Perché l’Europa del sud e quella del nord sono così diverse?

Non c’è dubbio che l’Occidente moderno e la democrazia abbiano avuto la propria aurora in Grecia, nell’Ellade. Eppure, nei secoli, il Paese ellenico e tutto il Meridione europeo, scrive Marino Niola sul quotidiano “La Repubblica“, tra la fine del ‘700 e l’800 sono stati «ripensati e in un certo senso reinventati dallo sguardo del Nord, quello germanico prima di ogni altro». In quel momento, scrive il giornalista e professore di antropologia, «si determina la biforcazione antropologica tra le due Europe, che da quel momento smettono di essere una».

Grecia
(archivio Ansa)

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GRECIA, L’EUROPA DIVISA –

In quel momento Germania, Inghilterra e Francia, attuali pilastri dell’Unione, diventano moderne. E forgiano la loro modernità in contrasto con il vecchi mondo euromediterraneo, relegandolo all’antichità:

«Non a caso è allora che nasce la scienza della mitologia greca. E a inventarla non sono i legittimi abitatori delle contrade del mito, ma filologi, filosofi, storici e archeologi tedeschi.Come Wilamowitz e Winckelmann. La cui devozione estetica per l’Ellade è indiscutibile. Ma è altrettanto indiscutibile che idealizzandola di fatto l’hanno reinventata. L’amico Marcel Detienne, il più grande grecista vivente, diceva poco tempo fa che in realtà la Grecia che noi conosciamo, quella che abbiamo studiato a scuola, è stata letteralmente creata da questi studiosi. Perché la mitologia antica diventasse un archetipo, un antecedente logico e archeologico, destinato a lasciare il posto alla razionalità moderna. Che i miti non li vive, ma li spiega. Ed è un grande errore, aggiungeva Detienne, perché pensiero mitologico e filosofia, cioè poesia e pensiero razionale non succedono l’uno all’altro sulla scena della storia. Ma nascono insieme. È per questo che la filosofia di Platone, anche quella politica, parla sempre attraverso il mito. Nella cultura nord-europea, a dominanza protestante, il Sud del continente e il mondo classico in generale diventano così la metafora culturale di un passato che non passa. Che non riuscirebbe a trasformarsi in presente, perché incapace di sincronizzarsi sul cambio di marcia della storia. E perciò resta fissato per sempre, come il fotogramma nobile di uno sviluppo mancato. Di una condizione submoderna. Che è alla radice della nostra nozione di sottosviluppo. «Questa è la patria delle divinità della mitologia greca. Terra degli dèi e degli eroi»,diceva Tocqueville, uno dei padri del liberalismo, sottintendendo così che non è la terra degli uomini di oggi. E in quegli stessi anni, le scoperte archeologiche compiute per lo più da tedeschi, inglesi e francesi, fanno affiorare un passato glorioso di cui i popoli mediterranei appaiono gli indegni continuatori. Portatori sani dell’antico,una sorta di archeologia vivente. E spesso i grandi archeologi come Schliemann, che nel 1871 scopre le rovine di Troia e nel 1874 quelle di Micene, la città di Agamennone, parlano con accenti liricamente solenni delle rovine di pietra. E con disprezzo di coloro che abitano senza merito quelle terre. Parlandone, come fa qualche volta anche Voltaire, come di selvaggi di casa nostra. […] E così la Grecia emigra verso eredi che si ritengono più degni del lascito. L’altare di Pergamo va a Berlino, il frontone del Partenone a Londra e la Nike di Samotracia a Parigi», spiega Niola

GRECIA, LA CULTURA ELLENICA RELEGATA NEL PASSATO –

In pratica, la Grecia è stata relegata anche dai suoi maggiori studiosi moderni in un passato di maniera, scindendo mito e pensiero razionale:

«Perfino coloro che hanno amato alla follia l’altra Europa, come Goethe, Madame de Staël, Hölderlin, fino a Nietzsche e a D.H. Lawrence, l’hanno di fatto minorizzata sul piano sociale e antropologico, arretrando il suo presente in una antichità spesso di maniera. Più mitologica che storica. Più neoclassica che classica. Contrapponendo, per esempio, la fredda ragione calcolante del Nord, così ben rappresentata oggi a Bruxelles, al calore antico ma improduttivo del Mezzogiorno. […]Il problema resta sempre quello di un risveglio mancato. Di un asincrono dello sviluppo che riproduce la faglia tra popoli che fanno la storia e popoli portatori inerti della tradizione. Fissati nel fermo immagine di una non-storia prigioniera del passato. Una faglia antica che pesa sul futuro dell’Europa»

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