che resterà con me. Armando. Armando. Perché proprio lei? Glielo dovrò dire di stare attento. Nessuno può amarlo come lo amo io.

TU SEI MIO! – Perché fai così amore mio?! Perché continui ad andare appresso a lei?! Solo io ti amo. Solo io. E ti ho dato tutto. Sei venuto qui dopo l’annuncio messo su Porta Portese e come ti ho visto mi sono perso in te. Cercavo un aiutante e ho trovato l’amore. Non ti ho fatto mancare niente. Ti ho fatto un contratto in regola, cosa che non avevo fatto a nessuno prima. Ti ho comprato la moto. La stessa che voleva il Sorcio. Per tre anni me l’aveva chiesta. Per tre lunghissimi anni. E niente. A te l’ho comprata subito invece. Ti ho stipulato anche una polizza sulla vita. Ti ho portato a Ostuni dalla mia famiglia. Siamo andati insieme a migliaia di festini. Cocaina, droga, alcool: non ti ho mai fatto mancare niente. Certo, era un modo per tenerti vicino a me. Ma niente ti è mancato. E mai ti mancherà. Perché ora vuoi andare con lei? Lei non ti amerà mai come potrò farlo io. Ora ci mancava anche questa storia del bambino. Lo capisci Armando che è tutto finto, che lei non ti ama? Io non permetterò mai che questo avvenga. Mai. Vorrei scuoiarla viva con le mie mani. Aprirla come faccio con i miei animali. Chissà che faccia faresti ad arrivare nel mio studio e vederla così, imbalsamata e affissa alle pareti.

LA LETTERA Diffida dei paroloni, e del ricatto che c’è di mezzo una bambina. Se la vuoi aiutare lo puoi fare dall’esterno, senza fare lo schiavo nelle mani della maga “Circe”. Per tutto il male che mi hai arrecato non pensi che potrei anche vendicarmi, ho coraggio per farlo, ma non sono come te traditore. Io ti perdono e ti lascio con tutti questi problemi che ti sei creato e che ancora non sono finiti. Io ero il tuo talismano e come l’hai abbandonato ti sei trovato nella merda e nello sconforto più profondo. Vedi com’è amaro il calice della vita! E questo è niente perché è chiaro… non sono in grado di scrivere perché un pianto mi ha preso e non vedo più chiaro. Sono passate circa due ore e ritorno a scrivere la mia rabbia della sconfitta che è amara e crudele. Tu mi dirai cosa vuoi da me? Mi vergogno ma te lo dico. Rivederti in tutta la tua bellezza come prima, pulito, ben vestito, con la moto, con la macchina, con le carte di credito, socio negli affari, e andare libero con tutti i tuoi amici a divertirti per altri dieci anni prima di fermarti. Laurearti  comandare da una poltrona, incassare i soldi dall’assicurazione, comprarti un appartamento. E la notte a qualunque ora aspettarti per farmi raccontare le tue gioie, e vederti andare al frigorifero prendere da bere le cose da te preferite. E non farlo sapere a nessuno. Vederti vestito elegante, col gusto che tu solo hai e usare i profumi di cui sei un buon apprezzatore. Cosa chiedo in cambio. L’impossibile penso di no a mio avviso. Addio o arrivederci piccolo sirenetto, sta a te qual saluto scegliere. S.D.

26 APRILE 1990 – Chissà, magari te la darò un giorno questa lettera. Per adesso rimane qui, nel mio diario, nel mio computer. E non pensare che per te sarà così facile liberarti di me. Sto registrando le tue telefonate. Tutto quello che dici, tutta la tua vita scapestrata è su quei nastri. Fra poco o farai quello che ti dico o manderò tutto alla tua famiglia. Non mi importa della tua bambina. Non m’importa se Samantha dice che a causa mia deve prostituirsi. Tu sei mio. Stanotte dovrai venire con me, a Ostuni. Stanotte, 26 aprile 1990, tu diventerai mio per sempre. È inutile che lei sia venuta qui a fermarti. Tutto è già scritto. Può urlare quanto gli pare. Non ho paura di usare il bisturi che tengo in mano. Non ho paura di niente. Fra poco, Armando, saremo io e te e nessun’altro.  Perché ora fai così? Perché mi prendi. Lasciami mi fai male. Allenta questa presa, il mio collo è fragile. Armando. Armando. Oddio, Armando cosa hai fatto? Hai ucciso me, Domenico Semeraro, l’unica persona che ti abbia mai veramente amato.

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