Come funziona Schengen

20/09/2015 di Andrea Mollica

Schengen

è il nome dell’area di libera circolazione più grande del mondo. Grazie all’intesa adottata nel 1985 da cinque Stati della Cee, poi estesa al resto d’Europa , l’UE ha realizzato uno dei principi cardine del mercato comune, il libero movimento delle persone non più sottoposte alle verifiche di identità per valicare le frontiere. Confini difesi per secoli con un costo enorme di vite umane, il cui superamento definitivo appare messo in discussione dalla crisi dei migranti.

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TRATTATO DI SCHENGEN –

L’unificazione dell’Europa si è realizzata con un lungo processo di armonizzazione normativa che ha permesso a Stati per secoli in conflitto tra loro di rinunciare a principi fondamentali della sovranità nazionale. Un cardine di qualsiasi entità statuale è l’integrità territoriale, difesa con il controllo delle frontiere. La tutela dei confini garantisce che gli stranieri non abbiano accesso a un determinato territorio, consentito solo tramite procedure di identificazione riconosciute dalla comunità internazionale. Per questo motivo, quando si viaggia all’estero, è necessario essere in possesso di un passaporto, oppure di un visto di ingresso. Per superare l’ostacolo della verifica dell’identità di una persona e realizzare così uno spazio unico dove fosse garantita la libera circolazione, dando così sostanza alla visione dell’Europa unita, 5 Stati hanno firmato i primi Accordi di Schengen. Il 14 giugno del 1985 i due Paesi leader della Cee, Francia e l’allora Germania Ovest, insieme ai loro alleati Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi, hanno firmato un’intesa per rimuovere i controlli alle loro frontiere. Gli Accordi di Schengen, poi diventati una Convenzione allargata a quasi tutti i Paesi della Cee, e infine un pilastro edificante dell’Unione Europea, hanno sancito la creazione di uno spazio di libera circolazione di oltre 400 milioni di persone. Un’area composta da 30 Stati, due in più rispetto all’Unione Europea. Le normative di Schengen sono in vigore, anche se non completamente, per 26 dei 28 Paesi Membri dell’UE, visto che Irlanda e Regno Unito hanno beneficiato di una clausola di non partecipazione allo spazio di libera circolazione. Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein, Stati esterni all’UE ma legati all’Unione da diversi trattati associativi, fanno invece parte dell’area Schengen. Fino al 1997 la Convenzione di Schengen è rimasta esterna al diritto comunitario. La revisione dei trattati effettuata alla conferenza intergovernativa di Amsterdam ha riportato nell’alveo dell’Unione Europea l’acquis communautaire (espressione francese per definire un “diritto acquisito comunitario”) di Schengen. Il controllo della sua applicazione è passato dal comitato esecutivo organizzato dagli Stati nazionali alle istituzioni comunitarie. Alcune disposizioni costituiscono articoli dei Trattati dell’Unione Europea e sul funzionamento dell’Unione Europea, la fonte primaria del diritto comunitario, mentre le rimanenti normative sono state integrate o aggiornate nella legislazione UE che disciplina la libera circolazione.

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PAESI SCHENGEN –

La libera circolazione delle persone era uno degli obiettivi dei Trattati che nel 1957 hanno avviato l’unificazione dell’Europa. Con l’Atto unico europeo i Paesi delle Comunità europee avevano trovato un’intesa sulla rimozione dei controlli doganali, introdotti nel 1992. La concessione della libera circolazione non solo a tutti i cittadini degli Stati europei, ma a tutti coloro che si trovano al loro interno, aveva però frenato il processo di integrazione. Gli Accordi di Schengen sono stati allora introdotti tramite una cooperazione rafforzata, ovvero la possibilità per gli Stati UE di adottare nuove politiche comuni senza il coinvolgimento di tutti i Paesi Membri. Una modalità di approfondimento comunitario che ha caratterizzato anche l’adozione dell’euro così come l’introduzione di una politica di asilo comune, effettuata con il sistema di Dublino, il corollario della disciplina della libera circolazione. La città di Schengen è stata scelta per la sua prossimità al fiume Mosella, corso d’acqua che segna il confine di Germania, Francia e lo stesso Lussemburgo, dove si trova. Dal 1985 a oggi l’area Schengen è cresciuta in modo costante, raggiugendo dimensioni impressionanti per un Continente relativamente piccolo come l’Europa. Le frontiere terrestri dello spazio di libera circolazione sono lunghe 7 mila e 721 chilometri, mentre i confini marittimi sfiorano i 43 mila chilometri. Ogni anno gli europei effettuano 1,25 miliardi di viaggi all’interno dell’area Schengen, mentre nel solo 2014 sono stati concessi circa 16 milioni di visti. All’interno degli oltre 4 milioni di chilometri quadrati dello spazio di libera circolazione europeo vivono 417 milioni di persone, di 26 nazionalità diverse. L’area Schengen è composta da 22 Stati dell’Unione Europea: l’Italia vi ha aderito nel 1990, ed è stata tra i primi Paesi a garantire la libertà di movimento delle persone, dopo l’entrata in vigore della Convenzione di Schengen. Oltre a Regno Unito e Irlanda, che hanno scelto di non entrare nell’area di libera circolazione, ci sono quattro Paesi dell’UE che al momento ne hanno recepito le norme ma non hanno ancora ottenuto l’assenso all’ingresso nell’area Schengen. Si tratta di Bulgaria, Cipro, Croazia e Romania, che potranno entrare a pieno titolo solo dopo una valutazione positiva del Consiglio europeo. All’area Schengen sono associate altre nazioni esterne all’Unione Europea, come Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein.

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SCHENGEN SIGNIFICATO –

La cancellazione delle frontiere, con la sospensione dei controlli dei documenti identificativi per chi effettua un attraversamento di un confine, è stato uno dei momenti più iconici della storia dell’integrazione europea. La possibilità di recarsi in un altro Stato come se si andasse in un’altra città della Nazione di residenza ha dato immagine e sostanza al concetto di Europa unita, come quando è stato possibile pagare con una moneta unica beni e servizi in diversi Paesi dell’UE. L’avvio dello spazio di libera circolazione è stato accolto con entusiasmo, anche se nel corso degli anni, come successo anche con l’euro, il piacere della novità è stato sostituito con i dubbi della realtà quotidiana. La costituzione di un’area così grande dove tutte le persone potessero circolare senza alcun controllo è stata resa possibile da un vasto processo di armonizzazione e condivisione delle politiche statali. Una di queste misure è la rimozione degli ostacoli non necessari al traffico stradale, così da favorire uno scorrimento fluido dei mezzi di locomozione. Vista la complessità dell’operazione di adeguamento normativo e regolamentare sono serviti poco meno dieci anni per far partire l’Area Schengen. Gli Stati firmatari della Convenzione del 1990 hanno abolito i controlli delle persone alle frontiere interne a partire dal 1995, costituendo un unico confine esterno. Sono state introdotte specifiche norme comuni da applicare alle persone che attraversano le frontiere esterne dei Paesi membri dell’UE. Per gestire la libera circolazione di chi proviene dall’esterno dell’area Schengen sono state armonizzate tra i vari Stati aderenti allo spazio di libera circolazione le condizioni di ingresso, così come la disciplina per concedere visti per la permanenza temporanea. Per tutelare l’ordine interno è stata rafforzata la cooperazione delle forze di polizia, in particolare per mezzo dell’inseguimento  della sorveglianza transfrontaliera, dell’istituzione di centri e squadre di polizia comuni, nonché dell’uso del sistema d’informazione Schengen. All’interno dello spazio di libera circolazione possono essere effettuati controlli di polizia, ma solo in base a informazioni da questa detenute e riguardanti eventuali minacce alla pubblica sicurezza o presunti casi di criminalità transfrontaliera. I cittadini possono ricorrere alla Commissione europea, così come alla magistratura comunitaria, nel caso in cui siano stati sottoposti a controlli illeciti. Per rafforzare la cooperazione tra le autorità di sicurezza e giudiziarie dello spazio Schengen è stato creato e sviluppato un sistema di informazione Schengen, SIS, che permette alle autorità nazionali per il controllo della frontiera interna di ottenere informazioni su persone o oggetti. I cittadini di ogni Paese dello spazio di libera circolazione hanno diritto a ottenere l’accesso ai propri dati personali contenuti nel SIS, e di chiederne la modifica o la cancellazione in caso di errori.

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SCHENGEN FRONTIERE –

Il regolamento 562/2006 ha istituito un codice comunitario relativo all’attraversamento delle frontiere da parte delle persone, il cosiddetto Codice frontiere Schengen. La normativa disciplina i confini esterni e quelli interni. Le frontiere esterne possono essere attraversate solo ai valichi, negli orari prestabiliti. In caso di attraversamento di un confine interno i cittadini dell’UE e dei Paesi Schengen sono sottoposti a controlli minimi, con l’obiettivo di verificare identità del soggetto e validità del suo documento e nel caso accertare la sua falsificazione. I cittadini dei Paesi terzi sono invece sottoposti a verifiche approfondite, per soggiorni che possono durare un massimo di 90 giorni in un arco temporale di 180. I controlli accertano i requisiti indispensabili per l’accesso all’area Schengen, come il possesso di un titolo di viaggio, il possesso di un visto valido, una giustificazione in merito allo scopo del viaggio, così come la presenza di mezzi di sussistenza per la durata del soggiorno. Ulteriore verifica è effettuata nel sistema SIS per accertare se il cittadino controllato sia segnalato ai fini della non ammissione. Sulle frontiere interne il regolamento comunitario vieta espressamente il controllo, così che qualsiasi cittadino presente all’interno dello spazio Schengen possa attraversare il valico in ogni momento. Le forze di polizia possono effettuare controlli, anche nelle zone adiacenti ai confini, ma queste non possono essere equivalenti alle verifiche di frontiera. L’articolo 21 consente agli Stati i controlli di frontiera per il contrasto alla criminalità transfrontaliera. In casi eccezionali di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna l’articolo 23 del regolamento 562/2006 garantisce ai Paesi Membri il ripristino dei controlli alle frontiere interne. Le “regole” di Schengen non sono quindi “sospese” come si legge spesso sui media o si sente alla TV, ma al contrario è applicata una norma espressamente prevista nel diritto comunitario. L’eccezionalità dei controlli che de iure sospendono la libera circolazione delle persone può durare solo per un massimo di trenta giorni, ed essere prolungata diverse volte in caso di sussistenza della minaccia grave per un identico periodo di tempo. Le verifiche di frontiera non possono però superare i sei mesi complessivi. L’applicazione di questa norma che sospende la libera circolazione è stata adottata da diversi Paesi, come la Germania o l’Austria, per frenare l’afflusso di migranti. La crisi dei migranti non è però stato l’unico caso in cui la libera circolazione è stata sospesa da un singolo Stato. Durante lo svolgimento di un grande evento è ormai prassi abituale che le autorità nazionali utilizzino l’articolo 23 del regolamento 562/2006 per monitorarne con maggior sicurezza lo svolgimento.

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VISTI SCHENGEN E DUBLINO –

Il minor controllo degli ingressi sul territorio nazionale previsto nello spazio di libera circolazione rappresenta uno dei motivi per cui Dublino e Schengen siano spesso citati assieme come risposta o problema comune in una fase di particolare difficoltà nella gestione dei migranti. L’abolizione delle frontiere, il rilievo pertinente di diversi critici delle norme comunitarie, favorisce i movimenti delle persone entrate anche irregolarmente nell’area Schengen. Per poter accedere allo spazio di libera circolazione dai Paesi terzi sono previsti tre tipi di visti. Il primo sono i Visti Schengen Uniformi, che garantiscono il diritto di transito aeroportuale, oppure un soggiorno di breve durata, fino a un massimo di 90 giorni, in tutta l’area di libero movimento. I Visti a validità territoriale limitata consentono invece lo spostamento solo all’interno di uno Stato dell’area Schengen, mentre è vietato perfino il transito negli altri 25. La terza categoria dei Visti per soggiorni di lunga durata garantiscono invece la libertà di movimento nei Paesi dell’area Schengen, per un periodo però non superiore a 90 giorni in un semestre.
La normativa sulla libera circolazione è strettamente connessa con il sistema di Dublino, che disciplina la gestione delle procedure d’asilo all’interno dell’Unione Europea. Pilastri del diritto comunitario, Schengen e Dublino forniscono il presupposto giuridico di un mercato comune, al cui interno sia garantita la libera circolazione dei lavoratori e delle persone. Il sistema di Dublino stabilisce per i Paesi UE le regole comunitarie sulla concessione dello stato di rifugiato. L’asilo può essere garantito, al netto di alcune eccezioni, solo dal Paese di primo ingresso. Di conseguenza, chi fa domanda per ottenere la protezione nazionale in uno Stato membro dell’UE non beneficia del diritto alla libertà di circolazione. Lo status di rifugiato, disciplinato in modo anche molto diverso dalle diverse legislazioni nazionali, garantisce la libertà di viaggio, ma per un periodo limitato ai tre mesi. L’eventuale permanenza del rifugiato in uno degli Stati dell’area Schengen per un periodo di tempo superiore al massimo temporale consentito di 90 giorni comporta, il trasferimento coattivo del rifugiato nel Paese di asilo, come disciplinato dal regolamento 604/2013, il cosiddetto Dublino III. Il rifugiato può ottenere il diritto a soggiorni più lunghi rispetto al massimo stabilito, per motivi di lavoro, o di studio, ma la sua richiesta deve essere accolta dal Paese Schengen attraverso un’apposita procedura.

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