“Sono stato con la mia alunna, ma lei ci stava”

19/12/2011 di Dario Ferri

Condannato ad otto anni il professore di Bergamo che abusava di un’allieva. La difesa punta sull’età della ragazza

Tre anni di abusi ai danni di una giovanissima alunna, durante i quali dai palpeggiamenti si sarebbe passato ai rapporti completi. Per questa ragione un insegnante quarantenne di Bergamo è stato condannato ad otto anni di carcere. L’accusa sembra averlo incastrato. Ma la difesa del professore risponde affermando che la ragazza al momento dei rapporti era consenziente e aveva già compiuto 16 anni di età.

LE ATTENZIONI DEL PROFESSORE – Ricostruisce la storia oggi L’Eco di Bergamo:

Dietro i distributori delle bibite, nelle aule vuote, in qualche boschetto, persino a casa del professore, quando la moglie non c’era. Per quasi tre anni una studentessa minorenne di una scuola superiore della Val Seriana (omettiamo l’indicazione esatta per tutelare la giovane vittima) è stata sottoposta alle pesanti attenzioni di uno dei suoi insegnanti, che l’avrebbe costretta anche ad avere rapporti con lui. L’uomo, un quarantatreenne, è stato condannato dal tribunale di Bergamo a otto anni per violenza sessuale su minore. Gli episodi contestati dal pm Carmen Pugliese vanno dall’ottobre 2007 all’aprile 2010, cioè da quando la ragazzina (all’epoca in cura da uno psicologo) aveva 14 anni fino a quando ne ha compiuti 17. Gli approcci dell’adulto si sarebbero fatti via via più insistenti: dai palpeggiamenti e dai baci rubati, si sarebbe col tempo giunti a rapporti completi, fino a richieste oscene (sempre respinte dalla vittima) durante tali rapporti.

DAI PALPEGGIAMENTI AI RAPPORTI – La attenzioni dell’insegnante si sarebbero via via fatte sempre più assillanti. Il professore avrebbe costretto la ragazzina ad avere rapporti completi. Continua L’Eco di Bergamo:

Secondo le contestazioni, dall’ottobre del 2007 al gennaio 2008, l’insegnante avrebbe più volte toccato l’allieva. Nell’ottobre del 2008 avrebbe tentato di baciarla e un mese più tardi l’avrebbe portata in un bosco, dove l’avrebbe baciata e palpeggiata. Sempre nel novembre 2008, l’avrebbe obbligata a un rapporto orale. Episodi simili, tra il novembre 2008 e il gennaio 2009, anche dietro le macchine delle bibite all’interno della scuola. Il 28 gennaio 2009, stando ai racconti della vittima, l’insegnante l’avrebbe caricata in auto e portata in un boschetto, abusando di lei. In più occasioni la ragazza sarebbe stata vittima del quarantatreenne anche nell’ascensore e nelle aule vuote dell’istituto. Dall’estate 2009 l’insegnante comincia a portarla anche nella propria abitazione, approfittando della momentanea assenza della moglie. Il 2 luglio è tra le proprie mura che, per l’accusa, abusa della studentessa. Nell’agosto del 2009 è invece lui che raggiunge il luogo dove vive la ragazza, entrando in camera dalla finestra. Dall’agosto del 2009 al gennaio del 2010, comincia a emergere, stando al pm, la perversione dell’insegnante, con insulti, telefonate morbose, richieste di foto e proposte oscene che la ragazza ha sempre rifiutato.

LA DIFESA: “LA GIOVANE ERA CONSENZIENTE” – L’imputato e i suoi legali provano a dimostrare come la ragazza vittima degli abusi fosse in realtà consenziente, e come, quando sono avvenuti i rapporti, avesse già compiuto i 16 anni di età:

La denuncia era partita dai genitori, che avevano raccolto le confidenze della figlia. Per il professore era scattato l’obbligo di dimora (ora revocato). Durante il dibattimento l’uomo ha confessato i rapporti, sostenendo però che la ragazza era consenziente. L’imputato ha affermato di aver cominciato ad avere rapporti sessuali con la giovane quando lei aveva più di 16 anni o comunque quando lei aveva già lasciato l’istituto (in questo modo non sussisterebbe il legame tra il minorenne e le persone a cui «per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia » è affidato, rapporto che innalza l’età del consenso a 16 anni). Per questo motivo il difensore aveva chiesto l’assoluzione. Il tribunale ha però accolto la richiesta di condanna dell’accusa, anche se con pena più attenuata (8 anni, anziché i 12 invocati), disponendo un risarcimento provvisionale di 100 mila euro per la parte civile, rappresentata dall’avvocato Francesca Cattaneo. Infine, il pm Pugliese ha stigmatizzato il comportamento processuale dei compagni della ragazzina (per alcuni dei quali ha chiesto la trasmissione degli atti per falsa testimonianza): «Da loro non è giunta alcuna solidarietà per la vittima, sempre considerata una pazza che si inventava tutto. La sentenza del tribunale è la dimostrazione che la povera ragazza raccontava la verità e non veniva creduta».

Share this article