«Gay di m… che c… guardi il mio fidanzato?» e lo riducono in fin di vita sul bus

«Gay di m… che c… guardi il mio fidanzato?». È bastata un’occhiata per far partire il pestaggio di due ragazzi che stavano tornando a casa in autobus. È successo a Genova sulla linea 1 e lo racconta il Secolo XIX. «Niente, ero sovrappensiero» avrebbe risposto il ragazzo che è stato ridotto in fin di vita da sei persone, tra cui due donne che hanno infierito sul volto, sulle gambe e sulla schiena “usando pure le catene”, come riporta il quotidiano di Genova.

Luca è riuscito ad allontanarsi, a tornare a casa e a raccontare tutto alla fidanzata, spiegando che li avevano massacrati soltanto perché li credevano omosessuali. Non sapeva di avere un ematoma cerebrale, che dopo una settimana lo ha mandato in coma, ridotto in fin di vita e un intervento di neurochirurgia lo ha salvato in extremis.

L’INCHIESTA –

Il ragazzo non è ancora in grado di parlare e viene alimentato a fatica. La Procura intanto ha aperto un’inchiesta per tentato omicidio guidata dal sostituto procuratore Vittorio Ranieri Miniati. I rapporti dei Carabinieri che sono intervenuti fanno esplicitamente riferimento ad una ritorsione omofoba. Ancora a piede libero gli aggressori che non sono stati identificati con certezza. La denuncia per favoreggiamento è scattata nei confronti dell’autista dell’autobus che avrebbe visto tutto senza intervenire.

LA RICOSTRUZIONE –

Il Secolo XIX, che per primo ha dato la notizia fornisce una ricostruzione della vicenda:

Luca (il nome di fantasia e i riferimenti alla vittima sono necessariamente generici, per evitarne la riconoscibilità al di fuori della cerchia degli affetti più stretti), quarantenne, ha trascorso la serata nel centro storico dove lavora, bevendo qualcosa poco dopo. Alle 3,49 manda un sms alla fidanzata, in cui scrive che a breve sarà a casa poiché è in procinto di prendere il bus. Ma quando salgono sull’ “1” succede il finimondo. Dopo le botte scendono dal mezzo, barcollano e però entrambi riescono ancora a camminare. Luca è quello che sta peggio, rientra in taxi, racconta a Chiara (nome di fantasia) quel che gli è capitato, ma sulle prime ribadisce di non voler andare in ospedale.

Ma una settimana dopo le condizioni del ragazzo si aggravano.

La Tac è allarmante, dal Villa Scassi di Sampierdarena lo dirottano al Galliera per operarlo d’urgenza, e Luca entra in coma farmacologico.

L’unica che può dare una mano a ricostruire il pestaggio è la ragazza che riferisce il racconto del compagno a poche ore dall’accaduto:

Spiega agli investigatori che il look del suo compagno è molto «eclettico», e agli animali del bus numero “1” tanto potrebbe essere bastato per insultarlo e pensare a lui e al suo coetaneo come a una coppia.

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