D’Alema: «Il Pd? Non so dove stia andando»

«Il Pd? Non sto dove stia andando. O si muove nella direzione di un rassemblement neocentrista o si pone il problema di ricostruire il centrosinistra e di ricucire un rapporto con quella parte grande del nostro popolo che alle ultime elezioni ci ha lasciato». Massimo D’Alema rilascia un’intervista all’Unità (e già questa sarebbe una notizia, visto che il giornale fondato da Gramsci è rinato con un’anima renziana) ribadendo le sue forti perplessità sul futuro del suo partito e parla a tutto campo anche della vicenda greca, della crisi del progetto europeo e delle forti spinte populiste che lo indboliscono. L’ex premier, «sommerso dai libri» nel suo piccolo ufficio alla Fondazione Italianieuropei, invita il Pd ad «aprire una discussione seria e non soltato di affidarsi ai calcoli di un capo»:

Sul Pd mi sto interrogando. Non so dove stia andando.O si muove, come è stato scritto nella direzione di un rassemblement neocentrista, includendo come oramai sembra delinearsi una parte rilevante del ceto politico moderato e berlusconiano che sostiene ormai in modo determinante il governo, oppure si pone il problema di ricostruire il centrosinistra e di ricucire un rapporto con quella parte grande del nostro popolo che alle ultime elezioni ci ha lasciato. Sono due prospettive alternative su cui davvero varrebbe la pena di aprire una discussione seria e non soltanto di affidarsi ai calcoli di un capo.

 

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Ma da sottolineare, nell’intervista di D’Alema, è anche la sintonia dichiarata con Romano Prodi. Chi avrebe mai scommesso su una convergenza così netta dei due ex premier? Sull’accordo tra Atene e i suoi creditori Baffino si è detto d’accordo con il Professore: «Abbiamo evitato il peggio, ma non il male». Per D’Alema «l peggio sarebbe stato l’espulsione della Grecia dall’euro, ipotesi perseguita dalla destra europea»:

Da tempo sottolino la debolezza di questa Europa, che nei giorni scorsi ha dato una sconcertante immagine di sè, stretta da un lato dall’emergenza immigrazione e dall’altro dalla crisi greca. Cosa dire di un ricco continente che non riesce nemmeno a gestire decine di migliaia di profughi? Che litigica su chi debba dare accoglienz a quarantamila persone in fuga da sanguinosi conflitti, alimentando allarmi, paure e quello stato di tensione che fa crescere le forze più populiste e reazionarie? Così come è stata deludente, per usare un eufemismo, la gestione della crisi greca. Sono d’accordo con il giudizio dato da Romano Prodi: abbiamo evitato il peggio, ma non il male. Il peggio sarebbe stato l’espulsione della Grecia dall’euro, ipotesi perseguita dalla destra europea. Politicamente sarebbe stato un colpo al cuore del progetto europeo e avrebbe avuto conseguenze geopolitiche non valutabili nella loro portata. Psicologicamente, poi, la reversibilità dell’euro, la possibilità dell’euro di fallire, avrebbe avuto un impatto devastante sui mercati. I tassi di interesse sarebbero saliti in modo difficilmente arginabile anche da parte della Banca Centrale Europea. Si è evitato un disastro politico dalle conseguenze economiche e finanziarie incalcolabili e impressionanti.

D’Alema critica l’assenza di una politica della crescita:

La crisi greca è stata affrontata insistendo con quelle politiche di austerità che ormai da cinque anni producono danni, poitiche punitive che non funzionano. Non può esserci alcuna olitica del debito senza che vi sia anche una politica della crescita. In questo accordo ci sono anche punti ragionevoli, intendiamoci. Penso alla necessità di allineare l’età pensionabile a standard europei, ala possibilità di introdurre misure antipovertà, anche se c’è un meccanismo abbastanza stretto del controllo sulla spesa pubblica, all’indipendenza dell’Istituto di Statistica dal potere politico.

Dall’ex premier è arrivata anche un frecciata alla «signora» Angela Merkel:

Dopo le elezioni europee il Ppe è arretrato molto e il Pse ha recuperato terreno e s’è formato un governo di coalizione con Juncker che, durante la crisi greca, avrebbe potuto fare il suo lavoro cercando una mediazione per evitare il referendum. A impedirlo è stata la Germania, con una iniziativa dellas ignora Merkel che ha aperto una ferita gravissima, che ha impedito al’organismo comunitario competente di negoziare, puntando tutto sulo svolgimento del referendum con l’idea che la vittoria del Sì avrebbe rovesciato il governo greco. È stata una scelta politica fatta sulla base di una previsione sbagliata.

Infine, le soluzioni per la svolta. Per D’Alema serirebbe battersi per eurobond e investimenti pubblici:

Basterebbe fare quell che il Pse ha promesso in campagna elettorale. A cominciare dal fondo comune per l’abbattimento del debito. Non basta dire: ora serve la crescita, lo diciamo da 4 anni. Battiamoci come socialisti per gli eurobond, per un serio programma di investimenti pubblici, per una governance più forte e finalmente sovranazionale e comunitaria dell’area dell’euro. Facciamo un’azione per ridure le diseguaglianze fra Stati negli Stati. Questa dovrebbe essere la nostra piattaforma. Siamo stati vicini al baratro con il pericolo di una Grexit? Bene, rilanciamo. Tanto più che i Popolari non sono autosufficienti. Il Pse è componente essenzuale. Altrimenti la deriva sarà inevitabile e assisteremo a un rafforzamento dei populismi di destra e di sinistra.

(Foto: Ansa / Angelo Carconi)

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