Mafia Capitale, maxiprocesso anche per i politici

Mafia Capitale, aprirà il 5 novembre il maxiprocesso per tutti gli esponenti del Mondo di Mezzo che ieri hanno ricevuto la notifica della decisione del Giudice per le Indagini Preliminari: il Gip ha riscontrato l’evidenza della prova e ha dunque disposto il rito immediato, fissando la prima udienza dibattimentale nell’aula-bunker del carcere di Rebibbia. Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, insieme a tutti gli indagati per la seconda ondata di arresti – quella degli esponenti politici del Campidoglio – saranno dunque chiamati a rispondere delle loro azioni.

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MAFIA CAPITALE, MAXIPROCESSO ANCHE PER I POLITICI

Valentina Errante e Sara Menafra sul Messaggero illustrano il decreto di 40 pagine con cui il giudice Flavia Costantini ha disposto il salto dell’udienza preliminare per gli indagati, decisione che di certo plasmerà il futuro del processo per Mafia Capitale.

Uno accanto all’altro sfileranno i politici e i ”criminali”. Quelli che hanno governato la città fino a poco tempo fa, e sembravano destinati a carriere ancor più luminose, come l’ex presidente del consiglio comunale Mirko Coratti o l’ex assessore alla casa Daniele Ozzimo, e i camerati del nero Massimo Carminati, considerato il boss indiscusso della mafia romana. Riccardo Brugia, che era accanto al capoclan anche all’epoca del furto nel caveau della Banca di Roma di piazzale Clodio, o Roberto Lacopo, che si occupava con modi spicci della riscossione crediti nei confronti dei piccoli imprenditori che si avvicinavano all’organizzazione.

Per tutti gli indagati in stato di custodia cautelare è stato disposto l’immediato, mentre per gli indagati a piede libero il processo proseguirà col rito ordinario e dunque con l’udienza preliminare.

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Le due colonne di Mafia Capitale, Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, vengono descritti dal giudice come i burattini del sistema criminale che attanagliava la città.

Agli indagati per associazione mafiosa, in poche righe, il gip Costantini dedica le parole più pesanti: Massimo Carminati è, scrive la giudice, «capo e organizzatore, sovrintende e coordina tutte le attività dell’associazione, impartisce direttive agli altri partecipi, fornisce loro schede dedicate per le comunicazioni riservate, individua e recluta imprenditori, ai quali fornisce protezione, mantiene i rapporti con gli esponenti delle altre organizzazioni criminali operanti su Roma nonché con esponenti del mondo politico, istituzionale, finanziario, con appartenenti alle forze dell’ ordine e ai servizi segreti». Salvatore Buzzi, «organizzatore, gestisce, per il tramite di una rete di cooperative, le attività economiche dell’associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, dell’ accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico e negli altri settori oggetto delle gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo, si occupa della gestione della contabilità occulta della associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti».

Ma la tesi delle difese, che hanno provato a chiedere alla Corte di Cassazione la revoca delle misure cautelari, tenterà di incidere proprio su questo punto: corruzione e turbative d’asta sì, mafia no. Finora la Suprema Corte, dinnanzi a queste contro-ricostruzione, ha sempre dato ragione alla procura.

 L’associazione di Carminati, per l’accusa, pur utilizzando spesso lo strumento della corruzione e della turbativa d’asta, avrebbe mantenuto il potere intimidatorio tipico delle organizzazioni mafiose ”tradizionali”. A fare ricorso erano stati tre dei quattro “eccellenti” dell’inchiesta: Buzzi, Odevaine e Panzironi, insieme con gli altri 16 indagati che si erano opposti alle misure cautelari e alle accuse a loro carico. La difesa di Carminati, invece, aveva preferito non fare ricorso e attendere il verdetto del “Palazzaccio” sugli altri coindagati, evitando così che si formasse un giudicato cautelare a suo carico. Gli ermellini finora hanno respinto le obiezioni confermando l’impianto della procura. Ma il tribunale riavvierà la discussione da zero.

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Farà di certo scalpore il vedere alcuni dei più importanti esponenti politici della Capitale alla sbarra insieme a un ex terrorista dei Nuclei Armati per la Rivoluzione e al presidente della più importante rete delle cooperative sociali in città.

Luca Gramazio, arrestato a giugno, «prima consigliere comunale al Comune di Roma poi Consigliere Regionale alla Regione Lazio, pone al servizio dell’organizzazione le sue qualità istituzionali, svolge una funzione di collegamento tra l’organizzazione la politica e le istituzioni, elabora, insieme a Testa, Buzzi e Carminati, le strategie di penetrazione della Pubblica Amministrazione, interviene, direttamente e indirettamente nei diversi settori della Pubblica Amministrazione di interesse dell’ associazione». E l’ex ad di Ama Franco Panzironi «pubblico ufficiale a libro paga, partecipa all’associazione fornendo uno stabile contributo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, per lo sblocco di pagamenti in favore delle imprese riconducibili all’associazione; garante dei rapporti dell’associazione con l’amministrazione comunale negli anni 2008/2013».

Alcuni imputati, e certo anche questo avrà un’incidenza importante nel processo, hanno scelto di iniziare a parlare, accettando di dichiarare spontaneamente la propria versione dei fatti ai Pubblici Ministeri.

Negli ultimi mesi a rivolgersi ai pm per chiedere spontanee dichiarazioni sono stati Franco Panzironi, Luca Odevaine e, in ultimo, Salvatore Buzzi che, dopo un lungo silenzio ha scelto di seguire le indicazioni del legale Alessandro Diddi e firmare tre lunghi verbali. Dichiarazioni che hanno convinto solo in parte i magistrati e che potrebbero segnare una netta divisione con chi finora non ha mai fatto dichiarazioni, come il boss Massimo Carminati.

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