Debiti Roma Capitale, spunta un buco da 800 milioni

Debiti Roma Capitale, nonostante i piani di rientro, decreti Salva Roma e gestione commissariale del debito pregresso spuntano fra le pieghe delle carte contabili del Campidoglio altri 853 milioni di buco: esattamente la quota che la giunta di Ignazio Marino ha ereditato da quella di Gianni Alemanno, faticosamente messa in sicurezza con sforzi sia legislativi che contabili. Grazie ad alcune modifiche normative, alcune delle poste ascritte a bilancio devono essere modificate nella loro consistenza e destinazione: appare così il buco.

DEBITI ROMA CAPITALE, SPUNTA UN BUCO DA 800 MILIONI

Giovanna Vitale sulla Cronaca di Roma di Repubblica ci spiega l’entità della nuova presunta voragine di Roma Capitale.

Ora l’assemblea capitolina ha 25 giorni di tempo per chiudere la falla aperta a seguito del riaccertamento straordinario dei residui di bilancio attivi e passivi previsto dalla riforma sull’armonizzazione dei sistemi contabili varata dal governo nel 2009 e integrata con due decreti nel 2011 e 2014. Un’operazione che consiste, tra l’altro, nella cancellazione dal bilancio di tutti i residui attivi e passivi cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 1° gennaio 2015. Al termine del riaccertamento, che ha coinvolto tutte le strutture di Roma Capitale, è emerso un «disavanzo tecnico pari a 853.150.413,04 euro» che dovrà essere ripianato «con successiva deliberazione dell’assemblea capitolina » entro il 14 giugno. Squilibrio che, riforma alla mano, potrà essere corretto in 30 annualità. Il che, per Roma Capitale, corrisponde a una “manovrina” da circa 30 milioni all’anno.

Si tratta di un importo, dice Silvia Scozzese, assessora al Bilancio di Roma Capitale, perfettamente compatibile con i conti della città: ripianare il buco sarà un affare abbastanza impegnativo, che richiederà decenni.

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DEBITI ROMA CAPITALE, L’ASSESSORE SCOZZESE: “TUTTO SOTTO CONTROLLO”

Mano a mano, la città coprirà il disavanzo senza particolari traumi, dice l’assessora, che secondo Repubblica prova così a minimizzare.

 Da un lato calcando la mano sulla natura meramente tecnica del buco, generato dalle nuove norme nazionali, dall’altro affermando che agli 853 milioni di disavanzo «corrisponde un accantonamento annuo di 28 milioni». Un valore che può apparire una goccia nel mare rispetto all’entità dell’ammanco registrato, ma che «questa amministrazione può sopportare agevolmente anche considerando che abbiamo un bilancio di parte corrente di oltre 4,4 miliardi». È tranquilla, l’assessore. «L’Anci aveva quantificato il disavanzo per tutti i Comuni in oltre 15 miliardi di euro», spiega. «Calcolando il peso di Roma sull’intero comparto comunale, che normalmente si aggira sul 10%, si tratta di un risultato che non desta preoccupazione e non rappresenta alcuna anomalia».

Ma sono le stesse forze della maggioranza, le frange più critiche con la giunta di Ignazio Marino, colgono l’occasione per prendere posizione nei confronti del governo Matteo Renzi che ha varato gli ultimi atti normativi: “È del tutto evidente che le nuove disposizioni contabili volute dal governo Renzi, sommate all’incapacità dell’azione dei tecnici inviati ad amministrare le casse capitoline, rischiano di provocare ricadute pesanti sui cittadini e sui lavoratori”, dice Gianluca Peciola, capogruppo di Sel in Assemblea Capitolina.

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