L’Italia che abusa del parto cesareo

18/05/2015 di Mazzetta

L’Italia ha un prima in Europa. Un primato di cui non andare molto fieri, però. Siamo il paese del vecchio continente che più di tutti utilizza la tecnica del  parto cesareo al posto del parto naturale. Anche quando il parto naturale sarebbe assolutamente sicuro. Infatti, i dati sui parti cesarei in Italia dicono che sicuramente si abusa delle pratica, ma ci sono segnali incoraggianti che mostrano un calo, anche se lento, e un ritorno del parto naturale.

PARTO CESAREO

IN ITALIA IL RECORD DEI CESAREI –

I numeri e le statistiche disponibili dicono che nel nostro paese si sono fatti più parti cesarei del necessario, al punto da svettare in Europa. Come tutti gli interventi chirurgici però comporta un rischio di complicazioni e vi si dovrebbe ricorrere solo quando lo richiede l’esigenza clinica. L’intervento chirurgico è sicuramente opportuno, se non necessario e salvavita, in un buon numero di casi, ma nel nostro paese nelle regioni che praticano il più alto numero di cesarei corrisponde un maggiore tasso di mortalità, seppure si parli di differenze minime e i genere gli ospedali italiani siano tra i più sicuri al mondo nei quali partorire. Uno studio, pubblicato nel 2011, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità su 8 regioni campione, ha dimostrato invece che la mortalità materna nel nostro Paese è 11.8 per centomila nati, dato nella media dei Paesi Europei della UE.

LA SANITÀ ITALIANA E I TAGLI –

Altro genere di considerazioni sembra invece alimentare l’anomalia italiana, che vede il numero dei cesarei crescere scendendo verso Sud perché fondamentalmente il parto cesareo è scelto dai sanitari per compensare le deficienze dei servizi di maternità sul territorio. L’incidenza di piccoli punti nascita (meno di 500 parti l’anno) è strettamente correlata al tasso di parti cesarei tra province.La differenza fondamentale tra un parto naturale e uno con il taglio cesareo è che il secondo è programmabile e di solito programmato, il che permette di fornire il servizio anche dove i presidi sanitari non si possono permettere la presenza di personale medico 24 ore al giorno per tutta la settimana, che è quella che serve a rispondere all’afflusso di parti naturali, per loro natura imprevedibili.

UN FENOMENO SOTTO OSSERVAZIONE DA TEMPO –

I dati presentati di recente da LaVoce.it confermano l’esistenza e la distribuzione del fenomeno e sono coerenti con quelli che fin dal 2008 hanno portato all’adozione di nuove linee guida per il parto cesareo e hanno spinto le regioni a cercare di ridurre il loro numero, anche perché il parto cesareo costa di più di un parto naturale alla sanità e scendere dal quasi 36% attuale al circa 25% della media europea o al 15/10% dei paesi più virtuosi rappresenterebbe un notevole risparmio per la spesa sanitaria, anche se la già ricordata questione della copertura del territorio dice che il confronto sul costo del singolo intervento non è troppo veritiero, perché là dove i numeri calano il costo unitario è destinato a crescere notevolmente.

MOLTO SI PUÒ FARE –

Per abbattere la quota di tagli cesarei che non sono riconducibili ad
appropriate indicazioni cliniche c’è comunque un ampio spazio di azione e di miglioramento, come dimostrano alcuni casi di successi, anche al Sud, dove già prima dell’adozione delle nuove linee guida nazionali, nel presidio ospedaliero San Leonardo di Castellammare di Stabia  il tasso di cesarei è passato dal 52,7 per cento del 2003 al 17,5 per cento del 2008 grazie alla redazione locale di linee guida di contenimento del taglio cesareo e di un piano di monitoraggio. Anche in Lombardia si è riusciti a contenerne il tasso equiparando i rimborsi per cesareo e parto naturale e incentivando il ricorso al parto naturale analgesico e in Emilia-Romagna con la creazione di dipartimenti materno-infantili. La situazione recente è descritta dai dati riportati da LaVoce.it:

In Italia quasi quattro parti su dieci vengono effettuati con un taglio cesareo: nel 2013 si è registrato un tasso pari al 36,3 per cento, più elevato rispetto agli altri paesi europei e agli Stati Uniti e aumentato nel tempo (era l’11 per cento nel 1980. Vedi figura 1). I dati mostrano anche una considerevole variazione geografica: la percentuale di cesarei sul totale dei parti in Campania supera il 60 per cento, mentre in Friuli Venezia Giulia – che ha il tasso più basso del paese – è del 23,4 per cento nel 2013.

Il lasso temporale analizzato nell’articolo parla di un aumento dal 1980, ma in realtà dall’adozione delle nuove linee guida a oggi il numero degli interventi ha invertito la tendenza e ha cominciato a calare, anche se resta elevato. A spiegare i dati che mostrano l’impetuosa diffusione dei cesarei in Italia però non bastano i tagli e la logistica della sanità, in ritirata ancora più veloce dalle regioni che più stanno perdendo abitanti, anche perché l’intervento è generalmente più pericoloso per le puerpere e può portare conseguenze sconosciute nei parti naturali.

I PROBLEMI DEL CESAREO –

La mortalità materna nelle donne sottoposte a taglio cesareo elettivo è circa 4 volte superiore rispetto a quella delle donne che partoriscono per via vaginale. Le cause principali di morte associata a taglio cesareo sono: emorragia, sepsi, embolia polmonare, problemi anestesiologici. I problemi di salute materna dopo il taglio cesareo elettivo sono circa 8 volte superiori rispetto alle donne che partoriscono per via vaginale. La convalescenza dopo il cesareo richiede più tempo rispetto a quella successiva a un parto naturale e come gli altri interventi chirurgici maggiori anche il parto cesareo presenta un maggior rischio di complicazioni, a cominciare dall’anestesia. Perché la cicatrice del cesareo guarisca completamente, sono necessarie da quattro a sei settimane, alle operate è consigliato di proteggere la ferita con una mano quando fanno movimenti improvvisi o che stimolano la zona operata, ad esempio quando tossiscono, starnutiscono o ridono. C’è poi il rischio d’infiammazione e infezione delle membrane uterine (endometrite), infezioni dell’apparato urinario, diminuzione della motilità intestinale, formazione di trombi, infezione della cicatrice. ai quali aggiungere un aumento delle complicazioni durante le gravidanze successive. Un elenco lungo, ma questo non significa che il cesareo non sia sicuro, per gli esperti della Sidip, Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno Fetale, il parto cesareo è un intervento chirurgico la cui tecnica è da considerarsi di grande sicurezza e anche i numeri lo confermano, senza considerare che per un buon numero di casi il cesareo è e resta la soluzione migliore per la salvezza e la salute delle mamme e dei nascituri. L’unico vantaggio per le partorienti che non ne avrebbero bisogno per ragioni cliniche, è quello di evitare il travaglio e i conseguenti dolori, che pure oggi possono essere sedati. Nel nostro paese è inoltre in corso un revival culturale del parto naturale che meriterebbe di essere assecondato, anche se fortunatamente non ci sono da parte della classe politica segni d’ostilità come quelli rilevati ad esempio nelle Filippine o in Argentina, dove i governi meditano di vietare i parti in casa.

MENO FIGLI E PIÙ PREZIOSI –

Sembrerebbe quindi che chi ha promosso il ricorso al cesareo oltre le necessità cliniche sia una specie di mago del marketing, perché non è facile convincere nessuno a sottoporsi a interventi in molti casi inutili e più pericolosi del parto naturale, quando anche non più costosi, senza alcun vantaggio. Ma il vantaggio c’è, anche se è tutto dalla parte dei nascituri, che con il parto cesareo rischiano meno che con il parto naturale, ed è un dettaglio da non trascurare in un paese che vede le donne fare sempre meno figli, spesso uno solo e spesso in età avanzata, sul quale necessariamente vengono riversate cure e cautele che a volte crescono fin oltre il ragionevole e spingono puerpere e coppie a optare per il cesareo pensando alla salute dei nascituri.

SPESSO RESTA UNA SCELTA OBBLIGATA –

È probabilmente anche questa umana debolezza una leva potente che ha incontrato l’offerta sanitaria più scarsa o più diradata e ha spinto un numero tanto elevato di donne a ricorrere al parto cesareo ben oltre le necessità cliniche. Per le partorienti che risiedono a decine di chilometri da una maternità attrezzata e sempre pronta ad accogliere i parti naturali la prospettiva di partenza non è incoraggiante e lo diventa di meno con il crescere dell’età della donna e il calare del numero medio di gravidanze. Casi nei quali le controindicazioni di un cesareo non necessario possono impallidire di fronte alla prospettiva d’affrontare un lungo viaggio in auto, e magari non sulle strade migliori, in compagnia delle doglie.

 

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