Hasta Charamsa siempre

Krzysztof Charamsa ha il coraggio di un leone, anzi di una leonessa. Non leonessa in quanto gay (sarebbe un’allusione troppo da poveretti), ma in quanto le leonesse sono oggettivamente più coraggiose dei loro compagni maschi. E se non è così chissenefrega, vuol dire che continueremo a dire leone. Il punto è proprio questo, il “chissenefrega, vuol dire che …”.

Charamsa è un grande. Educato nel modo più raffinato possibile (altrimenti non sarebbe teologo), ha utilizzato ciò che sa e la posizione in cui si trova per comunicare, con la semplicità dei giusti (e delle persone davvero colte) quello che pensa circa il celibato dei preti cattolici e l’omofobia del clero, che, aggiunta al maschilismo del clero, in tempi come questi dovrebbe far accapponare i polli e invece no, viene considerata qualcosa di serio.
Charamsa ha dichiarato di essere gay e di avere un compagno alla vigilia dell’inizio del sinodo sula famiglia. Ovviamente l’ha fatto apposta, non ha parlato in un momento di debolezza ma ha deciso di farlo conoscendo bene le conseguenze del suo gesto. Non l’ha fatto per ottenere una facile fama. Insegna, anzi per meglio dire insegnava, all’università pontificia, è segretario, ora ex-segretario, presso la Congregazione per a Dottrina della Fede, in Vaticano. Era in vetta. Chi glielo faceva fare di rovinare tutto confessando la propria omosessualità e dicendo di avere un compagno? Poi ha detto una cosa che sa tutto il mondo, e cioè che ci sono parecchi preti omosessuali, essendo che il mondo dei preti è ad altissima densità di maschi. E quindi? E allora?

E quindi Charamsa ha perso il lavoro e viene criticato da tutti, come un baluba sceso dal pero che ha avuto una crisi isterica. Ma se fosse stato una persona da poco non sarebbe stato scelto da un’istituzione bimillenaria per insegnare a teologia e occuparsi di un campo spinoso come quello della Doctrina Fidei. Davvero qualcuno può credere che l’autore di un testo come “L’immutabilità di Dio. L’insegnamento di San Tommaso d’Aquino nei suoi sviluppi presso i commentatori scolastici” non rifletta su ciò che dice? Charamsa ci ha riflettuto una vita, ha deciso e alla fine ha fatto la sua scelta. Il suo capo, Federico Lombardi (anche lui una testa finissima), quando ha saputo del coming out è diventato verde e l’ha immediatamente liquidato. Non poteva fare altro, ma è abbastanza improbabile che Padre Lombardi sia completamente all’oscuro del concetto di omosessualità e della sua incidenza tra i ranghi del clero. Ora la parola passa a Papa Francesco, che Charamsa ha definito “fantastico”. Il Papa ha mostrato di voler aprire la chiesa rendendola più accogliente. Speriamo.

Tra i molti scritti di Krzysztof Charamsa salta all’occhio uno in particolare, che s’intitola “Percorsi di formazione sacerdotale. Eucaristia e Libertà”. Magari parla di tutt’altro, ma la parola libertà, dopo le recenti dichiarazioni dell’autore, risuona forte.
Resta il fatto che Charamsa non può essere trattato come un prete di campagna qualunque che all’improvviso è uscito di testa e si sente pronto a passare dalla tonaca al musical Priscilla. Lui è uscito da una selezione severa, è la prima scelta di un’enclave di gente molto ben istruita, è la classe dirigente della Chiesa. Questo la Chiesa non lo ignora (anche se in duemila anni ha sviluppato anticorpi grossi come tigri), ecco perché cerca di parlarne il meno possibile. Sarebbe bello se, di fronte ad affermazioni come quelle di Charamsa, la Chiesa dicesse “chissenefrega, vuol dire che …”. Sarebbe davvero ecumenica. Ma soprattutto si può nel 2015 licenziare uno perché ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera?

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