La fuga di Meriem Rehaily, 19 anni: da Padova alla Siria per combattere con l’Isis

Percorrere i 120 km che separano Padova da Bologna, forse sfruttando il passaggio di un amico o forse a bordo di un treno, e poi imbarcarsi su un volo della Turkish Airlines per raggiungere Istanbul. Ha trascorso così le ultime ore in Italia Meriem Rehaily, la 19enne della provincia di Padova che la scorsa settimana è scappata di casa per andare a combattere in Siria tra le file dello Stato Islamico.

 

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MERIEM REHAILY, LA SUA STORIA –

Meriem una delle mosche bianche, insospettabili, che dall’Occidente decidono di abbandonare una vita normale per partecipare alla Jihad, senza preavviso. Gli uomini dell’Antiterrorismo definiscono la ragazza una vittima della «carta moschicida», la piattaforma social dei reclutatori dell’Isis. Alcuni giovani occidentali ne restano impigliati. Il meccanismo è noto: partono inviti a raffica nei forum, le chat di Skype, i messaggi via Whatsapp. Su Repubblica ricostruisce così la storia l’inviato ad Arzergrande Paolo Berizzi:

Quando papà Roudani entra in Italia dal Marocco, Meriem ha 9 anni. Padre di famiglia zero indolenza: prima parcheggiatore, poi operaio alla Blue Box di Cantarana di Cona nel Veneziano, condizionatori. La figlia maggiore cresce, diventa graziosa, non vuole rinunciare a divertirsi e a scuola, all’istituto tecnico De Nicola, Piove di Sacco, arranca, perde un anno, ne rischia un altro. Ogni tanto “impicca” e va a Padova in pullman a fare le vasche. Si scontra coi genitori ma ha tutto: telefonino, computer, vestiti all’occidentale. «È vero, una volta l’ho scoperta in giro, non era andata a scuola. Mi sono arrabbiato. Ma non era scappata di casa». Cuore di padre, pudore privato. Nei cassetti della stazione dei carabinieri di Codevigo c’è una denuncia — ora allegata al dossier inviato al Ros di Padova e alla Procura distrettuale di Venezia — che dice altro: era stata lontana da casa un giorno e una notte, Meriem. Crisi. Sospetti. Mosse che forse andavano interpretate e intercettate prima. Nei mesi dirada i post su Facebook. Fino a chiudere il profilo. Un classico di chi ha in animo il progetto di fuga verso lo “Stato perfetto”. Una capace di mollare di colpo la famiglia, gli amici, la scuola, i pomeriggi al centro commerciale a provare le Nike, qualche rara festa.
A Arzergrande la crisi ha costretto le fabbriche a produrre tessuti a scartamento ridotto. La vita si è spostata su Piove di Sacco. Finita la scuola, il sabato e la domenica si va al mare: Caorle, Bibione, Jesolo. Lei, Meriem, no, la sua hijrah è altrove. La spiaggia è una scusa per darsi alla macchia. Aveva il chiodo fisso e nessuno si era mosso. «Basta stare a guardare, combattere in Siria contro gli oppressori occidentali. A voi fratelli musulmani». È uno degli ultimi post prima del seppellimento del profilo Fb. Profilo che gli investigatori hanno ripescato e stanno spolpando a ritroso. A partire dagli ultimi contatti. Quelli decisivi.

(Foto di copertina: un’immagine della propaganda jihadista sul web. Fonte: archivio Ansa)

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