Sinodo della Famiglia 2015: omosessuali e divorziati, nessuna novità

Sinodo della Famiglia 2015, omosessuali e divorziati, nessuna novità dall’inizio dei lavori dell’assise convocata da Papa Francesco. Il cardinale Peter Erdo, cardinale di Budapest e relatore generale ha aperto i lavori dell’assemblea dei vescovi con la lettura della relazione introduttiva, il documento che imposterà i lavori dell’Assemblea sinodale. Poche le sorprese, sopratutto sui temi più spinosi ed eticamente problematici all’attenzione della comunità ecclesiale, della stampa e dell’opinione pubblica fin dal Sinodo straordinario dell’anno scorso: unioni civili, divorziati risposati e unioni omosessuali. La relazione introduttiva ricalca e ampia le varie parti dell’Instrumentum Laboris, che aveva già mostrato il “peso specifico” delle varie questioni all’interno della discussione dell’episcopato. 

SINODO DELLA FAMIGLIA 2015, OMOSESSUALI E DIVORZIATI: NESSUNA NOVITA’

E dire che Peter Erdo fu protagonista, l’anno scorso, del momento di maggior tensione del Sinodo straordinario, quel “terremoto ecclesiale” che era stata la Relatio Post Disceptationem dell’anno scorso in cui si sosteneva che gli omosessuali avessero dei “talenti” da mettere a disposizione della comunità ecclesiale; un documento che aveva fatto saltare i vescovi sulla sedia e che era stato nettamente mutato, poi, nelle conclusioni della relazione finale al Sinodo: per molti, il documento letto da Erdo non era stato scritto dallo stesso cardinale ungherese, se non conservatore, certo nemmeno apertamente progressista. Il documento letto oggi scorre lineare, senza particolari scossoni rispetto al testo dell’Instrumentum Laboris, il documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi. Largo spazio, nella prima parte, alla riflessione sui temi sociali che saranno al centro della prima settimana di discussioni dei vescovi. Ci sono dei problemi, dice Erdo, che stanno gravando sul tessuto delle famiglie.

Si tratta degli effetti dei cambiamenti climatici ed ambientali e di quelli dell’ingiustizia sociale, di violenze, di guerre, che spingono milioni di persone a lasciare la loro terra d’origine e di cercare di sopravvivere in altre parti del mondo. Se guardiamo, per esempio, le migliaia d’immigranti e profughi che arrivano ogni giorno in Europa, vediamo subito che la grande maggioranza è composta da uomini piuttosto giovani, anche se arrivano con loro, a volte, donne e bambini. Già da questo quadro risulta evidente che il movimento migratorio sta disgregando le famiglie o è una difficoltà per la loro formazione. In molte parti del mondo giovani genitori lasciano a casa i loro i figli e cercano lavoro all’estero. In non poche parti del mondo c’è gente che lavora per un salario così basso che appena gli permette di sopravvivere per poter continuare a lavorare, ma che non rende pensabile la creazione di una famiglia. In tale contesto non si può dimenticare che alcune imprese commerciali hanno pure la loro responsabilità in questa situazione.

Ma anche la situazione culturale nelle società più avanzate ha la sua buona quota di responsabilità: le persone cercano una libertà che è sempre più scioglimento da ogni vincolo; le società istituzionalizzate reagiscono, proponendo più controlli e più regole, invece di un cambiamento culturale. Si innesca così un cortocircuito.

La persona alla ricerca della propria libertà, cerca infatti spesso di essere indipendente da ogni legame, a volte anche dalla religione, che costituisce un legame con Dio, dai legami sociali, specialmente da quelli che sono connessi con le forme istituzionali della vita. La vita della società, infatti, soprattutto di quelle chiamate sviluppate, rischia di essere quasi soffocata dal formalismo burocratico. (…) Tale fenomeno può spingere i legislatori a moltiplicare le norme giuridiche, a far crescere il controllo anche informatico, per paura che altrimenti non ci sarà un’osservanza volontaria delle leggi che può discendere solo da una convinzione morale, da una comune conoscenza oggettiva della realtà. Da questo quadro di un’alienazione notevole, si spiega la fuga istintiva di molta gente dalle forme istituzionali.

Compresa quella familiare, che viene sentita “socialmente” come un peso, e quindi rifuggita e presentata dagli stessi canali sociali come “poco appetibile” o comunque poco popolare.

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In questo si inserisce la riflessione della Chiesa sulla famiglia nel mondo contemporaneo, che deve essere riaffermata nella sua integrale pienezza e vicinanza al modello evangelico.

 L’indissolubilità del matrimonio («Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. (…) L’insegnamento di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio era molto esigente fino a provocare una certa confusione tra i suoi stessi discepoli (cf Mt 19, 10). I Vangeli e san Paolo confermano ugualmente che il ripudio della moglie, praticato prima tra il popolo d’Israele, non può rendere possibile un nuovo matrimonio per nessuna delle parti. Questa affermazione così insolita e così esigente continua nel corso dei secoli nella tradizione disciplinare della Chiesa, costituendone un elemento fermo fino al punto che tra i popoli convertiti posteriormente al cristianesimo, una delle questioni disciplinari è stata quasi sempre quella della monogamia e dell’indissolubilità del matrimonio

La risposta dunque torna ad essere quella consueta: ribadire il modello tradizionale di famiglia contro le sfide del mondo; una linea ben poco aperturista che imposta un sinodo “confortante” per i settori dell’Episcopato più preoccupati dai mutamenti di stile, di pratica e di messaggio che il pontificato di Francesco starebbe proponendo al mondo.

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E’ sulle situazioni cosiddette “eticamente problematiche” che si vede come l’impostazione del sinodo lasci presagire ben poche sorprese. Il messaggio ecclesiale e il Vangelo della Famiglia andranno riproposti nella loro interezza, anche nei confronti dei modelli alternativi che si propongono al mondo. Ad esempio, il fenomeno delle unioni civili per la chiesa è molto rilevante, nella misura in cui può essere fruttuosamente instradato e guidato verso il matrimonio sacramentale.

È delicata ed esigente la missione della Chiesa verso coloro che vivono in situazioni matrimoniali o familiari problematiche. Prima di tutto quelli che potrebbero sposarsi in Chiesa ma si accontentano di un matrimonio civile ovvero di una semplice convivenza. Se il loro atteggiamento proviene dalla mancanza di fede o d’interesse religioso, si tratta di una vera situazione missionaria. Quando, invece, hanno qualche relazione con la comunità ecclesiale, frequentando magari gruppi parrocchiali o movimenti ecclesiali, si apre la strada di un loro avvicinamento al matrimonio sacramentale. Attraverso la dinamica pastorale delle relazioni personali è possibile realizzare una sana pedagogia che favorisca l’apertura delle menti e dei cuori alla pienezza del piano di Dio

Per quanto riguarda la questione dei divorziati risposati, uno dei punti più spinosi che hanno affollato le cronache dei giornali fra i due sinodi, la questione è stata presa di petto dal Papa in persona con i due Motu Proprio sullo sveltimento delle procedure di nullità matrimoniale; e proprio questi atti vengono citati nella relazione introduttiva del cardinale Erdo.

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La casistica è ampia:vengono affrontati i casi dei divorziati e separati che non convivono e divorziati interessati alle procedure di nullità matrimoniale.

Riguardo ai separati ed ai divorziati non risposati, la comunità della Chiesa può aiutare le persone che vivono dette situazioni nel cammino del perdono e se possibile della riconciliazione, può aiutare l’ascolto dei figli che sono vittime di queste situazioni e può incoraggiare i coniugi rimasti soli dopo un tale fallimento, di perseverare nella fede e nella vita cristiana ed anche «… di trovare nell’Eucarestia il cibo che li sostenga nel loro stato» (IL 118). È importante avere, almeno a livello diocesano, centri di ascolto che da una parte possono aiutare già nel momento della crisi, ma anche successivamente (cf IL 117). Un altro tipo di consulenza, ugualmente importante, è quella da offrire ai divorziati un aiuto per poter chiarire l’eventuale invalidità del loro matrimonio naufragato, come è previsto nel M. P. Mitis Iudex.

E poi, i divorziati risposati, per i quali deve rimanere fermissimo il principio dell’indissolubilità del matrimonio: per loro, è possibile il riaccostarsi alla comunione in alcuni specifici percorsi (ad esempio, e nello specifico, se nella nuova unione praticano la continenza), ma è preferibile che vengano riaccolti nelle comunità in altra forma.

Riguardo ai divorziati e risposati civilmente è doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione. (…)  Non è quindi il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucarestia. (…) Quanti divorziati e risposati, per necessità dei figli o propria non interrompono la vita comune, ma che possono praticare in forza della grazia la continenza vivendo la loro relazione di aiuto reciproco e di amicizia. Questi fedeli potranno accedere anche ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia evitando però di provocare scandalo. (…) L’integrazione dei divorziati risposati nella vita della comunità ecclesiale può realizzarsi in varie forme, diverse dall’ammissione all’Eucarestia

E la questione degli omosessuali? Dopo essere stata al centro del dibattito, mediatico e sinodale, nella scorsa assise, l’intero tema è relegato in alcuni brevi e stringati passaggi, come d’altronde era già evidente nell’Instrumentum Laboris del Sinodo.

Anche se il problema non riguarda direttamente la realtà della famiglia, si presentano situazioni quando tale comportamento influisce sulla vita di una famiglia. In ogni caso la Chiesa insegna che: «“Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4)» (IL 130). Si ribadisce che ogni persona va rispettata nella sua dignità indipendentemente dalla sua tendenza sessuale. È auspicabile che i programmi pastorali riservino una specifica attenzione alle famiglie in cui vivono persone con tendenze omossessuali ed a queste stesse persone (cf IL 131). Invece, «è del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso»

Saranno dunque da prevedere percorsi catechistici e pastorali di accompagnamento delle famiglie in cui si verifichino queste situazioni – non delle persone, delle famiglie; ma qualsiasi tipo di apertura, almeno dai documenti iniziali, è preclusa.

Copertina e immagini: Getty Images

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