Senegal, dove l’oro vuole dire violenza

23/01/2012 di Dario Ferri

Nella parte orientale del paese di cercano pepite. Ma abusi e prostituzione restano

La corsa all’oro del Senegal non migliora la vita degli abitanti del paese africano. Da quando, due anni fa, le compagnie minerarie dell’Africa occidentale hanno scoperto un tesoro da 300 tonnellate d’oro nascosta nel suolo senegalese ad 800 km più ad est della capitale Dakar, le piaghe della società non sembrano essersi affatto sanate o incamminatesi verso un netto miglioramento.

LE COMPAGNIE NELLE MINIERE – La miseria resta. La prostituzione pure. Lo Stato non compare. Ne parla la giornalista francese Aurelie Fontaine in un’inchiesta condotta Rue89. Diabougou, un piccolo villaggio di agricoltori scopertosi miniera del metallo prezioso è diventato un luogo affollato, dove l’accesso all’acqua, alla salute, alla giustizia e all’istruzione rimane proibitivo. Si tratta di luoghi improbabili, nascosti nella boscaglia, isolati e distanti ore di viaggio da Kedougou, città principale del Senegal orientale. Si vive anche di briciole della ricchezza altrui a Diabougou, ai confini con il Mali, si campa di scaglie di pepite rilasciate dai potenti mezzi delle ricche compagnie e dalle opere di manutenzione dei motori provenienti da mezzo continente.

ALLA RICERCA DEL METALLO – E’ l’amaro destino della popolazione indigena, disposta a tutto pur di accaparrare un po’ della ricchezza custodita sotto terra. “E’ molto pericoloso ma non abbiamo scelta, dobbiamo fare soldi, anche se la terra può farci del male”, racconta alla giornalista di Rue89 un minorenne impegnato nelle ricerche dell’oro. “Ho imparato il mestiere qui – racconta il giovane – scendo giù con una corda e una torcia elettriia, resto tre, sei ore, dipende”. Si lavora in condizioni disumane per racimolare il più possibile. Uno dei minatori giura di essere riuscito a mettere da parte in nove mesi circa 500mila franci CFA 8760 euro). Un grammo del metallo prezioso viene ceduto per 22mila franchi CFA (circa 34 euro).

LA PROSTITUZIONE – E dove c’è denaro c’è la prostituzione. La zona di Kedougou il tasso di Hiv è molto più alto (1,7%) rispetto al resto del Senegal (0,7%). Si aggira all’1,3% nelle zone interessate alla ricerca dell’oro, dicono le ong. Si vendono per poco le donne. L’equivalente di 1,5 euro per un rapporto. E quel che preoccupa è che la consapevolezza delle malattie trasmissibili, facilitata dalle credenze, è molto scarsa. Gli attivisti presenti in Senegal fanno quello che possono. “Realizziamo campagne pubblicitarie per far capire che l’Aids esiste – ha detto uno di loro -. Ma nelle zone dell’oro si dice che i rapporti sessuali con una donna favoriscano la possibilità di trovare il metallo prezioso”. Lo sfruttamento e l’inganno compiuto dalle organizzazioni criminali ai danni di donne trasferite da altri paesi africani ( in primis la Nigeria) con la promessa di lavoro e condizioni di vita migliori fanno il resto.

LA SICUREZZA FAI DA TE – La presenza dello Stato, poi, è un’utopia. Non ci sono accesso all’acqua, scuole, ospedali o stazioni di polizia. Sono gli abitanti del villaggio ad organizzarsi da sè. Così, un edificio sporco e trascurato diventa sede di vigilantes armati che circolano per garantire sicurezza. Nel quartier generale malandato si stabiliscono 38 Toumboulouman. Circolano con bici e qualche moto e sorvegliano prevalentemente sugli incendi.

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