Senato, Calderoli e l’algoritmo per sfornare milioni di emendamenti random

Roberto Calderoli non ha nessuna intenzione di mollare la presa sulla riforma del Senato e mantiene la promessa fatta a inizio agosto: sfornare milioni di emendamenti totalmente a caso. «Mi sono attrezzato – aveva detto il senatore – Ho un programmino informatico che da un testo base è capace di ricavare decine di migliaia di varianti. Si cambia una parola, un articolo, un numero, e il giochino è fatto». Per la precisione si tratta di tre algoritmi congiunti, frutto di «anni di esperienza, quelli che ho trascorso a scrivere emendamenti, a escogitare modi per moltiplicarli e complicare la vita all’avversario», spiega Calderoli ricordandosi di essere stato ministro per la Semplificazione Normativa.

L’ALGORITMO –

Ma come funziona precisamente questo algoritmo? A spiegarlo è lo stesso senatore leghista: «Se in un emendamento scrivo la parola pera, l’algoritmo me lo riscriverà sostituendo pera con frutta, e poi con vegetale, e così via». Ma quante proposte di modifica ci sono in cantiere? Calderoli non si sbilancia: «Qualche milione, ora non voglio essere più preciso». L’ultima volta, come ricorda Mattia Feltri su La Stampa, furono cinquecentomila e mandarono in tilt l’ufficio del presidente Piero Grasso che richiamò tutti dalle ferie per catalogare i documenti.

Il risultato – ricorda Feltri – riempì 100 tomi da mille pagine, opera completa dal costo di 2.900 euro. «Se dovessimo stamparne una copia per ogni senatore» scrissero gli uomini di Grasso, il costo complessivo sarebbe di 930.900 euro, e ognuno riceverebbe 250 chili di carta, cioè due quintali e mezzo. Il problema è che tutta quella roba non ci stava nemmeno in un iPad da 32 giga. Un vero delirio.

Questo succedeva con “soli” 500.000 emendamenti, oggi, se Calderoli si “limitasse” a 5 milioni di emendamenti si parlerebbe di

Mille tomi da mille pagine, 29mila euro a copia, due tonnellate e mezzo di carta da recapitare nell’ufficio di ogni senatore, in tutto oltre ottocento tonnellate con conseguente cedimento strutturale di Palazzo Madama.

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