Renzi e la prova della legge di Stabilità. Sfida ai dissidenti e al centrodestra

C’è ancora da approvare la riforma costituzionale, quasi blindata dall’accordo interno al Nazareno. Eppure, tra le polemiche sull’abbraccio di Verdini e gli attacchi di opposizioni e dissidenti, Matteo Renzi guarda già oltre. Verso quella legge di stabilità con la quale dovrà mettere in atto quella rivoluzione fiscale annunciata lo scorso luglio all’assemblea nazionale del partito, con il taglio della tassa sulla prima casa dal 2016. Un provvedimento già contestato dalla minoranza dem. Ma non solo: l’idea è quella di anticipare di un anno il taglio dell’Ires, previsto per il 2017 nel calendario del governo.

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RENZI ALLA PROVA DELLA LEGGE DI STABILITÀ –

Anche se il provvedimento verrà anticipato, nel 2016 la tassa sarà abbassata soltanto di poco, mentre l’obiettivo del 24% resterà fissato per il prossimo anno. Eppure, secondo Palazzo Chigi sarebbe un nuovo segnale dell’interesse del governo verso il mondo delle imprese. Spiega il Corriere della Sera: 

«Faremo una rivoluzione sulle tasse, vedrete», ripete Renzi, lasciando intendere che il suo piano è ben più ambizioso. Eppure è difficile pensare che l’appuntamento elettorale non c’entri niente, ma proprio niente. Anche se il premier dice ai collaboratori che affrontare anticipatamente il taglio dell’Ires rende più credibile agli occhi di Bruxelles il suo programma economico per «far ripartire l’Italia». Un dato, però, è certo. Con questa politica di tagli alle tasse Renzi sta mettendo in difficoltà il centrodestra (che è già in difficoltà di suo) e punta ad attirare l’elettorato di quello schieramento, che, nel frattempo, si sta disperdendo e dividendo. «Voglio vedere — ha commentato in questi giorni con più di un interlocutore — chi avrà il coraggio di votare contro una legge di Stabilità con questi tagli».

 

RENZI E LA SFIDA AL CENTRODESTRA IN PIENA EROSIONE –

Secondo Palazzo Chigi per Silvio Berlusconi sarà dura criticare la cancellazione della tassa della casa, storico cavallo di battaglia del Cav, o il taglio dell’Ires. «L’eliminazione della Tasi? La voteremmo, ma tanto non la farà mai…», aveva attaccato Berlusconi da Atreju a fine settembre. Al contrario, per Renzi le misure sul Fisco non sono in discussione, come sottolinea anche il quotidiano diretto da Luciano Fontana:

«Non è vero che io faccio solo annunci alla Berlusconi, come dice e diceva qualcuno. Semmai è vero che lui faceva promesse e noi facciamo le cose», è il ritornello del presidente del Consiglio in queste ore. C’è però Bruxelles, che attende Renzi al guado. Ma il premier è convinto di aver acquistato un certo credito in Europa i termini di «credibilità» e di poterlo spendere proprio su questa legge di Stabilità.

Anche perché da Palazzo Chigi e dal ministero dell’Economia insistono sulla flessibilità, rivendicando di non voler «toccare i parametri deficit-Pil». E allontanando le accuse di chi parla di manovre propagandistiche e di un «bis dell’operazione 80 euro», in vista anche delle amministrative.

Prima della legge di stabilità, però, per Palazzo Chigi va portata subito a casa la riforma costituzionale, ora all’esame di Palazzo Madama, nel rispetto dei tempi. Entro quel 13 ottobre indicato da Grasso come data del voto finale sul provvedimento. Un rinvio non può essere preso nemmeno in considerazione, per il premier. L’obiettivo? Incassare il ddl Boschi per poter rivendicare il risultato a Bruxelles. E continuare quel piano che porta fino al «taglio di 20 miliardi sull’Irpef nel 2018». Al di là delle resistenze della minoranza dem, già pronta a presentare i suoi emendamenti sulla legge di stabilità.

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