Roma, la denuncia di Esposito: «Gli uffici se ne strafottono di ciò che chiede la politica»

«A Roma la struttura amministrativa vive di vita propria, non segue le indicazioni, cambia autonomamente il contenuto delle delibere, a volte le scrive male proprio per farle bocciare al Tar…». Sulle pagine del Corriere della Sera a lanciare un’accusa pesante contro la macchina burocratica della Capitale è Stefano Esposito, il senatore dem e ormai ex assessore ai Trasporti, dopo l’epilogo tra i veleni della giunta Marino.

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Stefano Esposito
ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

ROMA, IL SENATORE PD ESPOSITO ATTACCA: «SISTEMA INCANCRENITO NEGLI UFFICI DEL COMUNE» –

Per Esposito, di fatto, in Campidoglio gli uffici non rispondono agli assessori, ma, di fatto, fanno quello che vogliono:

«Gli uffici se ne strafottono di ciò che chiede la politica… quelli viaggiano con stipendi superiori ai centoventi-centosessanta mila euro e fanno solamente finta di farti decidere, è chiaro?». 
Il senatore Pd che giovedì si è dimesso dalla giunta romana è stato per settanta giorni l’assessore ai Trasporti: abituato a un eloquio a volte parecchio colorito, Esposito oggi dice «ciò che non avevo mai reso pubblico». E che, almeno in parte, è raccolto in un faldone «che porterò a Giuseppe Pignatone. Non so se contenga comportamenti penalmente rilevanti ma è bene che tutto sia valutato». E così racconta episodi che sarebbero quasi comici, se non finissero per impattare senza pietà sulla vita dei cittadini. Esposito è cresciuto a Torino: negli ultimi mesi deve aver guardato Roma con occhi poco abituati alla sua luce, alle sue ombre. 

Accusare la macchina amministrativa non è un alibi per la politica? 

«Faccio degli esempi così ci chiariamo, va bene? Cosa ci fa un segnale di inversione a “u” in una strada pedonalizzata? Lo spiego: siamo in via di Porta San Sebastiano, tra Circo Massimo e Appia Antica, una strada importante, con ville di personaggi famosi. Chiedo spiegazioni: i funzionari balbettano, poi dicono che c’è una scuola all’inizio della via e le mamme hanno bisogno di fare inversione per portare i figli. Chissà di quale famiglia sono quei figli? Così mi metto a urlare! E con quale risultato? Le automobili là passano ancora». 

ROMA, ESPOSITO: «UN FUNZIONARIO HA SPIEGATO AL MIO CAPO SEGRETERIA: GLI ASSESSORI PASSANO, NOI RIMANIAMO…» –

L’ex assessore ha rivelato di essersi subito accorto di come la situazione degli uffici fosse piena di ombre:

«Appena insediato ho chiesto agli uffici di scrivere una delibera per vietare ai bus turistici di entrare in centro storico. Percepisco resistenze e cerco un compromesso: rinuncio al divieto totale ma ordino di aumentare notevolmente i prezzi per i pass d’ingresso. Scrivono l’atto con i nuovi prezzi ma inseriscono una serie di deroghe con sconti notevoli praticamente per tutti. Quindi hanno scritte le mie regole e il loro modo per aggirarle… chiaro come funziona? Un funzionario ha spiegato al mio capo segreteria: “Gli assessori passano, noi rimaniamo”».

LA DENUNCIA DI ESPOSITO: «OPACITÀ SPAVENTOSA IN ATAC» –

Esposito ha denunciato anche «un’opacità spaventosa» in Atac:

«Le ferrovie da mesi propongono il biglietto integrato per il Giubileo, per farlo però hanno bisogno di accedere al sistema elettronico di Atac con una chiave numerica, un codice. Non glielo danno, io indago e capisco: Atac gestisce anche Metrebus, un altro biglietto integrato, con Cotral, trasporti regionali, e ferrovie, e per questo dovrebbe redistribuire gli incassi. Ma non lo fa, e deve decine di milioni sia a Cotral sia alle ferrovie. Così ho scritto tre lettere per sollecitare l’invio del codice alle ferrovie per il biglietto del Giubileo: mi hanno risposto che la delega su Atac è di Marino, non mia…», ha continuato. 

Non senza ricordare una serie di provvedimenti del Comune, come quello sulle strisce blu, bocciati dal Tar. «Erano scritti così male che ho pensato: li avranno scritti degli incompetenti. Invece no, professionisti strapagati». Tradotto, per Esposito la situazione è grave: «Questo metodo clientelare e consociativo è radicato da almeno venticinque anni, un sistema incancrenito». 

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