Marò, cosa ha deciso il tribunale e cosa succede adesso?

Marò, cosa ha deciso il tribunale e cosa succede adesso? La Corte Internazionale per il Diritto del Mare ha stabilito, con una corposa sentenza depositata lo scorso 24 agosto: entrambe le richieste che l’Italia aveva avanzato sul caso dei fanti di marina, i famosi marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre: il caso sarà deferito ora ad un costituendo tribunale di arbitrato internazionale presso la Corte Internazionale di Giustizia, che dovrà decidere chi detenga la giurisdizione sul caso della Enrica Lexie, visto che l’Italia e l’India non sono riuscite a mettersi d’accordo in precedenza. Troppo grandi le distanze fra le opinioni dei due paesi, troppo radicate le differenze.

MARO’, COSA HA DECISO IL TRIBUNALE E COSA SUCCEDE ADESSO?

“E’ un risultato utile, ha stabilito in forma definitiva il principio molto importante che non sarà la giustizia indiana a gestire la vicenda dei marò ma l’arbitrato internazionale”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni; Graziano Delrio, altro esponente del governo, ha più mestamente sostenuto che “la sentenza non va nella direzione che l’Italia auspicava”. Ed è vero, perché la pronuncia dà torto ad entrambi i punti che l’Italia avanzava davanti alla Corte Internazionale: l’Italia aveva chiesto che l’India rinunciasse a qualsiasi giurisdizione nei confronti dei due fanti di marina; e aveva chiesto che i due soldati italiani rientrassero, in attesa di ulteriori sviluppi, in patria. Il Tribunale, che si basa sulla Convenzione di Montego Bay (nella terza versione, firmata a New York) sul Diritto del Mare, ha deciso in maniera autonoma, come gli è permesso, “al di là” delle richieste poste dalle parti; e ha stabilito che, per prima cosa, e solo in via cautelare, sia l’Italia che l’India si astengano dall’iniziare o dal proseguire qualsiasi azione giudiziaria in attesa del pronunciamento di un tribunale arbitrale istituito a norma dell’Annex VII alla Convenzione; e, secondo, che l’Italia e l’India inviino al più presto un rapporto sulle azioni che hanno disposto per ottemperare a questa decisione. 

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L’Italia ha ben poco da fare, visto che non ci sono azioni legali attive in Italia per il rifiuto dell’India di inviare tutte le documentazioni alle nostre autorità giudiziarie; l’India ha disposto la sospensione del procedimento. Nulla il tribunale del Diritto del Mare ha deciso riguardo il rientro in patria dei fanti di Marina – perché avrebbe significato pronunciarsi sul merito della questione, sulla quale la Corte non è entrata;e il chiedere una pronuncia del genere, secondo gli esperti, è stata una scelta piuttosto maldestra perché era prevedibile che sarebbe stata rigettata; dunque Salvatore Girone rimarrà a New Delhi e Massimiliano Latorre dovrà tornare in India a gennaio, se non arriveranno altre proroghe da parte del governo indiano. Sembra appropriato dire che il tribunale del Mare di Amburgo ha dato torto all’Italia due volte su due, e solo perché ha paralizzato qualsiasi azione giudiziaria da ogni parte in causa, compresa l’India, l’Italia può cantare, parzialmente, vittoria con la sospensione dei procedimenti indiani.

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Ora, comunque, la questione sarà sottoposta al costituendo tribunale arbitrale che sarà composto secondo l’Annex VII della Convenzione per il diritto del mare. Secondo i tecnici, ci vorrà un tempo non scarso prima che a l’Aja, dove si insedierà la Corte, i giudici possano decidere. “Ci vorranno dai 18 ai 24 mesi per avere il pronunciamento dell’Aja”, spiega Roberto Virzo, docente di diritto internazionale all’Università del Sannio, a Rai News 24, come d’altronde Tullio Treves aveva in precedenza dichiarato. E fra l’altro, né la corte del diritto del mare, né il tribunale arbitrale che sarà costituito decideranno nel merito della questione: il mandato di questi tribunali è semplicemente quello di stabilire quali dei due stati ha giurisdizione, perché l’Italia sostiene che Latorre e Girone siano suoi cittadini nel pieno servizio militare, come tali coperti da immunità funzionale e giudicabili solo dalla corte italiana; mentre l’India ribadisce che l’Enrica Lexie è una nave commerciale, i due erano contractors e quindi non certo qualificabili come forza armata, e che non esiste alcun accordo che obblighi l’India a cedere la giurisdizione quando non si tratti di appartenenti alle forze militari di un paese straniero. Fra l’altro, come scrivevamo su queste pagine, se la giurisdizione venisse attribuita all’Italia, sarebbe doveroso un processo di corte marziale per omicidio o violata consegna nei riguardi dei due fucilieri un minuto dopo il loro rientro in patria: un esito di cui però, nelle cronache e nelle dichiarazioni della politica sulla questione marò, c’è sempre un assordante silenzio.

(Photocredit copertina: ANSA)

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