Gennaro Migliore: “L’Italicum? Ormai è un’altra legge”

21/04/2015 di Boris Sollazzo

L’Italicum ha lo stesso odore del Porcellum“. Così diceva e ribadiva sui social, nel marzo del 2014, Gennaro Migliore, allora ancora dentro Sel. Un anno e cinque settimane dopo interviene in tv e twitta così.

E ora, quello stesso deputato, passato al Pd poco prima dell’ultima Leopolda, dell’Italicum è relatore. Da primo nemico, insomma, a primo difensore di una legge che sta squassando il Pd, che Berlusconi usa per vendicarsi del metodo Mattarella e che Renzi pretende di portare a casa. Gennaro Migliore rivendica tutto, non rinnega nulla.
Anzi, indica come la posizione di massima coerenza, in merito, sia proprio la sua. Capace di vedere e apprezzare le modifiche che altri, invece, sottovalutano. Inconsciamente. O probabilmente no.

GENNARO MIGLIORE E L’ITALICUM –

Gennaro Migliore Italicum

Chi ha ragione, onorevole Migliore? La minoranza Pd o lei che in 13 mesi da argine all’Italicum ne è diventato un baluardo?

Nella mia dichiarazione di voto dell’epoca citai un romanzo di Alberto Arbasino, Un paese senza. E io parlai, appunto, di una legge elettorale “senza”. Senza discussione parlamentare. Senza preferenze. Senza parità di genere. Senza rappresentanza per troppi elettori a causa delle soglie punitive, degli sbarramenti bizantini: il 4,5% in coalizione,  l’8% fuori coalizione, il 12% per le coalizioni. E questo valeva anche per il premio di maggioranza che ora va a chi arriva al 40% (e non al 35 o al 37%, come prima) e che sarebbe andato, magari, all’unica formazione politica sopra soglia della coalizione. Con il paradosso che si sarebbe potuto avere, teoricamente, una formazione di partiti tutti sotto allo sbarramento, che vincevano insieme le elezioni e il premio, ma non avevano diritto a “riscuoterlo”. Non c’era, infine, la rappresentanza dei voti degli studenti di Erasmus.

E poi cos’è successo?

Posso essere presuntuoso? Ripercorrendo quel mio intervento che raccoglieva le mie preoccupazioni, ma anche quelle di molti altri, comprese quelle di diversi esponenti della minoranza Pd, scopro che tutti i punti fondamentali che allora elencai hanno subito sostanziali modifiche. Sarei incoerente se ora non la sostenessi. Sarebbe ideologico e pregiudiziale rimanere sulle stesse posizioni di un anno fa, visto che la legge, rispetto ad allora, è cambiata nelle sue parti fondamentali. Migliorando.

Basta ripercorrerne le tappe. L’Italicum di oggi è stato ampiamente discusso, tutto, al Senato, con un coinvolgimento ampio e partecipato, dalla maggioranza a Forza Italia. E tutto è avvenuto in Parlamento.
Le preferenze ora ci sono: si può anche discutere sul fatto che debbano essercene qualcuna in più o in meno, ma un cambiamento è avvenuto. Sulla parità di genere è evidente e riconosciuto da tutti che ora parliamo di un sistema normativo d’avanguardia in Europa. I capilista dello stesso sesso in ogni circoscrizione non potranno andare oltre il 60% del totale e nella doppia preferenza, bisognerà esprimersi su un uomo e una donna, obbligatoriamente. Lo sbarramento ora è al 3%, assicurando ampia rappresentanza alla gran parte dei votanti. Inoltre c’è il premio di maggioranza che va alla lista e così eviteremo anche le coalizioni arlecchino, tipiche da seconda repubblica, con Berlusconi che metteva dentro anche la lista dei tifosi del Milan o del centrosinistra ricattato dall’Udeur. E abbiamo ottenuto il voto per gli italiani all’estero anche temporaneamente, come gli Erasmus. E’ un’altra legge.

Forse Renzi ha sparato alto allora per raccogliere questo. Ma di fatto, si fa fatica a comprendere i toni della polemica attuale sull’Italicum: il premier su nessun altro tema è stato così flessibile e disponibile a cambiamenti.

Non voglio passare per ingenuo, ma non riesco davvero a comprenderlo neanche io.
Le barricate che vedo non le concepisco, alla luce di ciò che è successo. Vedere Speranza, da sempre un esempio di mediazione, esprimere un gesto di grande rottura come le dimissioni da capogruppo, mi stupisce. Soprattutto alla luce del fatto che i cardini della legge non sono messi in discussione neanche da quel pezzo di partito a cui fa riferimento: il risultato certo, la parità di genere, i fondamenti non vogliono demolirli. E attaccarsi a Forza Italia che ora non vota per una ripicca sul metodo Mattarella – ma non è un presidente? Definirlo metodo è buffo – non basta. Speranza, pure andandosene, però, ha ribadito che l’impianto complessivo va rispettato, come ha sottolineato anche Cuperlo.
Va bene il ballottaggio, così come l’allontanamento dalla legge precedente. E allora perché la posizione è così netta, se poi le modifiche che si vogliono non sono sostanziali? Non capisco neanche il fatto che su altre battaglie, forse, non si è lottato come mi sarei aspettato mentre qui si vuole, che so, il 65% di preferenze invece del 60%.
C’è pure da dire che ci sono dei momenti grotteschi in questa discussione soprattutto fuori dal nostro partito: come la Lega che paventa la possibilità e il pericolo che con il ballottaggio potrebbe aprire le porte a una forza anti-sistema. Per dire.

La pregiudiziale Le Pen espressa dai leghisti. Però, non è male. Insomma il problema è tutto nei capilista bloccati?

Ma anche là è cambiato tutto. Io preferisco i collegi, ma passare dalle liste bloccate di un anno fa, ai soli capilista bloccati attuali, è una rivoluzione determinante. Poco più di un terzo degli eletti andranno in effetti in Parlamento così, più della metà con le preferenze. I piccoli la possono risolvere con le candidature multiple. Prendiamo Sel: Vendola, Airaudo, De Petris, Fratojanni si candideranno in 10 colleggi. Il che vuol dire che in uno saranno eletti come capolista e negli altri subentreranno le preferenze. Nella peggiore delle situazioni la proporzione nel caso dei partiti con numeri più bassi sarà 50 e 50.

Si sente di dare consigli, da uno che viene dalla minoranza, a chi ora protesta contro l’Italicum?

No, proprio perché ricordo quanto mi dava fastidio ascoltare chi pretendeva di ragionare al mio posto. Non siamo sulla stessa posizione e sarebbe un atteggiamento arrogante, il mio, se lo facessi. Ho sempre grande rispetto delle minoranze, persino di quelle più oltranziste come Lega e M5S. Certo, mi aspetto di essere ricambiato e quindi che ognuno faccia la sua parte, perché anche questo è rispetto.

Come finirà?

Credo si stia aprendo un interessante dibattito sulle possibili riforme della legge costituzionale, in commissione. Siamo poi alla vigilia di una legge sul conflitto d’interessi, già all’esame della commissione affari costituzionali, dove c’è una proposta sulla modifica dell’art. 49, sulla disciplina della democrazia dei partiti. Siamo nel pieno di una fase politicamente fertile, insomma, che si innesta in una fase di riorganizzazione e risistemazione delle istituzioni. E’ una fase interessante questa. Si pensa ci sia un uomo solo al comando, si parla di un partito come il Pd in cui non esiste discussione. Eppure io non ho mai avuto più confronti proficui come in questo Partito Democratico e l’Italicum è l’esempio di come questa dialettica abbia portato a profonde evoluzioni in una proposta inizialmente insoddisfacente. Non c’è solo Renzi nel Pd, nel governo, nella politica italiana. Anche se ai giornalisti piace semplificare questo momento politico così. Basta un’analisi più approfondita per capirlo.

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