GrilloLeaks: e se fosse successo con il PD?

08/05/2015 di Boris Sollazzo

GRILLOLEAKS –

La politica ormai è una lotta nel fango senza regole. Niente di strano, ma a nuotare in questo guano ci si mettono i giornalisti sempre più orfani di intuizioni, inchieste e vere interviste e sempre più in cerca di un buco della serratura da cui spiare. Naturalmente grazie a una gola profonda che gli indica dietro quale porta appostarsi e che a volte toglie la chiave per far vedere e sentire meglio.

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Di solito sono i magistrati – vedi Mafia Capitale, che ne è l’ultimo esempio – a passare carteggi di alcuna rilevanza penale ma di alto valore diffamatorio. Nel caso del Movimento 5 stelle probabilmente la talpa viene dall’interno. A intuire qualcosa prima degli altri è, come spesso accade da quelle parti, il bravo collega Caris Vanghetti, grillologo di rango, che solo pochi giorni fa parlava di “tante fonti” tra i pentastellati perché “pochi ormai ci credono”. Un modo serio ed etico di illuminare la zona oscura di una forza politica in crisi di crescita.

Chissà se sapeva o se solo interpretava un mood che si sviluppa da tempo. Ma in fondo per crescere bisogna uccidere i padri – Grillo e Casaleggio? -, figuriamoci se non ci si debba confrontare con la realtà della politica, ben più misera degli ideali di democrazia orizzontale sulla Rete, utopia irrealizzabile (e questo i M5S lo hanno capito subito, quando hanno visto che affidavano le proprie decisioni a poche migliaia di persone, non di rado sconfessate dai lider maximi Beppe e Gianroberto).

GIORNALISMO E BUCO DELLA SERRATURA –

Il punto è che cosa fa il giornalismo di fronte a Grilloleaks, un lavoro di rimestamento nel torbido grottesco. Per carità, era impossibile ignorare il terremoto (sopravvalutato) di stamane: il sito era l’ideale per smuovere un inizio maggio noiosetto (ne abbiamo dato notizia anche noi, infatti), ma da qui alla totale mancanza di rispetto verso gli esponenti grillini che si è vista in queste ore, ce ne passa. Cos’è successo, in fondo? Tra audio e frasi ora non consultabili perché il sito è stato bloccato, si è potuto notare che in quel partito – perché la notizia è questa: l’M5S a giudicare dalle frasi “estorte” è un partito – esiste dibattito, diffidenza verso i capi, qualche vanità di troppo e una scaltrezza ben mascherata dall’ingenua propaganda quotidiana dei 5 stelle.

COME REPUBBLICA CON BERLUSCONI –

Ma la domanda è un’altra: avremmo mai avuto un Pdleaks? Lo avremo mai? I leoni a nove colonne avrebbero fatto lo stesso se avessero avuto per le mani dialoghi sapidi e goffi di Lotti e Guerini, di Delrio e Boschi? Torniamo, di fatto, ai tempi dell’attacco che La Repubblica fece, con le famose 10 domande, a Silvio Berlusconi. Invece di metterlo di fronte alle proprie responsabilità politiche pensò bene, anni fa, di ravanare nella sua vita privata, in una condotta morale e legale poco edificante, ma di sicuro che poco aveva a che fare con la montagna di questioni che tutti i media non si erano sognati di porgli fino a quel punto (e neanche dopo: ricordate il teatrino elettorale di Santoro, Travaglio e Sua Emittenza?).

L’ultima intervista “scomoda”, il fondatore di Forza Italia la subì da Giovanni Minoli. Nel 1994. Nei ventun anni dopo troppi colleghi hanno vergato corsivi al veleno, al massimo, e pubblicato intercettazioni prurigionose, dalle pepate chiacchierate su di lui tra le sue ministre alle olgettine.

Ora, invece di rilevare le contraddizioni di un Movimento che rischia l’implosione e che per crescere deve risolvere molte contraddizioni, diverse storture e uno scollamento tra militanti e dirigenti ben più ampia di quanto denuncino i profili facebook di questi ultimi, li si attacca in ciò che sono liberi di pensare, dire e fare nel privato. In colloqui che giustamente vanno protetti, perché non conosciamo i rapporti personali, i toni ironici, il codice che tra loro utilizzano. Vengono messi alla berlina con una mossa vigliacca di un ex amico; presumibilmente, aiutato da un giornalismo vigliacco e sensazionalista, che fa sembrare il Daily Mirror il New York Times.

BEPPE GRILLO, CHI DI SPADA FERISCE… –

Si rinfaccino a Grillo e soci le espulsioni con due pesi e due misure, la miopia di una politica non di rado massimalista e incoerente, l’incapacità di una sintesi pratica e teorica di quei voti che tutti i populismi, come ha fatto notare la nostra Maddalena Balacco, stanno inevitabilmente perdendo. Si racconti anche di alcuni grillini entrati nelle logiche della peggior politica, non molto lontane dal mitico De Gregorio di berlusconiana memoria (ma lì si poteva sparare a zero, il nemico era un babau per il Potere antico e familistico, ben rappresentato da patti di sindacato e proprietà di vari nostri quotidiani e corporate mediatiche). Ma non si può, potrebbero arridere al nuovo Potere alcuni dei fuoriusciti.
Non si guardi in casa loro in modo così squallido. Non si spii come, direbbero a Napoli, dei “rattusi”. Il giornalismo, anche quello italiano, è ben altro.

E ai pentastellati chiediamo di riflettere: l’ossesione per intercettazioni e leaks vari, il giustizialismo un tanto al chilo da incartare con la carta di giornali compiacenti e tanti 1 e punti esclamativi in status dei social più o meno deliranti, l’hanno cavalcata fino all’ossessione in questi anni. Eletti ed elettori del Movimento 5 stelle.
Complottismo, bufale trasformate in scoop virali, diffamazioni 3.0, linciaggi da branco dei leoni da tastiera. Sono state le munizioni del Movimento duro e puro che doveva cambiare tutto e invece ha trovato solo nuove strade per vecchi usi e costumi.
Ora quell’arma è puntata verso chi l’ha usata per anni. E fa male. Anzi, fa schifo.

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