Italicum, Marco Meloni (Pd): Legge sbagliata, pronti al Referendum per abrogare i capilista bloccati

E’ uno degli “epurati”, ovvero dei deputati sostituiti in commissione dalla maggioranza renziana del Pd. Eppure Marco Meloni, parlamentare democratico storicamente vicino ad Enrico Letta, non contesta tanto questa mossa del premier e dei dirigenti a lui più vicini, ma la sostanza del provvedimento, della legge elettorale. Per Marco Meloni il problema è l’Italicum e la sua scarsa capacità di rappresentare la scelta dei cittadini a cui, ancora una volta, non viene restituita, dopo gli anni del Porcellum, la possibilità di scegliere il proprio parlamentare.

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Italicum Pd Bindi
Italicum, i deputati Pd sostituiti in commissione Affari Costituzionali: tra questi D’Attorre, Bersani, Bindi, Cuperlo e Marco Meloni

 

Onorevole Meloni, sono anni che la politica parla di legge elettorale. Ad un passo dall’approvazione del nuovo testo, il Pd si divide in maniera quasi traumatica. Qual è l’aspetto dell’Italicum che non la convince?

«Lo stesso che non mi convinceva nel primo passaggio parlamentare della legge: impedire a tutti (allora) o alla grande maggioranza degli elettori (oggi) di scegliere direttamente i parlamentari è un errore gravissimo. Significa non aver compreso che il Porcellum con le liste bloccate ha aperto una voragine tra Parlamento e cittadini. Se cittadini non riconoscono più nei parlamentari i loro rappresentanti la crisi della democrazia rappresentativa non fa che aggravarsi irrimediabilmente. Quanto ai tempi: la legge non si può applicare prima del 1° luglio 2016, e non avrebbe alcun senso votare prima che siano ultimate le riforme costituzionali, visto che la legge vale solo per la Camera dei deputati. Anche in questo caso si va al prossimo anno. Dunque, se per migliorare la legge sotto il (decisivo, per me) profilo della rappresentanza occorre qualche mese in più, non raccontiamo balle: c’è tutto il tempo».

L’Italicum è cambiato molto rispetto all’idea iniziale. Spesso anche in considerazione delle osservazioni delle minoranze del Pd. Non pensa che il testo di oggi sia un giusto compromesso?

«Io non faccio parte organicamente di alcuna “componente” del Partito Democratico, dunque parlo per me. Ci sono state modifiche, alcune positive, altre meno. Credo sia positivo consentire finalmente che i cittadini, che già lo fanno per tutti i loro rappresentanti dal consiglio comunale al Parlamento europeo, possano indicare direttamente il deputato che vogliono eleggere; ma se poi nella grande maggioranza dei casi questa scelta finisce nel nulla, perché vengono eletti solo i capilista “bloccati” (cioè scelti dai capi dei partiti), l’effetto boomerang è evidente. C’è poi un altro aspetto: io ho molti dubbi sul fatto che questa legge possa favorire una democrazia competitiva e tendenzialmente bipolare. Soglie di accesso troppo basse e premio di lista rischiano di determinare aggregazioni improprie in un listone “centrale” e tanti “cespugli”. Altro che stabilità! Mi spiego. Non mi hanno mai convinto le forzature verso il bipartitismo imposto, perché producono una reazione del tutto opposta agli auspici: l’Italia è una democrazia a multipartitismo temperato, e bisogna incentivare coalizioni tra partiti che condividono lo stesso programma. Il premio alla lista unito al doppio turno rischia di produrre due conseguenze entrambe negative: una sovra rappresentanza eccessiva (come attualmente con il Porcellum), e l’inserimento in un “listone” di soggetti eterogenei uniti solo dalla voglia di conquistare il premio. Nel primo caso ne risente la democrazia, nel secondo la stabilità. Comunque su queste questioni sono legittime letture diverse, anche gli studiosi esprimono posizioni differenti. Il nodo centrale su cui la legge è del tutto carente rimane uno solo: la rappresentanza.

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In molti vedono nella battaglia sulle preferenze un tentativo di “mettere i bastoni nelle ruote” in quello che fa il presidente del Consiglio. Il Pd è sempre stato contrario alle preferenze.

«Questo non è vero, non stia al gioco di chi porta come prova qualche manifesto del PDS vecchio di venti anni! Si vorrebbe ragionare come se nel frattempo non ci fosse stato il Porcellum. Il Pd ha un suo “sistema elettorale preferito”, da sempre: uninominale con doppio turno di collegio. Ha consolidato una posizione, nella scorsa legislatura e in campagna elettorale: siamo entrati in questo Parlamento dicendo “mai più le liste bloccate del Porcellum”. Dunque, siamo sempre stati per il no alle liste bloccate. Per restituire agli elettori il potere di scegliere i parlamentari ci sono diverse strade: le preferenze, i collegi uninominali con primarie per legge per scegliere i candidati. Persino questa legge potrebbe funzionare, prevedendo le primarie per legge per scegliere i capilista: ho presentato una proposta di legge insieme a oltre 20 colleghi del Pd, di tutti gli schieramenti interni. Trovare una soluzione è più che possibile, basta volerlo. Se il segretario/premier volesse, ora che non ci sono più i condizionamenti del Nazareno, la legge si potrebbe cambiare in pochissimo tempo e approvare con un consenso molto ampio in tempi altrettanto brevi. Se invece la legge venisse approvata così, per riconsegnare ai cittadini il potere di scegliere direttamente i parlamentari non resterà che un solo strumento: il referendum abrogativo delle norme che rendono “bloccati” i capilista.

Lei è stato sostituito in commissione dal suo stesso partito. E’ stata una scelta legittima?

«Sì. In Commissione si rappresenta la posizione del gruppo: preferisco essere stato sostituito che dover essere posto nell’alternativa tra votare in dissenso dal gruppo o a favore di cose che non condivido».

Quale sarà il suo comportamento in Aula a questo punto? E se fosse posta la questione di fiducia?

«Mi auguro ancora che il senso di responsabilità induca chi guida il Pd e il governo a lasciare il Parlamento libero di approvare la legge elettorale che ritiene più adeguata. Le forzature sono sbagliate, e approvare una legge fondamentale come la legge elettorale con una maggioranza risicatissima (e con il dissenso di un terzo del gruppo del Pd) è un errore che in Italia è stato commesso solo da Berlusconi ai tempi del Porcellum. Quanto alla fiducia, si tratterebbe di una forzatura ancora più estrema: per ora posso solo dire che spero che non si arrivi a tanto».

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