La sinistra Dem e il suo unico obiettivo: abbattere Renzi

Non c’è nulla da fare. La sinistra Dem non riesce a cambiare disco. Non riesce a costruire una visione alternativa rispetto alla’idea di sinistra messa in campo in questi anni da Matteo Renzi. Anche oggi che il premier vive un momento non certo brillante l’unica cosa che sembra riuscire con grande naturalezza alla minoranza del Pd è quella di cercare di mettere i bastoni tra le ruote del governo, raggiungendo, paradossalmente,  l’esito opposto: quello di aiutarlo.

Dopo l’inutile agguato su un emendamento della riforma Rai, l’armata brancaleone delle minoranze dem mira ora al bersaglio grosso: la riforma costituzionale, attesa in Senato in seconda lettura. Il messaggio contenuto nello sgambetto al premier sul testo della Rai era chiaro e limpido: se non tratti con noi, se non ci dai ascolto, impalliniamo il ddl Boschi.

Ed i numeri, sempre in bilico al Senato per il governo, sono in effetti dalla parte della minoranza dem che, se rimanesse compatta, potrebbe veramente impedire l’approvazione del Ddl Boschi. A poco servirebbe anche il soccorso dei Verdiniani, senza una marcia indietro di almeno una parte dei senatori di Forza Italia.

Ma almeno un paio di cose vanno dette, chiaramente. Ormai la minoranza del Pd si comporta come se fosse un partito nel partito. Facendo ciò di cui la componente renziana veniva accusata, dalla ex maggioranza circa due ani fa. Vota tutto in autonomia, fregandosene di qualsiasi orientamento espresso dalla direzione o dal gruppo parlamentare stesso.

Il comportamento di Gotor e compagni rischia, ancora una volta, di impantanare il paese. Della fine del bicameralismo la politica italiana parla (senza combinare nulla) da almeno un decennio. Ora che la riforma è a portata di mano la sinistra del PD è pronta a buttare tutto dalla finestra con un unico fine: abbattere Matteo Renzi.

Una vera e proprio ossessione per costoro, che, ancora oggi, non hanno accettato di aver perso il congresso. Anzi, di averlo straperso. Vale la pena ricordarlo: Renzi non è il leader del PD per un destino cinico e baro che ha privato gli ex ds del bastone del comando, ma perché in fila ai gazebo delle primarie, gli elettori democratici – dopo il disastro di Bersani alle elezioni politiche del 2013 – hanno scelto l’ex sindaco di Firenze.

Il vero motivo di tanta ostinazione contro il governo guidato dal loro partito, è solo questo. Un odio antropologico per Matteo Renzi e per quello che il premier rappresenta. Renzi potrebbe anche stravolgere il testo di riforma del Senato, come ha fatto tra la prima e la seconda lettura dell’Italicum, ma non arriverebbe mai a trovare una sponda positiva in chi, ad oggi, ha dimostrato soltanto di volerlo abbatterlo, piuttosto che “pungolarlo”.

Basterebbe ricordare ai vari D’Attore, Cuperlo e compagni, che il governo Renzi esiste in quanto il governo Letta fu sfiduciato in diretta streaming, durante una direzione nazionale, con il voto e il sostegno della minoranza Dem. Anche loro contribuirono a mandare Renzi a Palazzo Chigi, votando a favore del documento allora proposto (Cuperlo disse “Avevamo auspicato che non ci fosse il voto per evitare ulteriori lacerazioni, ma di fronte alla necessità di esprimersi sul documento proposto dal segretario voteremo a favore”). Lamentarsi oggi del doppio ruolo di Renzi, o del fatto che Renzi faccia Renzi – ovvero dia poco ascolto a tutti coloro che non si chiamano Matteo di nome e Renzi di cognome – rientra tra le cose più inutili che ci possano essere.

Se il problema è la paura che il Presidente della Repubblica venga eletto dalla sola maggioranza di governo, magari raggiunta grazie al premio di maggioranza dell’Italicum, basterebbe condizionarne l’elezione stessa ad una maggioranza particolarmente qualificata, come in qualche modo la riforma Boschi già prevede.

Non è in discussione qui se la riforma debba piacere o meno a tutti i parlamentari del Pd, è in discussione il “come” si sta in un partito. E’ giunto il momento che si tracci una linea tra il legittimo dissenso interno e la responsabilità del sostegno al governo. Perché non è accettabile che ogni diatriba interna al PD – e succede esattamente da quando il Pd esiste –  venga sistematicamente scaricata sulle istituzioni di questo paese.

Come se non bastasse, inoltre, la sinistra dem condisce le proprie battaglie con una serie di accuse al suo segretario e premier che sono al limite della ferita costituzionale. Lasciare intendere che Renzi sia una sorta di devastatore della democrazia nostrana, è una cosa difficilmente conciliabile con la permanenza in un partito guidato da un tale dittatore.

Sembra, ad oggi, che la sinistra dem – ancorata ai soliti nomi – faccia ancora a fatica a capire che è stato proprio il popolo democratico a metterla in soffitta, e non un dittatore sopraggiunto da terre nemiche.

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