Le pensioni d’oro dei dipendenti di Montecitorio

Le pensioni d’oro dei dipendenti di Montecitorio sono la prima delle voci di spesa della Camera dei Deputati: lo certifica il bilancio del Parlamento che vede una sostanziosa riduzione delle spese sul lato dei privilegi dei parlamentari ma che, al contempo, mostra come siano invariate – o addirittura in crescita – le spese, appunto, per i trattamenti previdenziali dei dipendenti e dei dirigenti di Montecitorio; che sono sì, qualificati e in possesso di grande esperienza, ma al contempo, comunque, strapagati rispetto anche a loro omologhi europei.

PENSIONI D’ORO, I DIPENDENTI DI MONTECITORIO SPICCANO

Il Messaggero spulcia il bilancio del palazzo del potere.

Non c’è dubbio: con il bilancio 2015, approvato poco prima della chiusura estiva, bisogna dare atto alla Camera dei Deputati di essere passata dalle parole ai fatti sul fronte dei tagli alle proprie spese. Le cifre parlano da sole: per la prima volta da un decennio Montecitorio scende sotto il miliardo di spese (986 milioni per l’esattezza) e per il terzo anno consecutivo restituisce soldi al Tesoro che – per l’autonomia totale stabilita dal regime di autodichìa – sarebbe chiamato a ripianare le uscite della Camera a piè di lista, senza neppur poter fiatare.

Non è dal lato dei parlamentari, dicevamo, che si trova il maggior flusso in uscita dalla Camera dei Deputati.

Gli stipendi degli onorevoli, infatti, assorbono 145 milioni e i loro vitalizi (o pensioni a partire dal 2012) arrivano “appena” a sfiorare i 138 milioni. Il fatto è che nel tempio della politica italiana la politica non è la regina del bilancio. Il primo posto del podio della spesa più consistente della Camera va infatti ai dipendenti che quest’anno assorbiranno la bellezza di 488,7 milioni sotto forma di ricchi stipendi e soprattutto di superbe pensioni. In altre parole i 1.281 dipendenti della Camera (al 15 luglio 2015) e soprattutto coloro che li hanno preceduti assorbono praticamente la metà dell’intero bilancio della Camera, facendo assomigliare questo ganglio vitale della vita pubblica italiana ad una sorta di maxi-stipendificio e ad una ancora più prolifica fabbrica di pensionati d’oro.

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Nel Parlamento francese, spiega il Messaggero, gli stipendi superiori ai 200mila euro “si contano sulle dita di una mano”. In Italia le cose non stanno proprio così.

Per gli stipendi e i contributi dei 1.281 dipendenti di Montecitorio quest’anno sono stati stanziati 232 milioni. Questo vuol dire che mediamente ognuno di loro verrà a costare all’amministrazione la bellezza di 181 mila euro. Sia chiaro: è evidente che su questo stratosferico importo pesa l’elevata presenza percentuale di dirigenti non solo laureati ma anche particolarmente qualificati.Ha il suo peso anche l’età elevata di chi lavora a Montecitorio che solo in 149 casi (l’11,6% del totale) vanta meno di 10 anni di esperienza professionale.

Le pensioni dei dipendenti, continua il Messaggero, assorbono oltre 256 milioni di euro all’anno; sommate a quelle dei parlamentari, arriviamo al 40% del bilancio di Montecitorio. Il che è dovuto anche, paradossalmente, alle manovre di taglio dei privilegi che sono state imposte al comparto della politica.

Rispetto al 2014 la spesa previdenziale dei dipendenti della Camera è salita del 10% (contro il +0,6 di quella dell’Inps). La causa? Chi ha potuto si è dileguato portando con sè il privilegio di una pensione legata a stipendi particolarmente elevati

Una situazione, inoltre, del tutto sfavorevole per i conti pubblici italiani.

Nel 2015 i dipendenti della Camera pagheranno in totale una cinquantina di milioni di contributi pensionistici (36,8 dei quali a carico dell’amministrazione) ma le pensioni dei loro colleghi a riposo ammonteranno a 256 milioni. Il rapporto contributi/prestazioni è di uno a cinque. Al mondo non c’è un altra categoria che versa 1 euro per le proprie pensioni e contemporaneamente ne prende 5 (cinque).

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